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La nuova avventura del giovane Corentin (questa volta senza juta)

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Schermata 05-2457522 alle 11.15.18Lo abbiamo conosciuto quando nel 2011 aveva costruito una barca in fibra di juta, Tara-Tari, con la quale aveva navigato nei mari del Bangladesh, e nel 2013 con il Gold of Bengal, anch’esso in juta, diventando un simbolo della navigazione ecosostenibile. Oggi Corentin de Chatelperron si lancia in una nuova sfida: un giro del mondo di tre anni a bordo di un catamarano Kennex 445.

L’ENERGIA DELLA NATURA
Corentin vuole con questo viaggio sensibilizzare ancora una volta all’utilizzo di materiali e risorse naturali. Qualche esempio? Piuttosto che utilizzare un desalinizzatore, raccoglierà l’acqua piovana, l’elettricità sarà fornita da un generatore… a pedali situato a prua; Corentin avrà una serra e un allevamento di insetti a bordo, la restante energia sarà prodotta da generatori eolici, pannelli solari e idrogeneratore .

UN PROGETTO IN CONTINUO UPDATE
Ad ogni scalo imbarcherà un navigatore o un inventore, per condividere con loro questo progetto e trovare sempre nuovi spunti per migliorarlo. Condividerà poi il suo diario di viaggio sul sito nomadedesmers.org

COSA AVEVAMO SCRITTO NEL 2013 DI CORENTIN

Una delle star del Salone Nautico di Parigi è una piccola barca costruita interamente in fibra di juta, che ha navigato per migliaia di miglia in totale autonomia energetica e di alimentazione, al comando di un 30enne francese. Che bella storia!

Al Salone di Parigi, nascosta tra le barche “normali” abbiamo trovato una barca (e una storia) eccezionale. Allo stand M 69 vi stupirete ammirando una piccola barca, Gold of Bengal, che ha attraversato, in sette mesi, il Golfo del Bengala, da Bangladesh alla Malesia, passando per le isole Nicobar e Andamane.

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SOLO JUTA!
Ma non è questo che vi stupirà, la barca è costruita interamente in fibra di Juta, senza in grammo di vetroresina. A bordo durante la navigazione c’era una serra tropicale, due polli e un dissalatore a mano. Il protagonista di questa bella avventura, che si è costruito da solo la barca e ha navigato per buona parte del percorso in solitario, è un 30enne francese, Corentin de Chatelperron, che ha voluto dimostrare con questa sua piccola impresa che è possibile, ancor oggi, vivere in completa autonomia per mare, senza spendere un soldo e senza utilizzare nulla che non sia prodotto con materiali grezzi naturali, adattati ad uso nautico con il solo lavoro manuale.

Guarda il video di Gold of Bengal

LA FISSA DI DE CHATELPERRON
Corentin de Chatelperron è alla sua seconda avventura con una barca di juta, nel 2009 aveva costruito Tara Tari (40% in fibra di juta e 60% in fibra di vetro) per raggiungere la Francia partendo dal Bangladesh. Il giovane francese si era recato in Bangadesh, dopo aver conseguito la laurea in ingegneria, per lavorare in un cantiere che costruiva barche in vetroresina. Affascinato dai metodi costruttivi delle barche dei poveri pescatori locali che usavano materiali recuperati dalla natura, ha deciso di abbandonare la vetroresina. Ora racconta la sua storia al salone di Parigi, tempio della vetroresina.

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VIDEO. Rivivi tutte le emozioni della VELA Cup in due minuti

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TAG Heuer Velafestival

La terza edizione della TAG Heuer VELA Cup ha confermato il successo di un format aperto a tutti, che ha reso per un giorno il Golfo del Tigullio il centro della vela tirrenica. Ben 209 le barche che hanno colorato le acque davanti al VELAFestival di Santa Margherita Ligure. E una premiazione che si è trasformata in vera festa! Ve la raccontiamo in questo video di Carlo Boghi!

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Beneteau Oceanis Yacht 62, in “strada” verso l’oceano

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oceanis_yacht_62

Dopo le indiscrezioni di alcuni mesi fa, adesso possiamo vedere dal vivo le prime fotografie che raccontano la nascita della nuova ammiraglia di Beneteau, l’Oceanis Yacht 62. La costruzione è praticamente terminata e la barca è uscita dal cantiere francese per avvicinarsi alla sua messa in mare, pronta per essere armata e per affrontare i primi test.

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A disegnare le linee d’acqua dell’ultima creatura di Beneteau è una vecchia volpe del mestiere, Olivier Racoupeau: “La sfida consisteva nell’ottenere una velocità media elevata mantenendo il comfort di bordo. Ho disegnato l’Oceanis Yacht 62 cercando di mantenere il centro di gravità più basso possibile e le manovre rinviate in pozzetto. Ho poi pensato alle esperienze che ho fatto nel mondo dei superyacht e ho cercato di portarne i benefici su questo primo grande yacht di Beneteau”.

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E’ invece italiana la matita che ha inventato gli spazi interni: Pierangelo Andreani si è trovato davanti a una grande sfida: portare lo stile e le caratteristiche di un one-off su una barca di serie. Per farlo ha puntato molto su un’apparente semplicità delle linee, con un’alternanza di colori chiari e scuri. A questo punto, è lecito aspettarsi di vedere la nuova ammiraglia Beneteau ai prossimi saloni autunnali.

OY6SA-ext-modifI NUMERI DEL BENETEAU OCEANIS YACHT 62
Lft 19,07 m
Larg. 5,33 m
Pescaggio 2,30/2,90 m
Disl. 24170 kg
Serb. Acqua 1.060 l
Serb. Carb. 1.000 l
Sup. Vel. 182 mq
www.beneteau.it

 

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Io che voglio entrare nel mito della vela – 1° Puntata

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golden-globeEdoardo Raimondo ha un sogno che sta diventando realtà: partecipare al mitico Golden Globe, il giro del mondo a vela in solitario senza strumenti digitali, nell’anno del suo 50° anniversario, il 2018 (come allora, partenza da Falmouth (UK) il 14 giugno 2018, e giro del mondo passando per i capi di Buona Speranza, Leeuwin e Horn, su barche da 32 a 36 piedi – costruite prima del 1988 con dislocamento minimo di 6.200 kg e chiglia lunga). Lo abbiamo avuto ospite al VELAFestival e, oltre a emozionarci, ci ha fatto capire di non essere un cosiddetto “quaqquaraqqua”. Da oggi parte una serie di articoli dove Edoardo ci racconterà cosa prova giorno dopo giorno, i lavori per preparare la barca all’avventura, i consigli tecnici e di sicurezza.

FullSizeRender-2-275x300MI PRESENTO
Mi chiamo Edoardo Raimondo, ho 26 anni e vengo da Sanremo (Imperia), sono uno dei 20 iscritti alla Golden Globe Race 2018. Sono giovane e con un sogno nel cassetto: poter navigare intorno al mondo. Navigare e non manovrare, risolvere gli imprevisti senza aiuto esterno e non aspettarsi l’aiuto di nessuno.

Navigo, ma ho anche esperienza in manutenzione, sistemi di bordo, rigging e nel risolvere i ‘guai’ di tutti i giorni, che ogni navigatore conosce bene. Ho iniziato a andare in barca all’età di 5 anni, a 7 anni gareggio a livello nazionale e internazionale. Da sempre lavoro sul mare, sono stato secondo ufficiale sul big class Gaff Cutter d’epoca di 47 metri ‘Lulworth’ per 3 anni, sino al 2014.

TAG Heuer VelafestivalSono lo skipper del consorzio italiano ‘ITA@goldenglobe2018.com’ che parteciperà alla regata giro del mondo in solitaria senza scalo. Lo skipper Italiano della regata più chiacchierata di sempre. Parliamo della nuova e seconda edizione di quella di Bernard Moitessier (che proseguì e fece un secondo mezzo giro del mondo ritirandosi da vincitore designato) e Robin Knox-Johnston, la madre di tutte le regate oceaniche, la Golden Globe Race. La cosa mi riempie di gioia.

Insieme al Giornale della Vela abbiamo pensato di realizzare per voi questo blog, che vi farà vivere le fasi di preparazione della regata, parleremo di tecnica e di armamento, di navigazione ma anche di strumenti. Una idea semplice e veloce per farvi entrare nel nostro mondo. Per mostrare che anche con un’ imbarcazione di 11 metri fabbricata in Italia 50 anni fa (stiamo parlando di un Gaia Benello), si possa navigare sulle rotte dei moderni 60 piedi, senza elettronica, con carte sestante e solcometro a mano.

GoldenGlobeRaceRouteNel corso della preparazione, in cui è prevista navigazione oceanica senza scalo e altre attività, speriamo che molti amici si uniscano alla nostra avventura, alcuni sono già al nostro fianco con le proprie capacità tecniche e professionali. Vogliamo realizzare un vero e proprio laboratorio della vela, che ITA@goldenglobe2018.com vuole condividere con i suoi amici. Onesails (www.onesails.com) è già il nostro fornitore tecnico di vele, Armare (www.armare.it) realizzerà e testerà con noi un nuovo modello di cime, in questi mesi stiamo contattando altri nomi illustri del made in Italy legato al mare. Teniamoci in contatto con questo Blog, sarà una ulteriore spinta a fare il meglio possibile per presentarci alla linea di partenza del 18 giugno 2018 a Falmouth in perfetto stato di salute.

A presto! il team ITA@goldengloberace2018.com.

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VIDEO Intervista a Giancarlo Pedote, Il Velista dell’Anno 2016

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erwan-le-roux-et-giancarlo-pedote-copyright-martin-keruzore-team-fenetrea-prysmian-1 2Giancarlo Pedote ha vinto il premio di Velista dell’Anno TAG Heuer 2016. Perché? Ovunque vada, vince.

logo_velistaE’ probabilmente il velista oceanico più forte che abbiamo in Italia: nel 2015 la FFV (la federvela francese) ha insignito lui e Erwan Le Roux, suo compagno sul trimarano Multi 50 FenetrèA-Prysmian, del prestigioso Trophée des Champions 2015 a seguito degli importanti risultati ottenuti nell’anno: la vittoria della Transat Jacques Vabre, la durissima regata da Le Havre (Francia) a Itajaì (Brasile) e di tutte le altre regate Multi 50 del calendario. Un fenomeno, la sua storia è fatta di sacrifici e passione. Ecco la breve intervista che abbiamo realizzato con Pedote al TAG Heuer VELAFestival di Santa Margherita Ligure.

L’INTERVISTA A GIANCARLO PEDOTE

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Se non fosse una randa, cosa potrebbe essere? L’upcycling in barca a vela

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DSCF2614Quando si vuole indicare la trasformazione di un rifiuto in un nuovo oggetto, per mezzo della creatività, si usa il termine upcycling (diverso dal reciclo che prevede la trasformazione industriale del rifiuto in altro). La barca a vela è un vero regno dell’upcycling, da un lato perché c’è molto tempo in navigazione per dare sfogo alla creatività, dall’altro perché spesso si ha la necessità di aguzzare l’ingegno per trovare soluzioni non scontate ai problemi. Quando si naviga in mezzo all’oceano bisogna imparare ad arrangiarsi.
Ci siamo divertiti a immaginare in cosa potrebbe trasformarsi la randa una volta arrivata alla fine della sua primaria funzione di “motore” della barca a vela. Dividendola in sezioni di varie forme si possono ottenere accessori di grande utilità per la vita a bordo: dai tendalini per ripararsi dal sole alle borse per fare la spesa, dalla zanzariera alla sacca per il tender. Basta un po’ di creatività per ridare vita alla vostra cara vecchia vela.

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VIDEOINTERVISTA a Roberto Lacorte, premio TAG Heuer Performance

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Ape_lacorteNel corso della Serata dei Campioni al TAG Heuer VELAFestival di Santa Margherita Ligure Roberto Lacorte e il suo Vismara Mills 62 SuperNikka sono stati insigniti del premio TAG Heuer Performance, riservato a chi, nell’arco dell’anno, abbia conseguito risultati di pregio: e per una barca speciale, come è SuperNikka, ci vuole un armatore speciale. E lui è speciale. Nel 2015 ha trionfato al Mondiale Mini Maxi di Porto Cervo. Prima però si è tolto la soddisfazione di vincere la regata da lui stesso ideata, la 151 Miglia. Un armatore illuminato, che tanto sta dando alla vela in Italia. Ecco la nostra videointervista a Roberto Lacorte.

ROBERTO LACORTE – INTERVISTA

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VIDEO Tutti i segreti per una pesca grossa in barca a vela

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maxresdefaultAlzi la mano chi, in crociera, o durante un trasferimento, non ha mai provato a calare le lenze con la speranza di tirare a bordo un tonnetto, una lampuga o una palamita. Non è vero che velisti e pescatori appartengono a due razze differenti: anche su una barca a vela possiamo attrezzarci per la pesca. Fidatevi, è un’attività divertente che vi regalerà gioie dal punto di vista della soddisfazione personale e del palato. Antonello Salvi, Campione Mondiale campione mondiale di pesca sportiva 2012, ci svela tutti i trucchi per realizzare tante catture pescando alla traina dalla vostra barca a vela.

A PESCA DALLA BARCA A VELA – ANTONELLO SALVI

IMG_4811CHI E’ ANTONELLO SALVI
Antonello Salvi è nato a Belvedere Marittimo (Cosenza) l’8 maggio del 1976. Dal 2009 entra nel mondo della pesca agonistica ottenendo da subito ottimi risultati: nel 2010 è Campione Italiano di Drifting, nel 2011 vince il titolo nazionale di Pesca d’Altura e nel 2012 il Campionato del Mondo a Palma de Maiorca, trionfando con la Nazionale italiana e aggiudicandosi la Coppa delle Nazioni. Attualmente è testimonial di Garmin.

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La sicurezza secondo monsieur Le Cardinal – Prima Puntata

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hugues-le-cardinalHugues Le Cardinal si sta preparando alla Transquadra 2017-18, la regata in solitario “per dilettanti” (i concorrenti si ritroveranno sulla linea di partena di Lorient nel luglio del prossimo anno per arrivare in Martinica), a bordo di un JPK 9.60, “Mascarade”. Pubblichiamo qui la prima parte di una guida alla sicurezza che proprio l’esperto Hugues, da buon ingegnere aeronautico qual è, ha realizzato appositamente per noi e nella quale compie uno studio accurato dei rischi e delle misure di sicurezza da adottare se si naviga in solitario o in equipaggio ridotto. Facciamone tesoro e appuntamento a domani con la seconda puntata!

LA SICUREZZA SECONDO HUGUES LE CARDINAL
Navigando in solitario, c’è un pericolo. Abbiamo studiato i rischi e immaginato le contromisure da prendere. I rischi identificati in questa puntata sono: la caduta in mare, la caduta dall’albero, la collisione con un nave o una barca di pescatori e la perdita di lucidità.

man-overboardLa caduta in mare

Il rischio

La storia della navigazione d’altura dimostra che le cadute in mare avvengono spesso in condizioni metomarine tranquille, durante momenti di “vigilanza ridotta” e, di frequente, mentre si sta urinando.

Accorgimenti

  • Giubbotto di qualità CERTEC, che non fa male alla schiena
  • Cintura di sicurezza obbligatoria se si esce dal pozzetto
  • Di notte, in condizioni dure e al primo segnale di stanchezza, cintura obbligatoria
  • Non fare la pipì senza essere legato (la si fa inginocchiati contro le draglie o all’interno)
  • Giubbotto autogonfiabile con una PLB e una torcia elettrica impermeabile
  • Barca con una life line nel pozzetto e sulla coperta. Legati, non è possibile cadere in acqua.

mastLa caduta dall’albero

Il rischio

La Transquadra 2008-2009 ha dimostrato il pericolo di salire sull’albero in solitario con 2 cadute dalle conseguenze gravi.

Risposta

Per non avere bisogno di salire sull’albero, approntiamo, oltre alla drizza della randa, un’altra che faccia da drizza di scorta. A prua, c’è una drizza per il genoa e due drizze spinnaker. Tutte le drizze sono di alta qualità LIROS con sovra calza nei punti chiave.

Ma se dovessimo comunque salire sull’albero in navigazione:

  • Si aspetta che le condizioni si calmino
  • Si utilizza un sistema di alpinismo


2008-10-08_9996_CloseShave.tifLa collisione con un’altra imbarcazione

Il rischio

Nonostante il fatto che il mare sia immenso, le collisioni sono sempre dietro l’angolo; ma il navigatore solitario deve poter riposare. Come fare?

Risposta

  • Installazione a bordo di un AIS sempre in funzione; il signale trasmette la nostra posizione, la nostra direzione e la nostra velocità agli altri scafi dotati di AIS, a loro volta ricevuti dal nostro AIS.
  • Tempo di riposo adattato alla zona di navigazione (non vado a dormire davanti, ad esempio, a Livorno o Genova, dove c’è traffico navi. Il riposo massimo, non deve superare i 20 minuti, ovvero 2-3 miglia).

tired sailorLa perdita di lucidità

Il rischio

Da solo uno deve fare tutto. Preso dall’adrenalina e dallo spirito agonistico, può accumulare troppa stanchezza, che significa perdità di lucidità e pericolo.

Risposta

Gestione della propria energia
Come imparato durante la Course des îles o la Roma per Uno, la gestione della propria energia è la cosa più importante per il navigatore solitario. Bisogna idratarsi, mangiare e riposare bene. Bisogna essere all’ascolto del proprio corpo. Non esiste una regola, siamo tutti diversi. Appena le condizioni lo permettono, il solitario deve riporsarsi. Deve anche bere al primo accenno di sete e mangiare quando ha fame, anche se è stanco. L’altra regola è che il solitario deve sempre anticipare. Su questo sono ben preparato. Alla fine della manovra, si riordina la coperta in modo che sia pronta per la prossima manovra. Il livello di sicurezza non deve essere abbassato per motivi agonistici. Mi sono già trovato in una grossa tempesta durante la TRANSQUADRA 2008-2009. Con il mio co-skipper abbiamo messo la regata in stand-by per qualche ora.

Semplificazione delle manovre
La scelta di navigare su un JPK 9.60 mi ha permesso di avere delle manovre facili e non stancanti. Un’altra qualità di questa barca è la sua ottima stabilità al lasco.

NON PERDETE LA SECONDA PARTE DELLA NOSTRA GUIDA
MARTEDI’ 17 MAGGIO

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VIDEOINTERVISTA a Ciccio Supparo, armatore della vecchia barca che ha fatto vedere i sorci verdi ai bolidi hi-tech

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Gianin VIPuò una barca del 1976 vincere ben due volte la Giraglia, battendo i bolidi ultratecnologici appena varati? La risposta è si. Lo ha dimostrato Gianin VI, l’Hallberg Rassy 41 di Pietro “Ciccio” Supparo, a cui è stato assegnato il premio #plasticfantastic Tribute al TAG Heuer VELAFestival. Questa l’intervista che abbiamo realizzato con Supparo a Santa Margherita.

LA NOSTRA INTERVISTA A CICCIO SUPPARO

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E’ il 46 metri Unfurled la barca da sogno del 2016 GALLERY e VIDEO

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Schermata 05-2457525 alle 15.08.16E’ il 46 metri Unfurled il vincitore assoluto tra le barche a vela e tra quelle oltre i 40 metri del World Superyacht Award 2016, messo in palio da Boat International Media. Lo scafo è stato varato da Vitters Shipyard, su progetto di German Frers con interni di Oliver Stirling. La scelta della giuria, composta da 23 armatori di superyacht, è ricaduta sul gioiello di Frers, con eliche retrattili, albero in carbonio, speciali spazi di stivaggio a prua per gennaker e spinnaker. Un vero e proprio “world cruiser” in grado di esprimere prestazioni da urlo anche in regata (ha vinto la Saint Barths Bucket Regatta 2016). Siete d’accordo con la scelta della giuria? Guardate che foto:

UNFURLED, LA BARCA DA SOGNO DEL 2016

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GUARDA UNFURLED IN NAVIGAZIONE

Nikata

Nikata

GLI ALTRI VINCITORI
Tra gli altri vincitori, segnaliamo tra le barche dai 30 ai 39,99 m il 38,8 metri Atalante, progettato dallo studio di Andre Hoek e realizzato dai cantieri olandesi Claasen. Menzione speciale per il design e performance per il Baltic di 35 metri Nikata, i cui interni sono stati curati da Nauta. La menzione al design per gli scafi oltre i 40 metri è invece andata a Topaz, sempre firmata da Hoek sulla class rule dei J-Class.

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Cinque domande sul tuo albero – Prima puntata

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Boat mast and riggingQuante parole vengono spese in barca a criticare, elogiare o commentare lo stato dell’albero. Ma lo conoscete veramente bene? Così ci siamo posti cinque domande sull’albero (ad altre cinque risponderemo nella prossima puntata).

1. Perché esistono alberi passanti e alberi appoggiati in coperta?
La scelta di come montare l’albero viene fatta di concerto tra il progettista della barca e l’alberaio e può essere appoggiato in coperta o passante attraverso essa. La differenza più tangibile tra i due sistemi, a parità di barca, è la sezione dell’albero. Quello passante può essere definito più vincolato; è fissato in chiglia tramite viti o a incastro e ha un vincolo nella mastra (foro in coperta dentro il quale passa l’albero). Un albero appoggiato, al contrario, non ha alcun vincolo. Per questo semplice motivo, senza addentrarsi in formule di statica che riguardano il momento di inerzia di una trave, l’albero passante è di sezione più piccola, perché è di per sé più resistente grazie ai punti di vincolo. Al contrario, uno appoggiato ha una sezione più grande per “sopperire” alla mancanza strutturale del vincolo. Per esempio, immaginate un’asta e applicate un peso in punta: si fletterà. Per diminuire la flessione o si aumenta la sezione dell’asta o si diminuisce la sua lunghezza. A parità di profilo, un albero in chiglia è meno sollecitato di uno in coperta.

2. Quali sono i maggiori carichi che sostiene?
Le sollecitazioni a cui è sottoposto un albero sono tante ma le principali sono:
– la compressione, dovuta al peso dell’albero stesso, della sua struttura e dalla tensione data alle sartie quando la barca è in porto. In navigazione agiscono in compressione anche il peso delle vele e la tensione delle drizze che le sostengono. Se la barca è sbandata influenza anche la sovratensione della sartia sopravvento;
– la flessione, che dipende ovviamente dal materiale dell’albero; l’alluminio è più “morbido” e il carbonio più rigido. Le altre cause principali che flettono l’albero sono il peso dell’armo e una serie di spinte causate dal boma, dal tangone, dalle crocette e dalle stecche della randa;
– la torsione, spesso sottovalutata, che dipende dalla spinta del tangone quando si naviga con lo spinnaker e dal boma.

3. Che forma può avere?
Anche in questo caso, la scelta viene effettuata di concerto tra il progettista e l’alberaio. Il primo condiziona la forma, o meglio la sezione dell’albero in base al piano velico da lui pensato e alla posizione della sua sede. L’alberaio, invece, condiziona la sezione in base ai materiali scelti e all’ossatura che viene realizzata. Infine, entra in gioco anche il tipo di barca, se da crociera, da regata, oceanica ecc. Per fare degli esempi pratici pensate alle barche puramente da crociera realizzate in serie. La sezione dei loro alberi di norma è costante per tutta la lunghezza del palo. Per le barche un po’ più “racer” la testa, di norma dall’ultima crocetta in poi, viene rastremata diminuendone la sezione e, di conseguenza, anche il peso. La forma della sezione varia da circolare a ellittica, ma non esiste una regola che stabilisce se una sia meglio dell’altra. La forma ellittica, oggi molto diffusa, ha una maggior sezione sull’asse prua-poppa in modo da sopportare meglio gli sforzi che altrimenti sarebbero sostenuti solamente da strallo di prua e paterazzo o volanti. Trasversalmente, invece, la sezione è più sottile data la presenza di sartie e crocette.

4. Quali sono le manovre fisse?
Sono tutte quelle che servono a sostenere l’albero, quindi sartie, paterazzo, stralli e volanti. Si differenziano dalle manovre correnti che invece sono le manovre che scorrono attraverso bozzelli e servono per regolare le vele.

5. Cosa vuol dire che un albero è frazionato?
Significa che l’attacco dello strallo di prua non è in testa d’albero, ma leggermente più in basso. Il rapporto tra la distanza dell’attacco dello strallo e la testa d’albero, in rapporto alla sua lunghezza totale, definisce il tipo di armamento frazionato che può essere a 3/4, 7/8 , 9/10 ecc.

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La sicurezza secondo monsieur Le Cardinal – Seconda Puntata

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hugues-le-cardinalHugues Le Cardinal si sta preparando alla Transquadra 2017-18, la regata in solitario “per dilettanti” (i concorrenti si ritroveranno sulla linea di partena di Lorient nel luglio del prossimo anno per arrivare in Martinica), a bordo di un JPK 9.60, “Mascarade”. Pubblichiamo qui la prima parte di una guida alla sicurezza che proprio l’esperto Hugues, da buon ingegnere aeronautico qual è, ha realizzato appositamente per noi e nella quale compie uno studio accurato dei rischi e delle misure di sicurezza da adottare se si naviga in solitario o in equipaggio ridotto. Facciamone tesoro! QUI IL LINK ALLA PRIMA PUNTATA

LA SICUREZZA SECONDO HUGUES LE CARDINAL
Navigando in solitario, i rischi sono dietro l’angolo. Così li abbiamo studiati e immaginato le contromisure da prendere. I rischi identificati in questa seconda puntata derivano da problemi tecnici, problemi di salute e stanchezza.

WEB_RNLI_Crew_render_assistance_to_dismasted_yacht_RNLI_Rob_Scott-630x4721- Problema tecnico

Il rischio
Esiste sempre il rischio di un problema tecnico soprattutto se si naviga con una barca usata.

Risposta
Struttura
La struttura della barca è stata verificata dal cantiere.

Albero e sartie
Ho installato un albero nuovo e delle sartie nuove.

Collisione con un oggetto
La velocità delle nostre barche fa sì che la probabilità di subire un grosso danno allo scafo dopo uno scontro con un oggetto in mare sia molto bassa. Nonostante quello, c’è un crash-box sulla mia barca, ovvero una piccola porzione sulla parte inferiore del dritto di prua che è “sacrificale”: se si danneggia, c’è una seconda paratia che permette di non affondare. A bordo, c’è tutta l’attrezzatura di sicurezza: zattera, segnalatore di emergenza (EPIRB), segnalatore personale (PLB) attaccato al giubbotto di sicurezza. La TRANSQUADRA prevede 100 barche con velocità simili tra loro: i primi soccorritori saranno gli altri partecipanti, in caso di seria necessità.

Problema alla pala di timone
Prendo una pala di scorta con un sistema di fissaggio semplice.

mal-di-mare2- Problema di salute

Il rischio
Sarà banale a dirsi, ma in mezzo all’oceano, il navigatore solitario è lontano da pronto soccorsi e ospedali.

Risposta
Prevenzione
E’ ovvio che uno debba partire in buona salute. Abbiamo a bordo delle medicine adatte a noi ed ai problemi potenziali. Questa serie di farmaci deve essere ben conosciuta dallo skipper. D’altra pare, lo stage di sicurezza ISAF è obbligatorio.

Visita medica a distanza
Esiste un centro medico a Tolosa aperto 24 ore su 24 consultabile via telefono satellitare. A bordo, ho un foglio per scrivere i sintomi e il numero del centro registrato sul satellitare.

Medici in regata
Alla Transquadra partecipano tanti liberi professionisti. In genere, c’è più di un medico tra gli equipaggi. Ovviamente questa è una considerazione, non dobbiamo farci affidamento.

5d0e3193907e29c775e881b41f5b03e93- Stanchezza dovuto a dei problemi tecnici o dello stress

Il rischio
Se uno ha dei problemi tecnici, rompe il suo ritmo e perde tanta energia in concentrazione per risolvere il problema. Lo stress inoltre stanca molto.

Risposta
La maturità dell navigatore solitario
Per navigare in solitario, bisogna avere una bella esperienza. Oggi, navigo in tutta serenità. Rifletto prima di fare una manovra, valuto la sua reale utilità e la su difficoltà. Se sono stanco, sono capace di aspettare prima di fare la manovra. Il mio obiettivo è di navigare al meglio in sicurezza.

Le buone vele
Non servono vele che non sono capace di utilizzare. Devono essere nuove o in ottimo stato, adatte alla barca e al mio modo di navigare.

Un uso consapevole della barca
Devo sapere che vela uso secondo il tempo (vento + onde). Per il lasco uso una ritenuta del boma e un genoa belga (genoa in fettuccia che impedisce allo spinnaker di arrotolarsi attorno allo strallo). Sopra i 27 nodi, non navigo più con lo spinnaker.

Un co-skipper : il pilota automatico
In realtà, si parte con due piloti indipendenti installati a bordo. Per il primo, ho 2 postazioni di comando e 2 telecomandi remoti. Qualora non funzionasse, utilizzerò il secondo pilota. Per la performance, uno deve conoscere bene il proprio pilota automatico.

Conclusioni
I rischi esistono. Però in sette edizioni della Transquadra, è morto solo un navigatore solitario. Era un uomo “di montagna” con poco esperienza. Noi facciamo di tutto affinché suddetti rischi siano limitati al minimo. Dopo 4 traversate dell’oceano, 2 Courses des îles, 2 Roma per Uno e qualche settimana di navigazione in solitario, ho acquisito un’esperienza che mi permette di essere pronto per questa bellissima sfida: la traversata dell’Atlantico in solitario in regata.

Hugues Le Cardinal

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VIDEOINTERVISTA a Francesco Ferraro e Francesco Orlando, premio TAG Heuer Young 2016

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Al TAG Heuer VELAFestival quest’anno è stato assegnato un nuovo premio, nell’ambito della Serata dei Campioni. Si tratta del TAG Heuer Young
, riservato agli atleti che si siano particolarmente distinti a livello giovanile. Lo hanno vinto i votatissimi Edoardo Ferraro e Francesco Orlando, in forza allo Yacht Club Sanremo. I due hanno vinto nel 2015 il titolo iridato Under 17 al Campionato Mondiale di Castle Bay Karatsu, in Giappone. Questa è la videointervista che abbiamo realizzato con loro a Santa Margherita Ligure, a margine della premiazione del Velista dell’Anno.

GUARDA LA VIDEOINTERVISTA A FERRARO-ORLANDO

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FOTOGALLERY – Il nuovo Solaris 47 è in acqua! Vi piace?

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47 004Finalmente ecco le prime foto in navigazione del nuovo Solaris 47, presentato in anteprima mondiale al boot di Düsseldorf 2016. Il Solaris 47 è l’evoluzione di Solaris 50: questo è il primo e attualmente unico modello di questa dimensione che offre tutti gli accorgimenti e le innovazioni finalizzate a un vero utilizzo dell’imbarcazione dalle alte prestazioni anche con equipaggio ridotto.

GUARDA LE FOTO IN NAVIGAZIONE

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47 003COPERTA
La rotaia autovirante recessata sottocoperta, i soli quattro winch in zona timoniere dai quali è possibile gestire tutte le manovre, la completa separazione tra zona ospiti e zona manovre del pozzetto, il vano zattera dedicato con facile accesso, la cala vele stagna di dimensioni importanti definiscono le principali caratteristiche essenziali di questo nuovo purosangue di casa Solaris.
Inoltre, e in particolare, Solaris 47 dispone del garage per il tender: sotto al pozzetto, con spazio adeguato per lo stivaggio del battello e del fuoribordo, chiuso da un comodo portello di facile manovra.

47 001ESTERNI
Le forme dello scafo sono un affinamento delle linee d’acqua già ampiamente sperimentate in mare con successo sul Solaris 50 e confermano la qualità delle linee d’acqua disegnate da Javier Soto Acebal. La distribuzione dei pesi e dei volumi immersi definiscono una carena dalle alte prestazioni anche in condizioni di mare avverso, con coefficienti di stabilità alti per poter tenere a riva molta vela anche con vento teso. Tutte le soluzioni progettuali e costruttive adottate rispondono ai severi standard dei maxi yacht oceanici, dove la complessità di costruzione e lo studio degli impianti richiedono competenza ed esperienze specifiche.

47 002COSTRUZIONE
Tutti i madieri e i longheroni del fondo e del fianco della barca sono stratificati a scafo senza l’utilizzo di controstampi incollati con stucco e silicone. Tutti i mobili vengono incollati allo scafo con fazzolettature in vetroresina. Le lande non sono in acciaio ma in materiale composito costituite da 40 strati di tessuti di vetro e carbonio unidirezionali. La continuità strutturale monolitica così ottenuta grazie all’utilizzo della sola vetroresina, elimina alla radice le deformazioni provocate dal vento sul piano velico, dal mare sullo scafo e dal carico di raddrizzamento del bulbo, eliminando scricchiolii, porte che faticano a chiudersi in navigazione e crepe che si formano nel tempo, rendendo la barca immune da deformazioni e torsioni in qualsiasi condizione di mare e di vento. Il risultato di questa solidità strutturale monolitica è ottenuto attraverso l’impiego di un solo materiale, la vetroresina, senza stucco e silicone, e senza controstampi per l’assemblaggio dei cinque punti chiave della barca: paratia maestra; lande; madieri e longheroni; base albero; attacco chiglia

dinette_3INTERNI
Gli interni di Solaris 47 con layout a tre cabine e due bagni sono stati attentamente studiati su modello in scala 1:1 per avere un riscontro in dimensione reale su taglio degli spazi ed ergonomia degli ambienti disegnati in 3D. L’impostazione è classica con cucina a L a sinistra e cabina armatoriale a prua. La cura artigianale nella scelta delle essenze e l’assemblaggio in cantiere di tutte le componenti garantiscono uno standard qualitativo insuperabile.

SCHEDA TECNICA
Lunghezza f.t. 14,35 m
Lunghezza al galleggiamento 13,40 m
Larghezza 4,36 m
Immersione 2,75 m (2,45 m optional)
Dislocamento 12.600 Kg
Zavorra 4.320 Kg
Superficie velica totale 129 m2
Randa 70 m2
Fiocco 59 m2
I 19,60 m
P 19,05 m
E 6,50 m
J 5,475 m
Motorizzazione Volvo Penta D2 55 S/SR (75 CV optional)
Riserva acqua 440 l
Riserva combustibile 280 l
Certificazione CE A
Design e architettura navale Javier Soto Acebal
Design interno Solaris Design Team
Calcoli strutturali Solaris Design Team

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Il più grande navigatore di tutti i tempi? Per gli americani è… Shackleton!

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shackletonQualche giorno fa una rivista statunitense ha chiesto ai suoi lettori chi fosse, secondo loro, il più grande navigatore di tutti i tempi. Forse vi aspettereste nomi del calibro di Joshua Slocum, Tabarly o al limite, se siete nostalgici, Cristoforo Colombo. E invece no. Per gli americani, il più grande è un esploratore, che si è rivelato, nel momento di vera difficoltà, anche un eccellente navigatore. Stiamo parlando di Ernest Shackleton. Tre volte, invano, ha sfidato il Polo Sud. La sua nave è stata stritolata dai ghiacci. Lui non si è mai arreso: navigando per ottocento miglia su una scialuppa di sette metri in Antartide, ha salvato tutti i 27 membri del suo equipaggio. Scopriamo chi è il più grande esploratore di tutti i tempi

SCOPRIAMO CHI E’ IL PIU’ GRANDE ESPLORATORE DI TUTTI I TEMPI
“Datemi Scott a capo di una spedizione scientifica, Amundsen per un raid rapido ed efficace, ma se siete nelle avversità e non intravedete via d’uscita inginocchiatevi e pregate Dio che vi mandi Shackleton”
. A pronunciare queste parole fu Raymond Priestley, geologo, geografo ed esploratore britannico, anche presidente della Royal Geographical Society. Esagerato? Per niente. Ernest Shackleton è, ancora oggi, l’emblema dell’uomo capace di portare a termine l’impossibile.

endurance-stuck-in-the-iceDALLA CAMPAGNA IRLANDESE AL PACIFICO
Nato nel 1874 a Kilkea House, in Irlanda, Ernest Henry Shackleton a sedici anni si arruola su una nave della marina mercantile britannica, fuggendo dagli studi medici ai quali lo aveva indirizzato il padre. Dieci anni di viaggi tra l’Oceano Pacifico e l’Indiano fanno maturare in lui la convinzione che la marina mercantile non sia adeguata a soddisfare le sue ambizioni. La voglia di raggiungere fama e ricchezza lo spingono quindi a intraprendere la carriera di esploratore e per iniziare si aggrega alla spedizione antartica organizzata dalla Royal Geographical Society e guidata da Robert Falcon Scott, un altro mostro sacro dell’esplorazione dei poli.

Shackleton_nimrod_53MEGLIO UN ASINO VIVO CHE UN LEONE MORTO
L’obiettivo della spedizione è quello di raggiungere per primi il Polo Sud. Scott e Shackleton arrivano a circa 480 miglia dal Polo Sud prima di doversi arrendere. Si crea, tra i due, una frattura, secondo alcuni causata dalla sempre crescente popolarità di Ernest tra i membri della spedizione, e alla base della decisione di Scott di rimandare il collega in Inghilterra adducendo cause di salute. Passano quattro anni prima che Shackleton possa tornare al Polo Sud, questa volta a capo di una sua spedizione. A bordo del tre alberi Nimrod e grazie all’aiuto finanziario del governo australiano e e di quello neozelandese, nella primavera del 1907 raggiunge l’Isola di Ross, dove allestisce il campo base (ancora oggi visibile). Ufficialmente la spedizione si trova lì per analizzare la mineralogia dell’Antartide, ma il vero motivo è sempre lo stesso: arrivare per primi al Polo Sud. Shackleton si sente forte e preparato, grazie soprattutto all’esperienza acquisita nella spedizione precedente. Ma i preparativi si rivelano ancora una volta insufficienti. I membri della spedizione erano marinai e non esperti sciatori. La decisione di utilizzare i pony della manciuria è controproducente, tanto che devono essere progressivamente abbattuti. Nonostante tutto questo, i membri della spedizione riescono ad arrivare a soli 180 chilometri dal polo sud. Qui, Shackleton dimostra un grande spirito critico e una notevole capacità di valutare la situazione: anche se il traguardo è ormai a un passo, si rende conto che, avanzando ancora, il ritorno sarebbe impossibile. Decide di quindi di fare rientro al campo base. A chi gli ha chiesto il perché di quella decisione, ha sempre risposto: “Meglio un asino vivo che un leone morto”.

enduranceL’EPOPEA DELL’ENDURANCE
Per tre anni comunque Shackleton detiene il primato di avvicinamento al Polo Sud, che gli viene strappato quando prima Roald Amundsen e poi Scott lo raggiungono. Rimane un’unica conquista di prestigio: la traversata del continente antartico. è il 1° agosto 1914, alla vigilia dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, quando la tre alberi Endurance parte con a bordo ventotto uomini. Varata in Norvegia dai cantieri navali Framnaes Schipyard, si tratta di un veliero lungo 44 metri, dotato anche di un motore a singola elica sviluppante una potenza di circa 350 cavalli, che le consente una velocità media di 10 nodi, progettato espressamente per le esplorazioni artiche.

enduranceiceMa le condizioni della banchisa sono proibitive e particolarmente estese: il 19 gennaio l’Endurance rimane incastrata nel pack. “La nostra posizione al mattino del 19 era lat. 76°34’S, long. 31°30’O. Il tempo era buono, ma era impossibile avanzare. Durante la notte il ghiaccio aveva circondato la nave e dal ponte non era possibile vedere mare libero”, scrive Shackleton nel suo diario di bordo. Gli uomini trascorrono il lungo inverno australe a bordo della nave, ma il 27 ottobre l’Endurance viene abbandonata e un mese dopo è completamente distrutta dalla pressione del ghiaccio. Shackleton trasferisce l’equipaggio sulla banchisa in un accampamento d’emergenza chiamato “Ocean Camp” dove rimangono fino al 29 dicembre, quando si spostano, trasportando al traino tre scialuppe di salvataggio, su un lastrone di banchisa che chiamano “Patience (pazienza, in inglese) Camp”. Mai nome fu più azzeccato.

endurance-entering-iceA PIEDI TRA I GHIACCI
L’equipaggio è costretto ad attendere mesi prima di potersi muovere di nuovo. Nell’aprile 1916 gli uomini, notato che il ghiaccio inizia a frantumarsi, salgono a bordo delle scialuppe. Shackleton ha già in mente dove dirigere il gruppo. La destinazione migliore sarebbe l’Isola Desolation, circa 160 miglia a ovest. Le altre possibili destinazioni sono due isole più vicine, Elephant e Clarence. Una volta salpati, i membri dell’equipaggio si ritrovano costantemente bagnati e impossibilitati ad accendere il fuoco per scaldarsi o per sciogliere il ghiaccio (fondamentale per dissetarsi). Shackleton capisce di non avere altra scelta, deve raggiungere al più presto la terraferma: dopo sette giorni di navigazione tutte e tre le scialuppe arrivano all’isola Elephant, la cui superficie è quasi completamente ricoperta di neve e ghiaccio e battuta senza sosta da forti venti. Se già di per sé la capacità di Shackleton di mantenere in vita l’equipaggio fino a questo momento è stata notevole, è proprio ora che la spedizione entra nel mito.

Shackleton-Photo-19OTTOCENTO MIGLIA SU UNA SCIALUPPA DI SETTE METRI
Shackleton capisce infatti che è fondamentale ripartire in fretta, destinazione la Georgia del Sud, base di una flotta di baleniere. Una decisione che a prima vista appare folle: si tratta di affrontare più di 800 miglia in uno degli oceani più pericolosi del mondo a bordo della James Caird, una delle scialuppe lunghe sette metri salvate dalla distruzione dell’Endurance. Per preparare la barca viene rialzato il bordo libero, rinforzata la chiglia e costruito uno ponte improvvisato in legno e tessuto intriso d’olio e sangue di foca per renderlo impermeabile. Per stabilire la rotta, l’equipaggio ha a disposizione solo un cronometro e un sestante. Date le scarse speranze di successo, Shackleton decide di caricare viveri per solo quattro settimane: se non avrà raggiunto la destinazione entro quel lasso di tempo, probabilmente significherà che sono affondati e, peggio, persi nei mari australi.

Shackleton_nimrod_66 uomini
TUTTI IN SALVO!

E’ il 24 aprile 1916 quando Shackleton e i cinque uomini di equipaggio da lui scelti, lasciano l’isola Elephant. Affrontando onde gigantesche e raffiche di vento valutate intorno ai 100 km/h, dopo quindici giorni di navigazione giungono in vista della Georgia del Sud. Una tempesta li costringe a lottare nove ore per potersi avvicinare a terra ma, finalmente, il 10 maggio sbarcano. Le stazioni baleniere si trovano però sul versante opposto dell’isola. Di circumnavigarla non se ne parla, a causa dei venti dominanti e della costa rocciosa e piena di insidie. Anche l’entroterra non scherza però: l’area non è mai stata esplorata ed è composta da montagne ghiacciate. Shackleton, insieme a due membri dell’equipaggio, trasforma le scarpe in ramponi infilando dei chiodi nelle suole e senza altro equipaggiamento percorre, in sole 36 ore, gli oltre trenta chilometri che separano il loro punto di atterraggio dalla base di Stromness. Qui viene accolto dagli increduli balenieri, che forse pensano di avere davanti a loro dei fantasmi… Organizzare i soccorsi per i ventidue uomini di equipaggio rimasti sull’Isola di Elephant non è per niente facile: il Regno Unito è impegnato nella Prima Guerra Mondiale e Shackleton capisce che non arriverà alcun aiuto dalla patria. Cerca dunque un appoggio in Sud America. Il 30 agosto, quattro mesi dopo la partenza dall’Isola di Elephant, l’esploratore irlandese riesce a raggiungere tutti i ventidue naufraghi a bordo di una nave militare cilena.

shackletonSHACKLETON TORNA A CASA
A portare di diritto Shackleton nell’Olimpo degli esploratori non è solo l’incredibile traversata a vela sulla James Caird, ma il fatto che, nonostante le incredibili traversie, non perde nessun membro della spedizione. Non pago delle sue esperienze, Shackleton salpa per l’Antartide, ancora una volta, nel 1921 a bordo della nave Quest. Ormai è un mito e il giorno della partenza da Londra viene salutato da una folla festante. Ma nel porto di Grytvyken, nella Georgia del Sud (chiamatelo destino), ha un attacco cardiaco e muore. Mentre il suo corpo era in viaggio per l’Inghilterra, la moglie dà disposizioni affinché venga sepolto proprio nel cimitero di Grytvyken. La sua vera casa.

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Cinque compagni di barca… da evitare assolutamente in crociera

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Quest’estate avete intenzione di lanciarvi in una crociera in barca a vela? Prima di ogni dettaglio tecnico (tipo di imbarcazione, attrezzatura, etc) dovrete valutare attentamente l’equipaggio
. Ovvero, i vostri compagni di avventura. Fate attenzione, perché un gruppo eterogeneo e affiatato vi garantirà una vacanza indimenticabile, viceversa finirà a botte o, proprio come nella foto sopra, a uomo in mare. Ci siamo divertiti a stilare una lista di cinque tipologie di compagni di barca da evitare assolutamente se volete passare una crociera tranquilla.

Filini1. L’ORGANIZZATORE
Solitamente è un manager, ingegnere o ragioniere. Prima di salpare ha già organizzato un vero e proprio calendario di tutte le attività, sa perfettamente cosa si farà, quando e dove. Assegna i ruoli a ogni membro dell’equipaggio, sulla base di presunte (da lui) predisposizioni. Potrebbe mettere vostro figlio di nove anni in cucina e vostra moglie incinta all’albero, se lo ritiene opportuno. Prende in considerazione gli imprevisti (dalla rottura della stecca inferiore della randa al rubinetto del bagno di prua che gocciola) e predispone già le alternative, portandosi dietro una cassetta degli attrezzi da far invidia a Leroy Merlin. Un ragionier Filini della navigazione. Un po’ di organizzazione ci vuole, ma l’inaspettato fa parte della vela, per diamine!

ELD_00722. L’INFORMATICO
Questo genere di nerd della navigazione, se non tenuto a bada, trasformerà la vostra barca in una Sylicon Valley galleggiante: poiché “senza wifi a bordo oggi non si vive” (a detta sua), cablerà l’incablabile e il vostro quadrato assomiglierà più alla sede Apple di Cupertino. In teoria, grazie a lui potrete visualizzare sul vostro smartphone dati di navigazione con l’interfaccia NMEA, stato dei motori, gestire la rotta e persino costringere il rollafiocco a farvi il caffè. In teoria, perché puntualmente, una volta salpati, la geniale rete wireless creata dall’informatico imploderà perché non si dispone di sufficiente energia per alimentarla. Il nostro passerà così l’intera crociera a smoccolare cablando, ricablando e spegnendo e accendendo gli strumenti.

disney-graphics-gus-goose-7438353. IL PIGRO
Il pigro in realtà non è così pigro. Spende più energie a fare finta di essere impegnato che a esserlo veramente. Quando state per ormeggiare e vi serve un uomo che prenda la trappa o scenda a terra a lanciarvi le cime, il pigro scenderà in bagno vittima di una finta colica, se vi serve una mano per dare i terzaroli sarà sottocoperta a smanopolare sul tavolo da carteggio. E’ inoltre uno strenuo seguace del “Già che sei lì”. Se qualcuno riemerge da sottocoperta, il pigro lo spedirà nuovamente sotto con frasi-tipo quali: “Già che sei lì, mi passi l’acqua?” o “Già che sei lì, potresti prendermi la crema da sole?”. Se lo rimproverate, farà l’offeso, quindi l’unica tecnica è chiedergli di fare un lavoro diverso da quello che in realtà vi servirebbe. Se dovete mettere a posto le cime in pozzetto, chiedetegli di scendere sottocoperta a prendervi la cerata: “Eh mi dispiace, ora devo riordinare le cime in pozzetto”.

EH_270213_helm4. IL COUTTS DE NOANTRI
Lo beccate subito, il Russell Coutts de Noantri. Si presenta il giorno della partenza per una crociera di tre settimane con una microborsa ipertecnica, pantaloni attillati in lycra e scarpette da derivista olimpico. Immancabili gli occhiali ultima moda da Coppa America e lo spray-top ultratraspirante. Sale a bordo con un gesto atletico (rifiuta per principio le passerelle, pesano troppo), si piazza al timone e comincia a dare ordini per avere una barca e un equipaggio performanti perché, secondo lui, “anche in crociera bisogna saper andare veloci per risparmiare tempo”. Una volta tirate su le vele, “bacchetta” il vostro amico elettricista che è alla sua prima esperienza in barca perché la balumina della randa, in cima, rifiuta troppo, costringe vostra moglie a sdraiarsi in coperta per agevolare il profilo idrodinamico dell’imbarcazione. Vi lancia occhiatacce minatorie se vi rilassate un attimo. Quando incontra un’altra barca sulla sua rotta, diventa una belva, considerandosi ingaggiato anche a 15 miglia di distanza. Di solito viene scaricato al primo scalo o, nel peggiore dei casi, viene abbandonato in mezzo al mare sulla zattera di salvataggio.

Fisherman-fishing-clip-art-of-the-worker-illpop-clipart5. IL PESCATORE
Pericolosissimo, si presenta in barca munito di sedici diversi tipi di canna da pesca, seggiolino per il big game d’altura e una volta fuori dal porto vi costringerà a mantenere un’andatura a motore di 2-3 nodi nonostante ci sia un bel vento al lasco perché “il rumore del motore attira tonni e lampughe” e “a basse velocità il rapalà, ho letto (ma dove??!!), è più efficace”. Morale della favola: impiegherete 12 ore per percorrere il tratto da Genova a Portofino. Senza, ovviamente, prendere un pesce. E sarà pure colpa vostra, perché “non avete seguito alla perfezione la rotta che ti avevo detto e non hai fatto dietrofront quando ho visto saltare quel branco di acciughe a 2 miglia di distanza”. (E.R.)

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VIDEOINTERVISTA ad Ambrogio Beccaria Balduzzi, premio TAG Heuer #don’tcrackunderpressure

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TAG Heuer Velafestival
Bellissima la storia di mare di Ambrogio Beccaria Balduzzi
(vincitore al VELAFestival del premio TAG Heuer #don’tcrackunderpressure), conclusa con la vittoria del Campionato Italiano Mini 6.50 Serie. Ambrogio voleva l’oceano a tutti i costi, ha trovato una barca semidistrutta in Portogallo, se le è andata a recuperare da solo con un viaggio da romanzo e poi ha passato mesi e mesi a sudare per rimetterla a posto in un capannone della Spezia. Ci è riuscito alla grande. E “Alla Grande – Ambeco” è proprio il nome della sua barca, con la quale si appresta a partecipare alla Mini Transat del 2017. Ecco la videointervista che abbiamo realizzato con lui al VELAFestival.

GUARDA L’INTERVISTA AD AMBROGIO BECCARIA BALDUZZI

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Felci conquista il Brasile con un monotipo performante

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Felci 315 è il nuovo one-design prodotto da Felci Yachts in Brasile. Nasce grazie alla richiesta di Raimundo Nascimento, armatore lungimirante desideroso di esportare il made in Italy all’estero e di lanciare nuove imbarcazioni sul mercato brasiliano, realtà emergente nel mondo del diporto.

PERFORMANCE PRIMA DI TUTTO…
Si tratta di un’imbarcazione leggera e veloce, costruita in sandwich di fibra di vetro ed epoxy e rinforzi in carbonio, albero e boma in alluminio.
E’ una barca performante grazie ad una carena filante e al bulbo a “T” ad alto allungamento; nasce sia per disputare regate in ORC e IRC, ma anche per brevi crociere. L’attrezzatura di coperta infatti è studiata per una agevole conduzione in regata, ma anche per la gestione con un equipaggio ridotto.

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… MA NON SOLO
L’interno è open space, funzionale e spazioso; l’arredo è realizzato in composito da controstampi e arricchito da un raffinato lavoro di falegnameria. Completa di quattro cuccette, angolo cucina, bagno e carteggio, permette di fare piacevoli e comode navigazioni. Presentata ad aprile al Boat Show di Rio de Janeiro, al momento l’imbarcazione è disponibile esclusivamente sul mercato brasiliano, ma non è escluso che visto il buon successo che sta riscuotendo la si possa vedere anche nelle nostre acquewww.felciyachts.com

SCHEDA TECNICA
Lunghezza fuori tutto 9.50 m
Lunghezza al galleggiamento 8.52 m
Baglio max. 3.25 m
Dislocamento 3.000 kg
Pescaggio 2.00 m
Sup. randa 34 mq
Sup. fiocco 25 mq
Sup. gennaker 94 mq
Progetto Felci Yachts
Costruzione Delta Yachts

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Che mi frega della balena, io ho lo smartphone!

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