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L’armatore accusa: ancora furbetti alla Roma per due e per Tutti. Basta!!!

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romaPolemiche alla Roma per Tutti. Verrebbe da dire: ci risiamo. Riceviamo e pubblichiamo una lettera scritta da Giuliano Perego, armatore del Sydney 39 Sir Biss che ha appena partecipato alla Roma X Tutti. Come segnalato da Perego, ma lo aveva fatto anche Alberto Bona in un dei primi video da bordo, esisteva ed era stato reso abbondantemente chiaro con un apposito comunicato, un divieto di navigazione in un’area adiacente a due poligoni militari. Un divieto che alcuni non hanno rispettato.

Il J’ACCUSE DI GIULIANO PEREGO

“Gentile direttore,

 sono l’armatore di Sir Biss, Sydney 39 CR con cui ho partecipato alla Roma X tutti 2017, conclusasi soltanto ieri con la premiazione.
Purtroppo sul podio sono salite diverse barche che, durante la regata, si sono rese responsabili di gravi scorrettezze e violazioni delle regole di navigazione, così come specificate dalle Istruzioni di Regata.
Il precorso di questa bellissima regata, che da Riva di Traiano porta a passare tra Ventotene e Santo Stefano, per poi passare tra lipari e vulcano e fare ritorno al porto di partenza, passa a fianco di due poligoni militari, quello di Furbara subito a sud di Capo Linaro, a poche miglia da Riva di Traiano, ed un altro presso Anzio.
Per prevenire incidenti e garantire la sicurezza durante eventuali esercitazioni di tiro le capitanerie di Civitavecchia ed Anzio hanno regolato con delle specifiche ordinanze la navigazione in quelle aree. In particolare per il poligono di Furbara vi sono due ordinanze della Capitaneria di Civitavecchia, la 33 e la 34 del 2017, che specificano le coordinate in cui è interdetta la navigazione durante i giorni feriali.
Il Comitato di Regata della Roma X, per evitare differenze e disparità di percorso, in funzione del momento di passaggio delle diverse imbarcazioni, ha giustamente  inserito nelle IdR il divieto per i partecipanti alla regata di navigare nelle suddette aree per tutta la durata della manifestazione.
Poiché negli anni passati, sia per quelle aree che per l’area protetta di Santo Stefano, si erano verificate numerose violazioni di navigazione, detto divieto è stato  ampiamente illustrato e sottolineato dal presidente del Circolo Nautico di Riva si Traiano e dal Presidente del CdR nel briefing pre regata.
 
Purtroppo invece, in presenza di una situazione meteo che dava un forte vantaggio a chi fosse passato nellarea interdetta, subito dopo la partenza, appena passato Capo Linaro, parecchie imbarcazioni hanno messo la prua verso l’area interdetta. Una imbarcazione, Artemisia, le ha richiamate via VHF, e quasi tutte le barche che erano entrate o stavano per entrare hanno virato. Stessa cosa ha fatto Stefano Chiarotti, armatore di Lunatika e Campione Italiano Offshore,
 
Io, sempre via Vhf, ho dichiarato che avrei protestato chi entrava. Alcune imbarcazioni, nonostante il richiamo, hanno tirato dritto, accorciando di parecchie miglia la rotta e godendo di una rotazione favorevole del vento. L’infrazione e ‘ facilmente verificabile da chiunque sull’ottimo tracker della regata.
 
Le imbarcazioni che hanno violato le prescrizioni di navigazione, da me viste, sono state Areonautica Militare, Constellation, e Ottavo Peccato.
 
VIolazioni analoghe si sono verificate anche durante la rotta di ritorno. In questo caso, data la lontananza tra le diverse imbarcazioni, il riscontro è possibile soltanto via Tracker. Dall’analisi dei tracciati emerge che a navigare dentro l’area prescritta, in questo caso, sono state le imbarcazioni Junoplano, Andromeda ed ancora Ottavo Peccato.
 
Al mio arrivo a fine regata ho regolarmente protestato le cinque imbarcazioni suddette per violazione della regola 28 del regolamento di regata, ed ho poi provveduto ad informare della protesta (che avevo già notificato al Comitato di regata al passaggio a Lipari)  i protestati  (tutti tranne Areonautica Militare, che quando mi sono recato al suo ormeggio ho trovato chiusa e di cui non sono riuscito a contattare lo skipper Giancarlo Simeoli).
 
Come me analoga protesta, per le stesse barche e credo alcune altre è stata presentata da Shirlaf. L’imbarcazione O’Guerriero, che mi aveva dichiarato intenzione di protestare anch’essa e si era offerta come testimone per la mia protesta, non è riuscita a farlo per scadenza dei termini temporali.
 
La mia protesta purtroppo non è stata ammessa alla discussione di merito perché non ho potuto essere presente all’udienza, convocata alle 12 di sabato 15 Aprile per le 15 dello stesso giorno, a causa di impegni familiari non differibili, dopo 5 giorni passati in mare. Ricevuta la convocazione, avevo dato formalmente disponibilità a partecipare all’udienza in teleconferenza o videoconferenza, oppure di persona a qualsiasi ora della domenica. Non è stato possibile rinvio, e non sono stato neppure chiamato telefonicamente durante l’udienza. Analogamente alla mia, anche la protesta di Shirlaf è in parte decaduta per vizi di forma, in parte è stata respinta perché mancavano testimoni, ed il tracciato del tracker non è stato ritenuto prova valida. 
 
Dato l’esito, e le modalità di rigetto, ho deciso di non fare appello contro questa sentenza, magari formalmente corretta, ma che non penalizza chi ha tratto illecito vantaggio dalla violazione di rotta, e sopratutto è venuto meno alla correttezza sportiva. Penso, forse ingenuamente, che a fronte di una scorrettezza di questo tipo dovrebbero essere gli stessi autori dell’infrazione ad autodenunciarsi e chiedere di essere penalizzati, anziché infischiarsene. Mi dispiace anche particolarmente che una delle imbarcazioni in causa porti le insegne dell’Aeronautica Militare. Tale imbarcazione ha vinto la regata, altre tra le protestate sono andate sul podio. 
 
Con che onore? Provo grande amarezza per l’esito di questa vicenda, e dispiacere per l’impegno e la fatica profusi dal Circolo Riva di Traiano, di cui sono socio, che vede parzialmente compromesso l’esito di questa bellissima regata per la scorrettezza di pochi disonesti.
 
Ma, al di là dell’episodio specifico, vorrei anche sollevare il problema del mancato rispetto delle prescrizioni di navigazione, che è un problema ricorrente nelle regate d’altura. Nonostante la generale diffusione dei tracking, che permettono di seguire in tempo (quasi) reale la regata e di aumentarne il richiamo mediatico, la normativa federale non ne consente ad oggi in modo adeguato l’uso per dimostrare violazioni di questo tipo.
 
Ricordo che recentemente, durante la Vendee Globe, alcuni concorrenti sono stati costretti dal comitato a tornare indietro, facendo molte decine di miglia di bolina nei 40 Ruggenti, per aver violato una interdizione di navigazione anche di poche centinaio di metri. Le violazioni sono state verificate tramite l’uso di Tracking GPS.
 
Penso sia indispensabile, per migliorare la trasparenza ed il rigore di questo tipo di regate, che stanno avendo una grande crescita di numeri e di interesse, rivedere e modernizzare la normativa, definendo meglio le norme da inserire nei bandi e nelle Istruzioni di Regata e utilizzando quanto la tecnologia mette a disposizione (oltre al GPS, ad esempio, l’AIS, che ormai moltissime imbarcazioni hanno a bordo come dispositivo di sicurezza). Deve essere possibile per i Comitati rilevare direttamente tali violazioni e sanzionarle, come avviene in caso di salto di boa per i bastoni, senza dover fare affidamento sulle proteste di altri concorrenti e sull’onere della prova secondo il formale processo di protesta, ideato per regate ove si naviga a stretto contatto ma non per quelle di altrura.
 
Spero che vorrete pubblicare questo mio intervento, o dare comunque rilevanza al tema.
 
Con stima,
 
Giuliano Perego”

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La Grande Motte diventa la “città dei catamarani”: tutto è pronto per iniziare

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Domani comincerà il Salon International du Multicoque a La Grande Motte (19-23 aprile). Un appuntamento ormai fisso per la nautica europea. Il salone dei multiscafi più famoso al mondo è arrivato quest’anno alla sua ottava edizione e si dimostra sempre più capace di riunire i migliori costruttori mondiali di questo settore che, come ripetiamo ormai da tempo, si sta ritagliando una fetta sempre più ampia di mercato. Infatti grazie alle loro doti di stabilità, confort in navigazione, e grandi spazi, i catamarani non sono più oggi indirizzati principalmente verso il mercato del charter ma stanno “convertendo” anche un numero sempre più numeroso di armatori privati. Quest’anno sono stati esposti una sessantina di imbarcazioni, tra cui tre novità in anteprima mondiale che vogliamo presentarvi in maniera più approfondita: il Neel 51, il Catana 53 e il Fountaine Pajot 47.

NEEL 51: TRE SCAFI DI SPAZI IMMENSI

Un trimarano di quindici metri con linee decisamente accattivanti, grazie agli scafo con le prue sottili e leggermente inverse. Internamente è stata studiata una configurazione che permette di avere la cabina armatoriale sul ponte principale (entrando sulla destra): una vera suite spettacolare con letto a isola ed enormi vetrate. Sullo stesso livello, trovano poi spazio anche la cucina e la zona carteggio. Lung. 15,5 m; larg. 8,8 m; pesc. 1,5 m. www.yachtsynergy.it.

CATANA 53: IL BOLIDE IN CARBONIO

Questo progetto, sviluppato internamente dai designer del cantiere Catana, è costruito in carbonio per consentire la massima leggerezza e rigidità strutturale. Dotato di due lunghe derive, capaci di portare il pescaggio da 1,43 a 3,6 metri, il Catana 53 è studiato per regalare ottime prestazioni. Sottocoperta ci sono quattro cabine con armatoriale nello scafo di dritta. Lung. 16,15 m; larg. 8,5 m; pesc. da 1,43 a 3,6 m. www.catana.com.

FOUNTAIN PAJOT 47: LA POPPA-RELAX

La spiaggetta del nuovo Fountain Pajot 47 scende in mare praticamente “affondando” in acqua. Questa è sicuramente la prima caratteristica che più colpisce di questo nuovo progetto di Berret – Racoupeau Yacht Design. Sottocoperta versioni a tre cabine (Maestro) o cinque e altrettanti bagni (Quintet). Lung. 13,94 m; larg. 7,7 m; pesc. 1,3. www.fountainepajot.com

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I Malingri alla resa dei conti: il vento cala, la tensione sale

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La parabola verso Guadalupe è iniziata: da circa 48 ore Vittorio e Nico Malingri a bordo di Feel Good sono entrati in una zona di poco vento, ampiamente prevista. Proprio per questo motivo il Vecchio ed il Nano si erano portati più a sud possibile fino a quando il vento lo ha permesso, navigando poggiati, in modo tale da potere avere adesso, nell’aria più leggera, un angolo al vento più stretto, orzato e veloce nell’avvicinamento verso Guadalupe. Tutto come da programma, anche il vantaggio che va gradualmente diminuendo sul tempo dei francesi Yves Moreau e Benoit Lequin che nel 2007 hanno compiuto la traversata in 11 giorni, 11 ore, 25 minuti e 42 secondi. 

IL COLLEGAMENTO CON I MALINGRI DA BORDO

Attualmente Feel Good ha un vantaggio di circa 100 miglia, quando all’arrivo ne mancano circa 450, un margine che si è gradualmente assottigliato nelle ultime 48 ore ma che potrebbe comunque essere sufficiente a portare a casa il record. Le prossime 24 ore sono cruciali e, nonostante la stanchezza che avanza, i Malingri saranno costretti a spingere ancora più forte Feel Good su ogni onda e ogni raffica.

SEGUI QUI I MALINGRI

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Barca si ribalta sugli scogli: due morti a Rimini, ricerche in corso

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A causa di avverse condizioni meteo, onde frangenti e raffiche da nordest superiori ai 40 nodi, una barca a vela di 12 metri si è schiantata sugli scogli a Rimini, per la precisione nei pressi di Rock Island, all’imboccatura del porto canale di Rimini. Secondo le prime notizie sarebbero almeno 2 i morti sul totale dei 6 occupanti. Sono in corso le ricerche dei superstiti. Non è al momento nota la bandiera dell’imbarcazione ed il modello, nonché il proprietario.  Due membri dell’equipaggio sono stati tratti in salvo, due risultano ancora dispersi.

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Dimmi che velista sei e ti dirò che barca usata fa per te

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velistaAd ogni velista la sua barca, un’affermazione difficile da contraddire perché ognuno di noi amanti delle barche a vela ha la sua “idea fissa”, la sua personale barca ideale. A volte però cercarle nuove è impossibile per mancanza di fondi adeguati, più semplice affidarsi al mondo delle barche usate, dove a volte i sogni possono diventare realtà. Benvenuti quindi ad un’altra puntata dedicata alle barche in vendita, tratte da Topboatmarket, nella quale proveremo a tracciare dei profili di velista ed accoppiarlo alla sua barca ideale.

velistaIL VELISTA CHE SOGNA L’OCEANO

Alcuni quando guardano i video della Volvo Ocean Race pensano : “Mai!! Ma perché soffrire così”. Altri invece iniziano a fantasticare, si immaginano di volare a 30 nodi su un open in corsa sui frangenti oceanici, con l’acqua che spazza la coperta e le appendici in risonanza per la grande velocità. Se fare la VOR non è per tutti, sognare una delle barche icone che hanno fatto la storia della regata può essere lecito e molto più possibile di quanto possiate immaginare. Il nome Amer Sport Too infatti non passa inosservato ai conoscitori del giro del mondo in equipaggio, ed oggi la barca è in vendita. Nella Volco Ocean Race 2001-2002 molti ricorderanno che fu portato in regata intorno al mondo da un equipaggio tutto femminile. GUARDA QUI IL VOR 60 IN VENDITA

IL VELISTA REGATANTE TRA LE BOE

velistaSe invece siete appassionati di regate ma non avete minimamente voglia di prendere secchiate in faccia per giorni ma preferite farlo tranquillamente tra le boe, le soluzioni esistono e il mercato delle barche usate è ricco di opportunità. L’IMX 40 per esempio, progetto del mago Jeppesen, è una barca che con le giuste ottimizzazioni riesce a dare ancora grandi soddisfazioni soprattutto in condizioni di aria medio-leggera. GUARDA QUI IL MODELLO IN VENDITA

L’APPASSIONATO DELLE BARCHE CLASSICHE

velista

C’è poi il velista innamorato delle forme classiche e delle barche d’epoca. Per chi ama la bellezza senza tempo, le barche in legno, uno Sciarrelli può essere il sogno di una vita. Il modello che abbiamo trovato in vendita è del 1972, lungo 11,27 mt, e si caratterizza per forme e linee inconfondibili inclusa una poppa a V arrotondata d’altri tempi che fa letteralmente impazzire gli amanti del genere. GUARDA QUI IL MODELLO IN VENDITA

IL CROCIERISTA ESTREMO

velistaRollaranda, rollafiocco, mega tendalino, volumetria interna da villa a tre piani: se la barca che cercate deve avere queste caratteristiche siete senza dubbio dei croceristi estremi. In questo caso un Jeanneau 57 potrebbe fare per voi. Grande, enorme all’interno, relativamente semplice sotto il profilo della gestione sotto tela perché poco invelato rispetto alle barche con un’impronta più sportiva. E’ una barca con la quale si possono fare lunghe navigazioni e ha veramente tutti i comfort utili a vivere in mare come se fossimo a casa. GUARDA QUI IL MODELLO IN VENDITA

SI, OK LA REGATA MA…

velistaSe invece non sapete decidervi tra crociera e regata, allora dobbiamo andare alla ricerca di un ibrido, i cosiddetti performance-cruiser, barche che possano andare bene sia per la crociera che per la regata. L’X43 non è una delle barche di X-Yachts che ha avuto maggior successo sotto il profilo delle performance rispetto ai puro sangue del cantiere danese, ma in compenso è una barca marina, molto comoda e costruita bene. Soffre le arie leggere, ma è “prepotente” con vento medio-forte. La tipica barca che può farti navigare in sicurezza e fare della buona vela e, perché no, fare anche capolino in regata di tanto in tanto. GUARDA QUI IL MODELLO IN VENDITA

velistaADRENALINA A TUTTI I COSTI

Per chi ama sentire le sensazioni simili a quelle di una deriva ma da vivere su una barca di dimensioni leggermente più grandi il mondo dei minialtura è senza dubbio quello giusto. Ancora oggi i Platu 50, progetto Farr per Beneteau, sono dei monotipi con una buona attività lungo tutto lo stivale. Indipendentemente dalle regate è una barca divertente, adrenalinica con vento forte, capace di regalare sensazioni esaltanti al timone. Può essere anche un’ottima scuola per chi non è riuscito a navigare in giovane età sulle derive e vuole recuperare il gap tecnico su un mezzo capace di dare sensazioni simili. GUARDA QUI IL MODELLO IN VENDITA

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Ecco cosa è successo nella tragedia a Rimini. La dinamica dell’incidente mortale

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Rimini – Un Bavaria 40, il “Dipiù”, si è schiantato sulla scogliera del porto di Rimini dopo aver perso la chiglia ed essersi ribaltato: delle sei persone che erano a bordo (cinque uomini e una donna, tutti del veronese), quattro hanno perso la vita. Come è potuto accadere? Ecco la nostra ricostruzione.

LA PARTENZA
Il Bavaria 40 Dipiù, dell’armatore veronese Alessandro Fabbri, salpa nella mattinata del 18 aprile da Marina di Ravenna, in direzione Trapani. Nonostante i consigli di un amico, che li mette in guardia sulla bora che sta salendo, l’equipaggio molla gli ormeggi. Fuori c’è molta onda e vento forte.

riminiIntorno alle 13 le condizioni sono diventate davvero proibitive, la bora soffia con raffiche fino a 45 nodi, il mare, a causa dei bassi fondali che caratterizzano la costa adriatica, è sempre più minaccioso. L’equipaggio contatta via radio l’ormeggiatore del porto Marina di Rimini annunciando l’arrivo.

QUALCOSA VA STORTO
Verso le 16, il Dipiù giunge a ridosso dell’ingresso del porto di Rimini. Le vele sono giù, e sta procedendo a motore. Qui, qualcosa va storto. L’entrobordo si blocca. In queste condizioni la mente si annebbia, è difficile ragionare con lucidità. Ci prova l’armatore, che tenta di issare la tormentina per manovrare, mentre la corrente trascina velocemente la barca verso la scogliera del porticciolo.


La barca è in balia delle onde, con sbalzi di anche due-tre metri.
Una volta che è abbastanza vicina alla riva, e il fondale è basso, la chiglia sbatte contro il fondo, e purtroppo questo accade mentre la barca è inclinata, causandone il distacco (se il colpo fosse avvenuto a barca piatta, al limite la chiglia sarebbe rientrata per compressione).

LA TRAGEDIA
Con la barca senza chiglia, ribaltarsi, in una situazione di onda alta e corta, è un attimo.

E così il Dipiù scuffia, finendo contro la scogliera. Tutti i membri dell’equipaggio finiscono in mare, la prima è la figlia dell’armatore. In questi casi, uno può aver giustamente indossato il giubbotto autogonfiabile e restare a galla, ma il problema è riuscire a respirare: con un vento così forte, l’acqua nebulizza, è come essere sott’acqua.

Un uomo, Luca Nicolis, 40 anni, viene subito recuperato sulla barriera di rocce, a pochi metri dalla carcassa capovolta della barca (l’altro superstite ha 70 anni e si chiama Carlo Calvelli). Per gli altri, purtroppo, nulla da fare. Un cadavere viene individuato subito, è quello di Enrico Martinelli (68), mentre la mattina del 19 vengono ritrovati i corpi dei tre dispersi, due uomini (l’armatore Alessandro Fabbri, 65 anni, sua figlia Alessia, 38 ed Ernesto Salin, 64). Due incastrati nella scogliera, uno trascinato dalla corrente all’altezza di uno stabilimento balneare. Nulla da fare per l’armatore Alessandro Fabbri e la figlia Alessia, fidanzata del Nicolis.

(le foto a corredo dell’articolo sono comparse sul Resto del Carlino e sono del fotografo Migliorini)

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SENZA VELE NE’ MOTORE VERSO GLI SCOGLI – CRONACA DI UNA TRANQUILLA DOMENICA DI PAURA

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Nautica 450: la deriva dalla doppia faccia. Venite a provarla al VELAFestival!

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Il Nautica 450 nella versione Race

Facile e sicura, Nautica 450 è una deriva caratterizzata da un rigging facile da armare e da un largo pozzetto che rende la barca stabile e semplice da controllare. E’ una deriva veloce, sicura e versatile, progettata per regalare emozioni e puro divertimento.

Il Nautica 450 nella versione Fun

La barca offre la possibilità di scegliere tra due diversi tipi di armo: da una parte una versione più racer con albero maggiorato, randa più grande, gennaker armato in testa d’albero e due ordini di crocette dedicata ai velisti più esperti, dall’altra una versione Fun, per equipaggi più leggeri o alle prime armi, con una superficie velica minore e gennaker frazionato e un solo ordine di crocette per semplificare al massimo la conduzione della barca.
Caratterizzata da un piano velico moderno (North Sails) con randa top square, fiocco a bassa sovrapposizione e gennaker su bompresso estraibile, il Nautica 450 ha linee di scafo performanti, trapezio per il prodiere e regolazioni multiple tra le quali: lo GNAV, i carrelli  del fiocco e sartie a diamante regolabili mediante paranco (nella versione race).

Il baglio massimo importante (1,92 metri) assicura un’elevata stabilità di forma e lo specchio di poppa è aperto e autosvuotante per garantire il massimo della sicurezza, parallelamente al pozzetto ampio ed ergonomico. Per quanto riguarda la costruzione, il Nautica 450 è realizzato con resina vinilestere, fibre di vetro biassiali e sandwich. Come abbiamo già visto, questa deriva è assolutamente versatile, e oltre ad essere disponibile in due versioni, permette la navigazione in singolo, doppio o in equipaggio di tre persone.  Al VELAFestival di Santa Margherita (4-7 maggio 2017) troverete il Nautica 450 ad aspettarvi al Beach Village per delle prove in mare.

www.nautica450.eu/it

SCHEDA TECNICA

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VIDEO Alzi la mano chi non avrebbe voluto essere a Saint Barth!

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barthGuardate un po’ questo video. Che invidia, per tutti quelli che c’erano. Anche quest’anno i Caraibi si sono popolati di velisti per Les Voiles de St. Barth, la regata caraibica ormai diventata un appuntamento fisso: sia per la bellezza del campo di regata (le acque antistanti l’isola di Saint Barthelemy) che per molte iniziative a terra dedicate agli equipaggi. Guardate che spettacolo:

GUARDA IL VIDEO

QUI TUTTI I RISULTATI

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GALLERY Foto per riempirsi gli occhi (e il cuore) di vela

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fotoStanchi? Stressati dal lavoro? E’ giunto il momento di prendervi una piccola pausa e di rilassarvi gli occhi… con la vela. Scartabellando nei nostri archivi, soprattutto nella rubrica “Fronte del Porto”, abbiamo selezionato per voi alcune foto semplicemente… bellissime.

FOTO CHE SONO UNA GIOIA PER GLI OCCHI

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Foto di Carlo Borlenghi

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Foto di Laurens Morel

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Foto di Emme&Emme/Cetin

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Foto di Gilles Martin Raget

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Foto Yann Riou / Dongfeng Race Team

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Foto Lloyd Images

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Foto Martinez Studio

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Foto Studio Borlenghi

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Foto Cleo Barnham / Hugo Boss

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Foto di Guido Cantini

 

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Dopo la tragedia di Rimini, i consigli per affrontare una burrasca

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burrascaBurrasca. La tragedia di Rimini, in cui hanno perso la vita quattro velisti, deve insegnarci qualcosa. Il cattivo tempo è sempre meglio evitarlo. Ma nelle lunghe navigazioni può succedere di doverlo affrontare. Dall’analisi della meteo alla preparazione della barca e dell’equipaggio, dalle vele da tempesta alle ancore galleggianti, ecco cosa fare con 50 nodi.

I CONSIGLI DELL’ESPERTO

burrasca

Umberto Verna

Umberto Verna è uno dei massimi esperti di sicurezza, i suoi corsi sono seguiti dai più famosi navigatori oceanici. Ecco le sue “dritte” su  barca ed equipaggio per affrontare una burrasca.Importante è il metodo. Le aree su cui concentrarsi sono tre: preparazione della barca, preparazione e gestione equipaggio, programmazione e gestione navigazione.

Partiamo dalla prima: occorrerà rinforzare, anche solo col gray tape, le chiusure di sportelli e cassetti, imbottire le bottiglie con pezzi di cartone per evitare rotture e rumori che possono coprire utili avvisaglie di problemi a scafo o attrezzature. Si verificano le aperture (boccaporti, valvole, ecc.) e il sistema di governo. Gli equipaggiamenti di prevenzione devono essere organizzati in anticipo: le jack line (erroneamente chiamate life line) vanno fissate alle gallocce di prua e di poppa, i punti più sicuri e robusti di una barca, stendendo la fettuccia all’interno delle sartie. Riguardo all’equipaggio, fondamentale è il briefing, ovvero l’analisi, non l’enfasi o la banalizzazione, dei rischi. Solo così nascono quelle norme di comportamento, il chi fa cosa e quando, che ci permetteranno di gestire ogni situazione senza improvvisare.

Va consegnata a tutti la cintura di sicurezza e il penzolo, spiegandone l’uso. Attenzione ai salvagenti autogonfiabili con cintura incorporata, spesso sono solo salvagenti con l’anello metallico sottodimensionato, senza bretelle continue e robuste. Per chi esce dal pozzetto è indispensabile un penzolo doppio asimmetrico: un cavo lungo massimo 2 m da tenere sempre fissato alla jack line e uno corto massimo 1 m da fissare al punto di manovra (prua, albero, timone ecc). L’equipaggio deve essere in forma quindi non dimentichiamo di predisporre la cambusa, un sacchetto appeso alla scaletta con panini o patate lesse, scaglie di grana, salatini o crackers. Da bere acqua, alcolici esclusi perché favoriscono il mal di mare e l’ipotermia.

Riguardo alla gestione della navigazione, la scelta di costeggiare o tagliare, risalire o scappare al vento va impostata con una carta nautica e le previsioni meteo. Il parametro più importante è lo stato del mare, non la forza del vento. Le situazioni più difficili sono proprio quando un vento di burrasca è in calo, non più raffiche a 50 ma “solo” a 35 nodi, il mare è invece ancora in aumento e l’onda si incrocia perché il vento sta cambiando intensità e direzione. In questi casi potreste essere costretti a tenere più tela per passare le onde. Non sempre scappare al mare è una scelta sicura, le onde in poppa senza adeguata velocità possono rendere la barca poco governabile e intraversarla. Specie con barche pesanti, è meglio una lenta bolina larga con mare al mascone in attesa di un miglioramento del tempo. E, in estrema ratio, una cappa secca con ancora galleggiante filata a prua”.

METEO – L’APPROCCIO A UNA BASSA PRESSIONE

Sapere dove è posizionata una bassa pressione e conoscere il movimento dei venti al suo interno sono, sul piano meteorologico, i due capisaldi per affrontare una burrasca in alto mare. Si può infatti attuare una tattica di navigazione che ci permette di allontanarci dal centro depressionario dove i venti sono più forti anziché finirci dentro, così come di posizionarci rispetto al centro della bassa pressione in modo da prendere venti portanti oppure al mascone, a seconda delle reazioni della nostra barca. La legge che regola la direzione del vento negli anticicloni (alte pressioni) e nei cicloni (basse pressioni) prende il nome dal meteorologo olandese Buys Ballot e dice che, relativamente al nostro emisfero, nelle zone anticicloniche il vento soffia dal centro verso la periferia in senso orario, mentre nelle zone cicloniche il vento soffia dalla periferia verso il centro in senso antiorario.

burrascaLa direzione del vento in mare aperto (sotto costa esso è influenzato dai rilievi e in generale dall’orografia del territorio) è quasi parallela alle isobare, con una leggera deviazione (da 10° a 20°) verso l’esterno nelle alte pressioni e verso l’interno del centro nelle basse. Se ci si pone dunque con la faccia al vento reale, il centro dell’alta pressione si troverà alla nostra sinistra, mentre il centro della bassa pressione si troverà alla nostra destra (vedi disegno 1). Ora immaginiamo di navigare su due barche che si approcciano a una bassa (vedi disegno 2), confermata dal calo della pressione barometrica, da posizioni differenti: una a Sud del centro depressionario, l’altra a Nord.

A bordo dell’imbarcazione Y noteremo che il vento ruoterà a SSW e rinforzerà, saremo pertanto costretti a un’andatura di bolina sempre più stretta con mure a sinistra. Man mano che procediamo con rotta W il vento ruota ancora in prua e rinforza e il mare di conseguenza s’ingrossa. Ci troveremo a dover decidere di modificare la rotta: virando verso S con mure a dritta ci allontaneremo dal centro depressionario, continuando con mure a sinistra entreremo sempre più nel centro depressionario navigando in bolina. Spostiamoci ora a bordo dell’imbarcazione X. Procedendo verso W noteremo l’instaurarsi di un forte vento da SE.

Navigando al lasco con mure a sinistra procederemo veloci e con mare al giardinetto. Proseguendo con rotta W ci avvicineremo però anche noi al centro depressionario e quindi, pur con venti portanti, l’andatura si farà sempre più impegnativa. Strambando subito mure a dritta, ci allontaneremo dal centro depressionario, noteremo che il barometro comincerà a risalire, mentre il vento ruoterà a NNE consentendoci un’andatura al lasco relativamente più tranquilla.

RANDA DI CAPPA – QUANDO I TERZAROLI NON BASTANO

burrasca

La randa di cappa

Ci sono condizioni in cui neppure la randa tutta terzarolata è in grado di garantire l’equilibrio necessario per affrontare il mare in burrasca, specie se non possiamo poggiare per via di una costa sottovento. In quei casi, fortunatamente rari, serve la randa di cappa in combinazione con la tormentina. Sebbene il costo e l’ingombro siano  molto contenuti, sono di fatto pochi i crocieristi ad averne una a bordo. Diciamo subito che la grande differenza tra una randa di cappa e la principale, oltre che nelle dimensioni e nel taglio, sta nell’essere svincolata dal boma, che va appoggiato in coperta e ben fissato a essa con una cima.

burrascaLa bugna deve di conseguenza essere alta per “volare” al di sopra del boma. Al pari di un genoa è provvista di due scotte da passare nei bozzelli dello spi e da qui rinviate ai winch in pozzetto oppure a quelli delle drizze. Altre caratteristiche sono l’assenza di tavoletta e stecche e la grammatura pesante del tessuto, che è in dacron, generalmente di colore arancio per essere ben visibile da lontano. Le regole di sicurezza dell’ORC (la randa di cappa è obbligatoria per regate di categoria 0-1-2) ne limitano la superficie a un valore che è dato dalla formula PxEx0,175 ma nulla impedisce di stare sotto questa misura. La mura deve stare al di sopra di tutti i garrocci della randa principale e, nel caso quest’ultima sia dotata di rotaia e carrelli, è fondamentale avere un secondo spezzone di rotaia disassata rispetto alla prima. In un albero per inferitura a gratile, la randa di cappa può essere invece montata nella stessa canalina.

ARMARE LA TORMENTINA

burrascaSe con un genoa parzialmente avvolto, ovviamente pochi metri quadri di tela esposti, si può sostenere un’andatura portante con 50 nodi di vento, con la stessa vela ridotta non è ipotizzabile bolinare, sia pur con angoli larghi. Occorre dunque armare una tormentina. E qui si pone il problema di dove inferirla, visto che lo strallo è già occupato dal genoa avvolto. Ammainare quest’ultimo, ovvero svolgerlo e poi infilarlo sottocoperta, per issare la tormentina sulla stessa canalina dell’avvolgifiocco, con quel vento è impresa poco raccomandabile.

Le alternative possibili sono pertanto due: dotarsi di uno strallo amovibile su cui inferire la nuova vela, oppure utilizzare una delle tormentine apposite da applicare direttamente sopra il genoa avvolto. Iniziamo dalla prima soluzione, che è la più sperimentata e quella che garantisce un migliore equilibrio al timone grazie alla posizione più arretrata della vela.

burrascaAnche qui le alternative sono due: montare lo strallo amovibile appena sotto l’attacco dello strallo di prua sull’albero (la distanza non deve essere superiore ai 60/70 cm) così da evitare l’impiego delle sartie volanti; oppure un falso strallo (detto anche strallo di trinchetta) da intestare all’altezza della crocetta alta, controventandolo obbligatoriamente con le sartie volanti.

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Strallo amovibile in tessile

In entrambi i casi è consigliabile un cavo in tessile (Spectra, Vectran o PBO) anziché in acciaio, sia per ragioni di peso (la differenza è di 1:10) che di maneggevolezza e non ultimo per evitare che il cavo a riposo lungo l’albero danneggi l’anodizzazione (o la vernice) del profilo.

La tormentina viene inferita sullo strallo con apposite stringhe di Velcro al posto dei garrocci metallici. In coperta servirà ovviamente un punto fisso a doppio occhiello, ideali i golfari Wichard ripiegabili, dove fissare sia lo strallo amovibile che la mura della trinchetta.

burrascaQuesto punto fisso deve essere tassativamente rinviato sottocoperta a una paratia strutturale oppure, tramite un tirante, sul dritto di prua. Per attaccare lo strallo al punto fisso si utilizza un tenditore con moschettone a pellicano, ma si può anche impiegare un paranco in tessile con adeguata demoltiplica. Passando alla tormentina da applicare sopra il genoa avvolto, si tratta in pratica di un quadrato di dacron che ripiegato in due attorno allo strallo diventa una vela triangolare. Il modello più interessante è lo Storm Bag (www.deltavoiles.com), una borsa da cui escono i tre angoli della vela: passata la borsa attorno al genoa avvolto, si fissano scotte, mura e drizza, si torna in pozzetto e la vela è pronta per essere aperta.

ANCORE GALLEGGIANTI – TIPOLOGIE A CONFRONTO

burrascaQuando la cappa filante, la cappa a secco di vele e la fuga davanti al vento non sono più efficaci, c’è un unico mezzo in grado di rendere la navigazione gestibile: un generatore di resistenza idrodinamica, detto in altre parole, un sistema per frenare. Chiamate indistintamente ancore galleggianti, senza differenziarle secondo il tipo di meccanismo utilizzato e la sua funzione,  le tipologie di prodotti per fermare, rallentare e trattenere uno scafo in mare aperto sono in realtà due: la prima, quella delle ancore galleggianti o ancore a paracadute, viene fissata a prua per mantenere la barca pressoché ferma nella direzione del vento e delle onde; la seconda, quella delle spere, viene assicurata a poppa per rallentare e stabilizzare la barca in movimento.

I modelli di ancora galleggiante sono tutti molto simili, più vario è il panorama delle spere: si va dal copertone “fai da te” ai prodotti più evoluti, distinti in “morbidi semplici” (Paratech e modelli tipo manica a vento), “morbidi in serie” (Jordan Series) e “rigidi” (Seabrake e Galerider). Può accadere che l’ancora e la spera siano la soluzione allo stesso problema. Prendiamo il caso dell’ingresso in porto con vento di traversia e facciamo un esempio: “Valeria, sulla sua barca, incontra 50 nodi di vento in prua a sole 10 miglia dalla meta. Tenta di bolinare ma non riuscendo a procedere decide di invertire la rotta e si dirige verso un porto sicuro sottovento. Mentre attraversa l’ingresso del porto viene sorpresa da una barra di onde frangenti. La barca si rovescia”.

Cosa poteva fare? Molto. Filare la spera di poppa e rendere più sicura e semplice la navigazione e l’ingresso. Oppure calare l’ancora galleggiante di prua per fermare la barca e aspettare che il tempo migliori. Difficile definire in maniera dicotomica quando utilizzare la spera o l’ancora a paracadute. Dipende dal tipo di barca, dalla preparazione e condizione fisica dell’equipaggio, oltre che dalla situazione meteo. È sicuramente imperativo per tutti l’uso dell’ancora galleggiante con la barca in avaria che scarroccia rapidamente verso la costa sottovento (se non la si è imbarcata ci si può solo augurare che la guardia costiera arrivi prima degli scogli) mentre è discutibile quando decidere di usare la spera su una barca che inizia ad accelerare sull’onda.

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Un VOR 60’ con Cayard al timone plana a 40 nodi in sicurezza anche con onde frangenti. Un 32 piedi con equipaggio familiare deve invece iniziare a “frenare” molto, molto prima di rischiare di traversarsi e/o rovesciarsi. La spera e l’ancora galleggiante dovrebbero entrambe far parte delle dotazioni di ogni barca poiché rispondono a usi e bisogni diversi. Nei fatti, i negozi specializzati registrano vendite quasi nulle. Se può essere di stimolo all’acquisto, ricordiamo che la spera può essere utilizzata anche per diminuire il rollio all’ancora in rada: oltre a salvarvi la vita, non permetterà che vi si rovesci il bicchiere di prosecco sul tavolo.

Questi e tanti altri consigli utili, potete trovarli sul numero speciale di Vela dedicato alla Pratica e al Bricolage: un volume, questo speciale, pensato da tenere sempre a portata di mano, a casa e in barca, per togliervi dubbi o ripassare le vostre conoscenze in qualunque momento. POTETE ACQUISTARLO QUI

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Malingri, così è una favola! Padre e figlio hanno fatto il record

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malingriFeel Good è atterrato, Vittorio e Nico Malingri hanno stabilito il nuovo record di traversata atlantica a bordo di un cat non abitabile sulla tratta Dakar-Guadalupe, con il tempo di 11 giorni 1 ora 15 minuti e 15 secondi, con un vantaggio di circa 95 miglia sul precedente riferimento.

Pur rallentando nelle ultime 100 miglia, il vantaggio accumulato era tale da consentire ai Malingri una parte finale con meno stress psicologico , provando a gestire le miglia di margine e l’affaticamento della barca dopo 2500 miglia di oceano Atlantico. Un’impresa di grande valore sportivo ed umano: padre e figlio, il Vecchio ed il Nano e il loro Oceano da “scalare”.

Il record non è mai stato veramente in discussione, almeno in linea teorica, dato che Feel Good da subito è stato capace di navigare virtualmente davanti al tempo di riferimento di Yves Moreau e Benoit Lequin. I Malingri, che fanno parte del Citroen Unconventional Team, hanno navigato con un passo molto costante, mantenendo sempre una percorrenza sulle 24h intorno alle 240 miglia a 10 nodi di media; i francesi avevano completato il percorso invece con una media di 9.2.

Una libidine indescrivibileha esordito Nico Malingri sul molo di Pointe à Pitre non appena sbarcato da Feel Good. ” I primi 7-8 giorni sono stati fantastici, goduria pura, poi è iniziata la stanchezza ma era più mentale che fisica. Avevamo lavorato molto sul comfort a bordo, quindi siamo stati bene, ma mentalmente gli ultimi giorni e le ultime 200 miglia in particolare sono state molto toste“.

Il momento più duro“, racconta Vittorio, “è stato quando abbiamo scuffiato a circa 200 miglia dall’arrivo. Stavamo discutendo animatamente se mettere o meno il Code Zero. Non c’era molto vento ma era piuttosto rafficato. Abbiamo messo il Code e abbiamo scuffiato. Non era ancora giorno, ma la situazione era sotto controllo. Abbiamo fatto la classica procedura di raddrizzamento, ammainando la randa. Solo che per abbassare la vela mi sono messo erroneamente a cavallo dell’albero e la barca stava per andare a 180 gradi e sarebbe stato un disastro. Nico come un ragno è volato sul tubo di raddrizzamento seguito da me e, lentissimamente, Feel Good è tornata dritta“.

Come ci sentiamo?“, prosegue Vittorio, “Stiamo molto bene, ci siamo divertiti, ma è stata dura. Fisicamente siamo apposto, anche se ovviamente si sono presentati i problemini che ci aspettavamo: le piaghe. In particolare all’inguine, sotto il sedere e quelle immancabili alle mani. Negli ultimi giorni toccare l’acqua faceva veramente male, ma è tutto normale

LA STORIA DEL RECORD

Il record era detenuto dai francesi Yves Moreau e Benoit Lequin che nel 2007 avevano compiuto la traversata in 11 giorni, 11 ore, 25 minuti e 42 secondi. Prima di loro il tempo di riferimento era stato segnato da Matteo Miceli ed Andrea Gancia nel 2005 in 13 giorni, 13 ore, 58 minuti e 27 secondi. Dopo il record dei francesi ci furono due tentativi italiani: il primo dello stesso Miceli in coppia con Tullio Picciolini, nel 2011, finito con la scuffia e il disalberamento di Biondina Nera. Il secondo fu tentato nel 2013 da Luca Tosi ed Andrea Rossi, finito in maniera praticamente analoga, ma in entrambi i casi gli equipaggi italiani stavano navigando forte, con un buon vantaggio rispetto al record dei francesi e con buone possibilità di segnare il nuovo primato. Vittorio Malingri nel 2008 stabilì, sullo stesso percorso, il primato in solitario con il tempo di 13 giorni, 17 ore e 48 minuti.

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Mauro Giuffrè

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Furbetti delle regate offshore siete fregati: sta arrivando il tracking certificato!

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trackingAnche quest’anno, come vi abbiamo raccontato, la Roma per Uno/per Due/per Tutti è stata teatro di polemiche. Alcune barche sono state accusate di aver navigato in aree interdette dalle istruzioni di regata, tagliando il percorso e in molti casi avvantaggiandosi e andando a podio. Che i furbetti esistano, è un dato di fatto. Anche alla ultima ARC, pare che moltissimi abbiano “smotorato” senza ritegno e siano riusciti a farla franca.

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Perché non facciamo come in F1?

PIZZICARE I FURBETTI? E’ FACILISSIMO
La vera sfida è pizzicarli, e c’è uno strumento che è alla portata di tutti e che ancora, nell’era digitale, non viene adeguatamente utilizzato.

Stiamo parlando del tracking. Attualmente, serve che il furbetto (colpevole di aver tagliato il percorso o di aver acceso il motore per alcune tratte, quando questo sia intuibile dalla rotta seguita) sia in primis protestato da uno dei concorrenti, quindi se nessuno fa protesta la giuria non può intervenire.

Un sistema che secondo noi va modificato, ne va della dignità delle prove d’altura: la giuria dovrebbe intervenire e farlo subito, come in altri sport (vedi la Formula Uno, con la figura del direttore di gara che vigila in tempo reale sulle scorrettezze ed eventualmente commina penalità) o in altri formati, come la Coppa America e le regate olimpiche (con i cosiddetti Umpires).

IL TRACKING CERTIFICATO
La natura delle regate offshore e d’altura rende fondamentale il tracking, che a nostro avviso dovrebbe essere assunto come prova, nell’ambito di proteste mosse dalla giuria.

Certo, con i dovuti margini di errore e di tolleranza (proprio come si fa con l’autovelox, per intenderci) e applicando criteri di buon senso e ragionevolezza.

Abbiamo accolto con piacere il comunicato del Circolo Nautico di Riva di Traiano, organizzatore della Roma per Tutti:Una prima iniziativa sarà messa in atto a partire dalla prossima Roma/Giraglia”, si legge, “dove il tracking verrà certificato e l’intento sarà di renderlo utilizzabile immediatamente dai concorrenti in regata per verificare il controllo della propria traccia in relazione anche a eventuali zone di divieti che saranno opportunamente rappresentate e, successivamente, quale strumento utilizzabile per consentire un eventuale necessario accertamento dei fatti. Nelle Istruzioni di Regata saranno comunicati i termini tecnici dei controlli e le tolleranze previste dal sistema, che verranno dichiarate per ogni singola regata”.

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Vi sveliamo la meteorologia del nuovo millennio (e come usarla)

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“Non esiste buono o cattivo tempo ma buono o cattivo equipaggiamento”. Riccardo Ravagnan, Meteo Forecast & Services Manager di Meteomed, cita Robert Baden-Powell quando gli chiediamo perché sia importante, anche per brevi navigazioni costiere, conoscere le condizioni meteorologiche che andremo ad affrontare. Oggi, nell’epoca del meteo a bordo 2.0, dove grazie ad applicazioni e servizi dedicati al diportista (Meteomed è tra i più importanti) possiamo sapere con una buona approssimazione cosa succederà intorno a noi in tempo reale e nel futuro, sarebbe stupido non approfittarne. “Si può andar per mare anche in condizioni di tempo perturbato”, prosegue Ravagnan, “se si conosce correttamente l’evoluzione del meteo e si ha l’attrezzatura necessaria a bordo. Alle volte non ci è permesso scegliere ma ci si trova in navigazione durante il mutamento delle condizioni, questo accade di frequente durante le crociere. Avere una buona previsione ci permette di rientrare in porto con anticipo, preparare la barca al mal tempo o scegliere di navigare più sotto costa”.

Nell’immagine sopra, un esempio di Meteorotta, funzione esclusiva offerta da Meteomed.

METEOROLOGIA 2.0
Fatti salvi i principi base della meteorologia (di cui parleremo dopo), dando per scontato che ascolterete il bollettino meteo sul Canale 68 del Vhf, come è cambiato il mondo delle previsioni? “I veri punti di forza del cambiamento avvenuto negli strumenti sono la portabilità e i servizi che si generano dal dato meteorologico. Il nostro prodotto, ad esempio, è consultabile da tutte le piattaforme: browser del pc, tablet, smartphone, sms ed email automatiche e periodiche, previsioni meteo tramite un risponditore automatico che replica e ottimizza il famoso Canale 68: difficile non trovare il modo di avere le previsioni aggiornate ogni giorno. I nuovi modelli matematici permettono di ottenere un dato affidabile, soprattutto all’interno delle prime 48 ore. Il lavoro dei meteorologi, prima della pubblicazione del dato, si riferisce a una validazione numerica e un supporto relativo ai fenomeni locali che possono generare l’imprecisione del dato su di una specifica località. Questa precisione diventa utilissima a chi va per mare per passione ma anche a tutto il mondo delle regate, nelle quali la meteorologia sta alla base delle scelte strategiche”.

Il servizio di sinottica per porto (in questo caso il Porto Cervo Marina, in Costa Smeralda).

OROGRAFIA, QUESTA SCONOSCIUTA
Certo, i dati vanno interpretati, ma come? “Gli elementi chiave sono necessariamente tutti quei fenomeni che condizionano localmente i territori. L’orografia è uno di questi, infatti nei nostri modelli abbiamo migliorato i digital elevation model così come abbiamo inserito delle batimetrie più definite. Disegnare correttamente la linea di costa, ad esempio, è un altro punto fondamentale. In alcune località, come Stintino in Sardegna, alcuni modelli potrebbero non riconoscere quel pezzo di terra come parte della regione ma vedere solo mare. Stringere le maglie di risoluzione è un lavoro per niente scontato, devono essere riprodotte le condizioni del territorio ed il numero di calcoli che deve fare il computer per produrre il dato aumenta richiedendo potenze di calcolo importanti e tempi di elaborazione lunghi. Prodotto il dato la validazione da parte del meteorologo è fondamentale, quella che una volta era l’esperienza del ‘locale’ oggi dev’essere competenza micrometeorologica del previsore”.

Il sistema di allerte impostabili e personalizzate

COME CAMBIA IL TEMPO
Adesso, poi, è possibile anche sapere come evolverà il meteo durante la navigazione: “Questa è una nostra funzione esclusiva, si chiama Meteorotta. Dal sito basta tracciare la rotta scegliendo il punto o il porto di partenza e di arrivo, impostare la velocità media, scegliere il giorno e l’ora di partenza (con un orizzonte temporale a 150 ore, dettaglio orario e con una precisione fino a 2,5 miglia) per ottenere immediatamente le informazioni meteo marine dettagliate ora per ora, lungo tutta la rotta. Si possono anche tracciare Meteorotte composte da più tratte, e salvarle in modo da averle sempre pronte ed aggiornate per la consultazione, cambiando data e ora di partenza”.

L’IMPORTANZA DELLE ALLERTE
Interessante è anche la possibilità di stabilire dei sistemi di allerta “personalizzati“ (ad esempio in rada, se il vento salirà a più di tot nodi, oppure se sappiamo che il porto in cui siamo ormeggiati è esposto a est): “Credo sia uno dei nostri cavalli di battaglia. La facilità con cui le previsioni vengono ‘a cercarti’ abbattendo la frustrazione di dover guardare su decine di siti che dicono tutti cose differenti credo sia il vero punto di forza del nostro sistema. Ogni servizio è completamente personalizzabile sulle proprie esigenze e si possono impostare comunicazioni automatiche e periodiche, oltre che allerte eccezionali, in maniera da avere sempre le previsioni sul proprio dispositivo”.

Riccardo Ravagnan

LE ZONE MEDITERRANEE “A RISCHIO”
Già che ci siamo, sfruttiamo il Riccardo Ravagnan metorologo: poniamo di dover compiere una navigazione mediterranea nel periodo estivo, quest’anno. Quali sono le zone in cui bisognerà prestare maggiore attenzione dal punto di vista meteorologico e perché? “Da un punto di vista statistico le aree più turbolente del Mediterraneo anche nel periodo estivo, sono in primis il Mar Egeo e quindi le isole della Grecia, molto spesso battute dal Meltemi, un vento da Nord che anche in condizioni di alta pressione può soffiare con raffiche di oltre 30 nodi. Altra zona talvolta critica quella dello Stretto di Gibilterra, dove spesso si incanalano venti da Est-Nordest anche qui con raffiche talora superiori ai 25-30 nodi in condizioni anticicloniche. Meno turbolente ma comunque a volte soggette a raffiche di vento anche nel periodo estivo sono soprattutto le zone del Golfo del Leone, Bocche di Bonifacio, Canali tra Sardegna e Sicilia, Mar Ionio e Adriatico”.

Oltre ai vostri device, osservate sempre il cielo: se le nubi sono a sviluppo verticale (come cumuli e cumulonembi, nella foto) e in rapida crescita ci si può aspettare un temporale nel breve termine.

UN PO’ DI SANO E VECCHIO “NASO”
Dicevamo prima di come rimangano comunque importanti i principi base della meteorologia. Quali sono i segnali tipici che ci indicano che, nel breve periodo, potrà arrivare una tempesta? “Senza dubbio osservare il cielo: se le nubi sono a sviluppo verticale, come cumuli e cumulonembi, e in rapida crescita ci si può aspettare un temporale nel breve termine. Attenzione perché la formazione di un temporale anche a media distanza può innescare lo sviluppo di una nuova cella a distanza più ravvicinata. L’aumento inoltre di nubi alte quali cirri, cirrostrati e strati, magari accompagnati da una variazione della direzione del vento, possono inoltre preannunciare un prossimo peggioramento delle condizioni meteo. Attenzione inoltre alle ‘onde lunghe’, che possono giungere comunque a noi anche se generate da condizioni di maltempo lontane dalla nostra posizione.

DIMMI CHE VELISTA SEI E IO TI DARO’ LE GIUSTE PREVISIONI METEO
Meteomed è una società specializzata in previsioni e servizi meteo per la nautica da diporto e professionale, indipendente dal 2009. Ha chiuso la stagione 2016 in grande crescita con oltre 17.500 diportisti registrati e oltre duemila abbonati ai propri servizi. In collaborazione con 3BMeteo, ha sviluppato un esclusivo modello previsionale per il bacino del Mediterraneo.

Le previsioni meteo marine Meteomed sono tutte elaborate da modelli di calcolo realizzate in-house e validate da uno staff di meteorologi professionisti. La società ha sviluppato una propria piattaforma multicanale: web, mobile, telefono, SMS, e-mail, grazie alla quale i clienti sono in grado di ricevere le informazioni meteo senza alcuna barriera tecnologica. Per fornire un supporto meteo “su misura” Meteomed ha ideato alcune funzioni quali la Meteorotta e i Warning di allerta personalizzati.

I prezzi del servizio sono proporzionali alla sua completezza e complessità. I pacchetti offerti da Meteomed fondamentalmente sono tre: Base, Premium (che ingloba la cartografia) e Top che li comprende tutti più la consulenza telefonica. Esiste anche un upgrade del Top, il servizio Race, molto specializzato, rivolto alla regata e modulato su ogni singolo evento. www.meteomed.it

 

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America’s cup: si tuffi chi può! Tania Cagnotto presto su Oracle?

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Una notizia dell’ultim’ora vorrebbe Tania Cagnotto ingaggiata da Oracle come trimmer tuffatrice. Scherzi a parte, sembra che la prossima America’s Cup, oltre ad essere una regata a velocità folle tra le boe, sarà una sfida per riuscire a terminare le prove con tutti gli uomini a bordo.

Quasi non passa settimana che non ci sia un uomo a mare durante i test degli AC 50 in vista della prossima America’s Cup. L’ultimo della serie è stato James Spithill, che si è esibito in un plastico tuffo (con tanto di mano a tappare il naso) in uscita da un cambio di mura. Nelle immagini che vi proponiamo si vede infatti Spithill impegnato nella solita corsetta da una ruota all’altra, ma il movimento del catamarano aumenta il suo slancio facendolo arrivare troppo veloce al timone. Piuttosto che rischiare di cadere goffamente appena sotto la barca, rischiando non poco, Spithill ha preferito assecondare lo slancio e tuffarsi lontano dall’AC 50. Sarà quindi un’ America’s Cup ad eliminazione? Il problema sicurezza resta, e sembra grave.

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Quest’estate? Ma quali Caraibi, io riscopro il Tirreno

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Quest’estate potete scegliere di lanciarvi all’avventura in mari sconosciuti,
oppure imparare a conoscere meglio (e apprezzare) il nostro caro vecchio Tirreno. Noleggiando una barca in un posto chiave, potreste organizzare una crociera alla scoperta di posti che non avreste mai immaginato.

tirreno

FOLLONICA “CAPUT MUNDI”

Prendiamo, per esempio, Follonica, in provincia di Grosseto. Da qui potrete raggiungere in un battibaleno l’Isola d’Elba, che dista soltanto 15 miglia. E dall’Isola d’Elba navigare tranquilli verso la Corsica (poco più di 30 miglia) o la Maddalena, in Sardegna, se non volete esplorare l’Arcipelago Toscano, in grado di regalare paesaggi mozzafiato (rispetto all’isola d’Elba, infatti, Pianosa dista soltanto 7 miglia, Montecristo 22, il Giglio 28, Giannutri 40, Capraia 18 e Gorgonia 39).

tirrenoSe invece preferite restare sulla costa, vi consigliamo di andare verso sud, alla volta di Castiglione della Pescaia, Porto Santo Stefano e Porto Ercole all’Argentario. Posti incredibili, vere e proprie capitali della vela, dove oltre a bagni da urlo potrete praticare con successo la pesca sportiva (sono notoriamente acque molto pescose).

Andiamo a vedere cosa vi aspetta, in termini di barche a noleggio, nella cittadina toscana. Abbiamo consultato uno degli operatori che reputiamo affidabili, Aladar Sail. Qui sotto trovate tutte le offerte, da aprile fino all’estate del 2018!

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VIDEO Le conseguenze catastrofiche di una barca carrellata male

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Amici che state per caricare la vostra barca sul carrello, sia per tirarla in secco in vista dell’inverno che per trasportarla sui campi di regata. Sappiate che la distribuzione dei pesi sul carrello è fondamentale e se sbagliate le conseguenze (per la vostra barca ma in primis per voi) potrebbero essere davvero catastrofiche
. La dimostrazione è in questo video promosso dalla Dun Laoghaire Marine di Dublino (Irlanda), che illustra cosa potrebbe accadere se i pesi non sono distribuiti correttamente.

GLI EFFETTI CATASROFICI DI UNA BARCA CARRELLATA MALE

LA NORMATIVA VIGENTE
(da www.centrovela.com) Per calcolare il peso (massa) trasportato sul carrello bisogna considerare il peso (massa) dell’imbarcazione con tutto ciò che contiene (albero, vele, motore, benzina, ecc.) + eventuali rulli o invaso, che NON sono considerati nel peso (massa) a vuoto del carrello. Il tutto, barca + accessori + carrello può eccedere il peso massimo consentito dal carrello stradale fino al 5%, arrotondato ai 100 kg superiori, senza incorrere in sanzioni. Non sono invece ammesse tolleranze riguardo il tipo di patente necessario, la capacità di traino (massa rimorchiabile) dell’autovettura e le regole generali di ingombro e massa.

Una barca che eccede la larghezza massima consentita (mt. 2,55) può essere trainata se, messa leggermente di taglio su un carrello con un invaso basculante, rientra nella misura. Questo, di solito si fa su barche a vela (che sono dotata di chiglia e alte sull’invaso). Per trasportare un gommone si possono sgonfiare i tubolari laterali e ripiegarli all’interno. Per il traino di una barca a vela, si può fare sporgere l’albero posteriormente fino a 1/3 della lunghezza del carrello (ricordarsi di appendere il relativo cartello). Nulla può invece sporgere oltre l’”occhione” (gancio) del carrello. Il tutto deve rientrare nei 12 metri.

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Cinque compagni di barca… da evitare assolutamente in crociera

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Quest’estate avete intenzione di lanciarvi in una crociera in barca a vela? Prima di ogni dettaglio tecnico (tipo di imbarcazione, attrezzatura, etc) dovrete valutare attentamente l’equipaggio
. Ovvero, i vostri compagni di avventura. Fate attenzione, perché un gruppo eterogeneo e affiatato vi garantirà una vacanza indimenticabile, viceversa finirà a botte o, proprio come nella foto sopra, a uomo in mare. Ci siamo divertiti a stilare una lista di cinque tipologie di compagni di barca da evitare assolutamente se volete passare una crociera tranquilla.

Filini1. L’ORGANIZZATORE
Solitamente è un manager, ingegnere o ragioniere. Prima di salpare ha già organizzato un vero e proprio calendario di tutte le attività, sa perfettamente cosa si farà, quando e dove. Assegna i ruoli a ogni membro dell’equipaggio, sulla base di presunte (da lui) predisposizioni. Potrebbe mettere vostro figlio di nove anni in cucina e vostra moglie incinta all’albero, se lo ritiene opportuno. Prende in considerazione gli imprevisti (dalla rottura della stecca inferiore della randa al rubinetto del bagno di prua che gocciola) e predispone già le alternative, portandosi dietro una cassetta degli attrezzi da far invidia a Leroy Merlin. Un ragionier Filini della navigazione. Un po’ di organizzazione ci vuole, ma l’inaspettato fa parte della vela, per diamine!

ELD_00722. L’INFORMATICO
Questo genere di nerd della navigazione, se non tenuto a bada, trasformerà la vostra barca in una Sylicon Valley galleggiante: poiché “senza wifi a bordo oggi non si vive” (a detta sua), cablerà l’incablabile e il vostro quadrato assomiglierà più alla sede Apple di Cupertino. In teoria, grazie a lui potrete visualizzare sul vostro smartphone dati di navigazione con l’interfaccia NMEA, stato dei motori, gestire la rotta e persino costringere il rollafiocco a farvi il caffè. In teoria, perché puntualmente, una volta salpati, la geniale rete wireless creata dall’informatico imploderà perché non si dispone di sufficiente energia per alimentarla. Il nostro passerà così l’intera crociera a smoccolare cablando, ricablando e spegnendo e accendendo gli strumenti.

disney-graphics-gus-goose-7438353. IL PIGRO
Il pigro in realtà non è così pigro. Spende più energie a fare finta di essere impegnato che a esserlo veramente. Quando state per ormeggiare e vi serve un uomo che prenda la trappa o scenda a terra a lanciarvi le cime, il pigro scenderà in bagno vittima di una finta colica, se vi serve una mano per dare i terzaroli sarà sottocoperta a smanopolare sul tavolo da carteggio. E’ inoltre uno strenuo seguace del “Già che sei lì”. Se qualcuno riemerge da sottocoperta, il pigro lo spedirà nuovamente sotto con frasi-tipo quali: “Già che sei lì, mi passi l’acqua?” o “Già che sei lì, potresti prendermi la crema da sole?”. Se lo rimproverate, farà l’offeso, quindi l’unica tecnica è chiedergli di fare un lavoro diverso da quello che in realtà vi servirebbe. Se dovete mettere a posto le cime in pozzetto, chiedetegli di scendere sottocoperta a prendervi la cerata: “Eh mi dispiace, ora devo riordinare le cime in pozzetto”.

EH_270213_helm4. IL COUTTS DE NOANTRI
Lo beccate subito, il Russell Coutts de Noantri. Si presenta il giorno della partenza per una crociera di tre settimane con una microborsa ipertecnica, pantaloni attillati in lycra e scarpette da derivista olimpico. Immancabili gli occhiali ultima moda da Coppa America e lo spray-top ultratraspirante. Sale a bordo con un gesto atletico (rifiuta per principio le passerelle, pesano troppo), si piazza al timone e comincia a dare ordini per avere una barca e un equipaggio performanti perché, secondo lui, “anche in crociera bisogna saper andare veloci per risparmiare tempo”. Una volta tirate su le vele, “bacchetta” il vostro amico elettricista che è alla sua prima esperienza in barca perché la balumina della randa, in cima, rifiuta troppo, costringe vostra moglie a sdraiarsi in coperta per agevolare il profilo idrodinamico dell’imbarcazione. Vi lancia occhiatacce minatorie se vi rilassate un attimo. Quando incontra un’altra barca sulla sua rotta, diventa una belva, considerandosi ingaggiato anche a 15 miglia di distanza. Di solito viene scaricato al primo scalo o, nel peggiore dei casi, viene abbandonato in mezzo al mare sulla zattera di salvataggio.

Fisherman-fishing-clip-art-of-the-worker-illpop-clipart5. IL PESCATORE
Pericolosissimo, si presenta in barca munito di sedici diversi tipi di canna da pesca, seggiolino per il big game d’altura e una volta fuori dal porto vi costringerà a mantenere un’andatura a motore di 2-3 nodi nonostante ci sia un bel vento al lasco perché “il rumore del motore attira tonni e lampughe” e “a basse velocità il rapalà, ho letto (ma dove??!!), è più efficace”. Morale della favola: impiegherete 12 ore per percorrere il tratto da Genova a Portofino. Senza, ovviamente, prendere un pesce. E sarà pure colpa vostra, perché “non avete seguito alla perfezione la rotta che ti avevo detto e non hai fatto dietrofront quando ho visto saltare quel branco di acciughe a 2 miglia di distanza”. (E.R.)

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Ecoscandaglio: come funziona e a che come usarlo al meglio

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Lo scopo principale dell’ecoscandaglio è quello di notificare costantemente quant’è profonda l’acqua sotto il nostro scafo e permette anche, con una buona approssimazione, e di individuare la migliore area del fondale dove gettare l’ancora. Sempre più diffusi sono i fishfinder, modelli pensati per la pesca che riproducono il fondale sullo schermo. Ormai i moderni chartplotter si presentano come degli strumenti di navigazione completati dalle funzioni dell’ecoscandaglio con fish finder.

COME FUNZIONA

Un ecoscandaglio è composto di tre elementi fondamentali: il trasmettitore, il ricevitore/amplificatore e il trasduttore. Quest’ultimo è fissato sullo scafo e collegato tramite un cavo al box contenente gli altri due strumenti, collocati nella plancia di guida.

All’attivazione dell’ecoscandaglio, il trasmettitore invia una piccola quantità di energia elettrica al trasduttore che la trasforma in un impulso sonoro, propagandolo verso il fondale marino. Quando l’impulso raggiunge il fondo, si genera l’eco; dunque…

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Spi troppo grande? Chi se ne frega! In Germania ci si diverte così

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Foto-spiCinquanta metri quadri di spi non saranno un po’ troppi per questa barca tedesca? A giudicare dalla facilità di conduzione della coppia a bordo, no.

C’è vento, il mare è piatto, poche “balle”. Se ci si vuole divertire, un bello spi portato in modo giusto (non troppo steso e con il tangone leggermente più alto, in modo da tenere la prua ben alta sull’acqua) è la ricetta giusta.

Per le strambate, basta eseguirle nei momenti di planata. In modo tale che il vento apparente sia al minimo: e qui ci vuole il “manico” del timoniere.

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Salpancora, quello che bisogna sapere (per evitare incauti acquisti)

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Il verricello salpancora, che sia manuale o elettrico, deve essere considerato uno degli strumenti più importanti dell’attrezzatura di coperta
. Ne esistono modelli verticali e orizzontali. I primi permettono di avere un ingombro in coperta molto contenuto, essendo il motore e il riduttore installati all’interno. L’aspetto li rende più indicati per qualsiasi tipo di scafo. Inoltre, rispetto quelli orizzontali, hanno il vantaggio di essere più leggeri ed economici. Di contro, la meccanica sottocoperta ne rende meno agevole il controllo e la manutenzione; da questo punto di vista, i modelli orizzontali sono sicuramente i più pratici.

COME FUNZIONA

La struttura di un salpancora è semplice. Il motorino elettrico può essere studiato con ingombri verticali (salpancora verticale) e quindi accoppiato a un riduttore anch’esso verticale, oppure montato a L, con l’asse del motore orizzontale (salpancora orizzontale). Il barbotin è la parte essenziale del salpancora; è formato da una ruota, in grado di afferrare la catena per mezzo di una gola sagomata con profonde impronte che corrispondono alle maglie della catena stessa su cui è calibrata…

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