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“In queste situazioni, un coach rischia soltanto di fare danni se fa una mossa sbagliata, rompendo delicati equilibri. Per fortuna è andato tutto bene”. Concreto e modesto Simone Gesi, che ha accompagnato e seguito il team azzurro al Campionato Europeo Team Racing di Optimist sul Lago di Ledro. Dove la squadra, che era composta da Sophie Fontanesi (Tognazzi Marine Village), Claudia Quaranta (CV Bari), il campione europeo in carica Alex De Murtas (FV Riva) e Lorenzo Pezzilli (CV Ravennate, bronzo all’ultimo Europeo individuale), si è aggiudicata il titolo battendo in una finale combattuta il team svedese.
“Sai di avere per le mani dei giovani velisti fortissimi, e proprio come l’allenatore della nazionale di calcio il tuo lavoro non consiste nell’insegnare granché (in quattro giorni, il tempo del campionato), ma nel ‘far funzionare la macchina’. Il grosso del lavoro, a monte e per anni, lo hanno fatto gli allenatori di circolo dei ragazzi: in questo caso Beppe Palumbo (CV Bari), Mauro Berteotti (FV Riva), Spyke Maioli (CV Ravennate) e Simone Ricci (Tognazzi Marine Village), con la rifinitura importante e capillare di Marcello Meringolo (tecnico dell’Associazione Classe Optimist e Michele Ricci (giudice di regata internazionale presente tra l’altro nello staff umpires dell’evento di Ledro)”.
La fa facile Gesi, toscano, istruttore di vela da una vita e velista solitario con due Mini Transat alle spalle. Ma noi abbiamo scavato un po’ di più per “estorcergli” i segreti per costruire e gestire un team vincente di giovani. Così, utilizzando come case history la vittoria dell’Europeo, ne è venuta fuori questa “lista di ingredienti”.
1. METTETE I RAGAZZI NELLE CONDIZIONI GIUSTE
“La cosa più importante, quando si tratta di gestire squadre di ragazzi che non hai avuto modo di crescere, è porli nelle condizioni affinché possano esprimere il meglio. Mai metterli sotto pressione più di tanto, né agitarli: ho cercato piuttosto di entrare in confidenza con loro. Oltre ai raduni durante l’anno abbiamo fatto un raduno specifico proprio a Ledro con altre squadre forti italiane per testare un po’ tutto.
In più, ad esempio, io lo scorso mese sono andato a trovare i ragazzi che avrei portato a Ledro al Campionato Italiano a Squadre di Follonica, a casa mia: con me c’era anche mio figlio minore, anche lui giovane velista agli inizi, l’ho presentato agli atleti e siamo scesi in acqua a vederli regatare. A mio figlio ha fatto piacere, a me faceva piacere, lo abbiamo dimostrato con sorrisi da bambini, sinceri; ho cercato empatia anche in questo modo semplice”.
2. L’IMPORTANZA DELLA LOGISTICA
“Per evitare di stressare gli atleti, che dovranno vivere necessariamente una situazione di tensione (agonistica, sia chiaro), bisogna pensare alla logistica: l’albergo deve essere tranquillo (possibilmente vicino al circolo), il cibo sano e soddisfacente. In squadra c’era un ragazzo celiaco, non abbiamo avuto difficoltà a venire incontro alle sue esigenze anche a cena e nel pranzo in acqua. Davanti all’albergo c’era un supermercato fornito, dove comprare gli alimenti per i pranzi al sacco in acqua: comodissimo, abbiamo potuto fare tutto con calma. L’albergo ci è stato dato dall’organizzazione ed è la seconda volta che porta fortuna alla nazionale”.
3. PREPARATELI AL MEGLIO SOTTO OGNI PUNTO DI VISTA
“Nelle regate a squadre il regolamento assume fondamentale rilevanza, spesso una penalità può far vincere o perdere un team. Per questo è cruciale, prima di qualsiasi evento, avviare una ‘clinic’ con un giudice di regata. Noi lo abbiamo fatto il mese prima dell’europeo (e anche in altri raduni durante l’anno) come programmato da Marcello Meringolo e grazie alla disponibilità dell’umpire Michele Ricci, con cui abbiamo potuto capire quando e in che manovre è più facile prendere le penalità. Inoltre, l’allenamento era proprio sul lago di Ledro, così i ragazzi hanno cominciato a prendere confidenza con il campo di regata. Come ‘sparring partners’, c’erano le migliori squadre italiane: anche questo confronto è stato fondamentale”.
4. NIENTE “SFURIATE”, TANTI BRIEFING
“Non ho imposto mai il mio punto di vista con la forza, ho ascoltato sempre i ragazzi. Ho tenuto presente che non avrei potuto insegnar loro granché, se non alcuni trucchetti, pilloline, accorgimenti dettati dall’esperienza. Gli atleti sono già formati, ho dovuto, come già detto, spingerli a dare il massimo, motivandoli e tuttalpiù lavorando sull’esperienza diretta, commentando gli errori commessi in regata nell’ambito di frequenti briefing, elogiandone le azioni (tante, direi), contribuendo così in arte al loro continuo apprendimento.
Ad esempio, abbiamo notato che prendevamo troppe penalità a seguito delle virate con rollio, quindi abbiamo dovuto ‘correggere il tiro’ e variare leggermente la tecnica di esecuzione per evitare di prendersi il ‘fischietto’ dai giudici per la regola 42. Oppure, durante la sfida con la Polonia, abbiamo visto che due avversari tendevano a camminare veloci con poco vento, quindi li abbiamo studiati e abbiamo fatto di tutto per ‘marcarli stretti’. A volte ci è riuscito, a volte no. E’ un po’ come quando devi marcare Cristiano Ronaldo: in teoria sai come devi fare, ma a volte… ti scappa”.
5. DOVRETE ESSERE LA LORO “CHIOCCIA”
“Ho messo i nostri giovani timonieri nelle migliori condizioni possibili di salute durante l’evento: per cui mi sono assicurato sempre che ognuno di loro avesse mangiato e si fosse idratato costantemente e nella pausa tra una regata e l’altra, ho ribadito di usufruire il più possibile dell’ombra, per evitare colpi di sole, di calore o disidratazione”.
6. UN PIZZICO DI FORTUNA
“Nel caso dell’Europeo siamo stati fortunati, perché tra i quattro ragazzi si è creata subito una forte empatia, in acqua e a terra (già collaudata all’europeo individuale in Olanda un mese prima). Questo ha permesso anche che non si creassero ‘capri espiatori’, la squadra è rimasta unita anche nei momenti di difficoltà. Quando, dopo il nostro 1-0 gli svedesi hanno pareggiato in finale (che si svolge su tre prove) per un nostro grossolano errore, i ragazzi stati bravissimi a dimenticarsene subito per vincere poi la regata successiva e andare a conquistare il titolo Europeo.
Posso dire che i ragazzi erano i favoriti, ma nello sport niente è scontato , sono stati anche i più bravi a sbagliare meno degli altri; non sempre vince il più forte. Stavolta hanno vinto i più forti! Bravi Alex, Claudia, Lorenzo e Sophie, è stato bello per me essere il loro coach per l’occasione, averli messi in condizione di esprimere il loro massimo…….e cantare con loro l’inno di Mameli in premiazione, sul gradino più alto del podio”.
E.R.
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