Si è chiusa sabato a Porto Cervo, in Sardegna, la Maxi Yacht Rolex Cup con un grande finale per la vela italiana, vittoriosa tra i Mini Maxi con il nuovo Vismara Mills 62 RC SuperNikka, lo scafo armato e timonato dall’imprenditore pisano Roberto Lacorte.
Armatore, velista regatante e crocierista, sponsor, organizzatore di regate, mecenate di giovani velisti. Roberto Lacorte, pisano di 46 anni, raduna in un’unica figura tutte queste specificità, apparentemente inconciliabili. E la fa con successo. Lacorte è l’armatore di SuperNikka una delle poche barche italiane costruite “su misura” nel 2015. Un 62 piedi, disegnato da uno dei progettisti del momento, Mark Mills, costruita dal cantiere Vismara, nata con l’ambizione, controcorrente, di essere ambivalente: barca vincente ad alto livello con cui andare anche in crociera con la famiglia. Sembra che ci sia riuscito. Alla prima uscita SuperNikka ha vinto la “151 miglia”, regata d’altura di grande successo, ora la recente vittoria in Sardegna.
La 151 miglia l’ha inventata e la organizza lo stesso Lacorte. Ma non è finita. La sponsorizza pure con il marchio Celadrin, una pomata prodotta dall’azienda farmaceutica Pharmanutra che dirige con il fratello. Lacorte è il personaggio giusto da intervistare. E infatti l’imprenditore/velista pisano ha tanto da raccontare, esprimendo giudizi, opinioni, consigli. Una voce autorevole, fuori dal coro.
Com’è nata la 151 miglia?
Estate 2009. Una giornata di bagni con la mia famiglia, a bordo della mia barca di allora, un Beneteau First 40. Ho detto a mia moglie Lulu: dobbiamo rientrare subito a Punta Ala. L’idea che mi frullava per la testa adesso mi era chiara. Pochi minuti dopo ero allo Yacht Club Punta Ala e chiedevo del presidente. Ero un perfetto sconosciuto, ma mi sono stati a sentire. Gli ho ribaltato sul tavolo il concetto di una nuova regata. Mi scambiano per pazzo furioso, ma erano incuriositi. Dopo un giro di telefonate per capire chi fossi, mi richiamano e dopo un inverno di lavoro, nel 2010 nasce la 151 Miglia.
Cosa gli avevi raccontato?
Sentivo che un armatore cercava qualcosa di diverso dalle solite regate. Le barche che noi usiamo sono barche nate per navigazioni d’altura. Invece le vedevo costrette a destreggiarsi tra le boe, forzate in un contesto che non era il loro. Le poche regate in crescita erano altre, quelle d’altura: la Giraglia – a cui mi sono ispirato – e la Middle Sea Race in Italia, la Sidney – Hobart in Australia, la Fastnet Race in Inghilterra, la RORC 600 ai Caraibi. Da noi mancava una regata con il fascino della lunga navigazione come la Giraglia, ma con qualcosa che non trovavo mai quando io stesso ci partecipavo: essere trattato come ospite. Quello che volevo fare con la “151 Miglia” era una regata tecnicamente valida, con un’organizzazione impeccabile che garantisse nei porti di partenza e arrivo un ormeggio certo ai partecipanti, assegnato nominalmente, come ce l’ha chi affitta un ormeggio per diporto. Ecco, questo è il limite della regata, riceviamo l’armatore senza che debba mettere la barca in un altro porto, come accade in altre regate. Ma è il nostro limite, oggi al massimo possiamo ospitare 180 barche, senza scontentare l’armatore.
Perché un’azienda farmaceutica sceglie la vela per promuoversi?
Perché sono un velista e quindi è un ambiente che conosco bene, so quali sono pregi e difetti dell’investimento in comunicazione. Certo, la vela è una nicchia. Altri sport hanno numeri impressionati rispetto a questo sport. Ma Pharmanutra non è una “Big Pharma” che pensa siano necessari solo grandi numeri. Abbiamo pensato che prendere una nicchia e farla diventare “tutta nostra” è già un gran risultato. Il prodotto che utilizziamo per la comunicazione della 151 miglia è il Celadrin, una pomata per distorsioni muscolari e articolari. Il nostro obiettivo è che diventi “il rimedio del velista”. Inoltre, la categoria dei velisti sono un ottimo testimonial, in grado di allargare il messaggio con autorevolezza anche a strati di pubblico più ampi.
La tua azienda sponsorizza altre attività nella vela?
Seguiamo dei ragazzi delle classi olimpiche, Francesco Marrai e Giorgio Poggi, nel loro cammino verso le Olimpiadi di Rio dell’anno prossimo. Questi ragazzi – li ho a bordo della mia barca – sono puri, freschi, agguerriti. Hanno in testa la medaglia d’oro e un atleta con questo obiettivo è un’arma nucleare, migliore espressione della passione sportiva. Stiamo anche cercando un club, una zona, una regata da supportare nell’attività giovanile, dove c’è l’espressione pura dello sport.
Da regatante cosa cambieresti nella vela d’altura?
Cercherei di fare ordine nei sistemi di stazza, se si parla di altura. è normale che in una regata da 150 barche ci siano due classifiche IRC e ORC. Stesse barche, stesso modello, stesso cantiere: una è in una classifica ORC e l’altra in IRC. Inconcepibile negli altri sport. Che senso ha avere due sistemi di compenso e due classifiche differenti, come se fossero due mondi diversi? Se un marziano atterrasse in Italia e vedesse questa situazione direbbe: “ma siete folli?”. E’ stupido e assurdo. Si parla di calo di partecipanti nelle regate dove, ad esempio, nei campionati invernali la situazione è devastante. Se ci fosse un’unificazione e semplificazione con un solo sistema di compenso, la ripresa del numero dei partecipanti sarebbe istantanea.
Cosa pensi della Federazione Italiana Vela?
Apprezzo tantissimo quello che sta facendo il presidente Carlo Croce. Nel mondo delle derive ci sto entrando ora, seguendo Poggi e Marrai. Il problema principale è che mancano i fondi. Non è la federazione ma è un problema a monte, del CONI. Questi ragazzi non hanno risorse commisurate ai loro sforzi.
Ma allora, gli italiani non riescono a primeggiare perché non sono bravi o il programma è sbagliato?
Noi abbiamo dei talenti capaci di portare via dalle Olimpiadi di Rio delle medaglie. Ma non ci sono risorse. I nostri ragazzi, come Marrai, sono dei talenti. Me lo dicono personaggi come Andrea Casale e Andrea Fornaro, con me nell’equipaggio della mia barca. A livello federale bisognerebbe fare un piccolo investimento di marketing per raccontare a imprenditori che amano la vela, e ce ne sono tanti, il mondo delle derive olimpiche. Ne rimarrebbero affascinati, come lo sono rimasto io. I soldi arriverebbero, sensibilizzati da bellissime storie sportive.
Cosa pensi delle regate oceaniche?
Le sto guardando con attenzione. Non ho mai fatto l’oceano e lo voglio fare, tra breve. L’eccellenza per me è la Volvo Ocean Race, ma è fuori dalla mia portata di armatore e sponsor. Ci vogliono budget troppo importanti. Guardo a regate che si “possono reggere ” e sognare di fare. Parlo di Sydney – Hobart o Fastnet Race. Ma sono regate dove l’atteggiamento è differente dal nostro, è quello “british”. Lì si esce in mare anche con una scarpa a vela, basta avere uno straccio da cazzare. Sono stato anni fa a Newport negli Stati Uniti, tempio della vela. Alle 3 del pomeriggio tutti uscivano con tutto, di qualsiasi età. E’ un atteggiamento che ho ritrovato anche alla Middle Sea Race a Malta, presidio “british” nel Mediterraneo. Alla Middle si intrecciano maxi yacht con il massimo della tecnologia miscelate a vecchie barche di ogni genere. Questo mi affascina tantissimo. Con SuperNikka vorrei trovare una regata che vada al di là dell’Atlantico e fare poi l’esperienza caraibica. Ma a breve l’obiettivo per SuperNikka è il Fastnet, che vorremmo fare nel 2017.
Dei solitari che giudizio hai?
Ne ho uno a bordo, Andrea Fornaro. Con Pharmanutra lo stiamo seguendo da due anni nel programma della Mini Transat, a cui parteciperà a breve. Andrea ha saputo diventare da atleta di derive, navigatore oceanico. Penso sarà un grosso vantaggio. Un profilo come il suo, in una regata oceanica in solitario, è nuovo. Non raggiunge il risultato partendo dal disprezzo della paura, ma si esprime partendo da una tecnica raffinata per arrivare all’oceano in solitario. Le regate come la Mini Transat stanno, sempre di più, affascinando il pubblico. Un esempio è Giovanni Soldini. Quando ha dato il meglio di se stesso, buttando anima e cuore in queste regate, si è portato con sè l’Italia. Secondo me tra poco Giovanni ritornerà. Personaggi come lui sono favolosi, trasmettono passione per la vela, il miglior manifesto per la sua diffusione.
Qual è il velista che ammiri di più?
Secondo me è difficile superare Torben Grael. Ha vinto il mondiale Star, conquistato la Volvo Ocean race, condotto Luna Rossa alla finale di Coppa America. E poi Rodney Pattison (inglese, due medaglie d’oro e una d’argento alle Olimpiadi, ndr) di cui ho un ricordo bellissimo. A 21 anni, studente di economia e commercio, arrotondavo i soldi che mi davano i miei collaborando con la veleria di Marco Savelli, un altro genio della vela. Per me Savelli è un personaggio fondamentale. E’ lui che mi ha fatto conoscere la “bella vela”. Marco mi fa: “C’è da andare a fare la prua al Solleone, lo Smeralda 888 di Ferragamo”. Parto e mi ritrovo a fare il prodiere di Rodney Pattison? Prima della partenza della regata mi tremavano le gambe. Rodney venne da me e mi disse semplicemente: “Stai tranquillo, fai quello che sai fare. Per il resto mi regolo io”. Tutto è stato semplice: chiamava le virate, vedeva il campo di regata. Pattison e Marco Savelli erano una miscela esplosiva. Stravincemmo.
Se avessi scelto di vivere di vela chi avresti voluto essere?
Sempre Torben Grael perchè è rimasto un puro. Non si è incasinato con compromessi che nulla hanno a che vedere con lo spirito sportivo. Come è accaduto con la Coppa America. Faccio un esempio chiaro, Russell Coutts (vincitore di un oro olimpico e di cinque edizione della Coppa America, ndr). Per me ha confuso la sua immagine sportiva con un format della Coppa America da lui voluta, per me devastante. Facciamo chiarezza. La Coppa America nasce come scontro tra magnati che si confrontavano con barche irraggiungibili come i J Class (monoscafi di 40 metri con 1.500 mq di velatura, ndr). Allora si potrebbe dire che lo scontro tra catamarani avveniristici (le barche attuali , ndr) con budget irragiungibili, è coerente con il passato? No, perchè allora c’era un regolamento chiaro mentre ora le regole sono opache e cambiano in continuazione. Il contributo allo sviluppo tecnologico c’è ma non viene più percepito, oscurato dal caos, con il risultato della disaffezione del pubblico. Gli sponsor scappano e i budget mostruosi vengono coperti da chi ha queste idee malsane (riferimento a Larry Ellison, boss di Oracle, detentore della Coppa America e organizzatore, ndr). La decisione di Bertelli di Prada di abbandonarla è comprensibile.
La barca mito qual è per te, di ieri e di oggi?
I miei miti di ieri erano i one tonner (classe degli anni ‘70/80 che correva in tempo reale, sui 12 metri di lunghezza). Ho regatato su Brava e su Andelstanken. Barche bellissime e con budget possibili. La mia barca mito di oggi…se parliamo di regate, i 72 piedi (classe che raduna nel mondo barche di 22 metri circa, ndr). Belle barche semplici e velocissime.
Va beh, parlami un po’ del tuo SuperNikka, il tuo nuovo 62 piedi.
Quando ho vinto la 151 Miglia, mi sono emozionato. Abbiamo scelto un progettista fantastico dal punto di vista umano e portatore di idee come Mark Mills e lo abbiamo vestito “tutto italiano”. Con Alessandro Vismara (il costruttore, ndr) così abbiamo dimostrato che si può fare una barca veloce, aggraziata, con belle forme e stile e rifiniture da barca…italiana. Mills è rimasto sorpreso, siamo riusciti a conciliare una barca da regata con una barca da crociera. Mia moglie la chiama “una barca con lo smoking”. Solo a varo avvenuto, fatta la stazza, verificato che il peso e bilanciamento erano quelli di progetto, Mills si è tranquillizzato. Nei test, poi, abbiamo verificato che SuperNikka va più forte di quello che era stimato sulla carta. Ha un comportamento in acqua che ce l’ha fatto paragonare ad un catamarano. La carena ci aveva detto Mills è fatta per navigare di bolina con un determinato angolo di sbandamento, se lo rispettate, vi sorprenderà. Ed è così. Quando raggiunge l’angolo ideale è come se esplodesse. Stringe il vento in modo incredibile con velocità impensabili. Un esempio, con 10/12 nodi di vento reale e angolo di 20° facciamo 9/ 9.2 nodi di velocità. E’ più impressionante fare queste velocità di bolina che fare 14/15 nodi al lasco. E poi, lasciamelo dire, l’ho vista in fotografia: è veramente bella! Perché le barche veloci sono sempre anche belle.
Parliamo di crociera. Qual è l’andatura e rotta che preferisci.
La rotta che mi fa sentire che arriva l’estate con la mia famiglia: andare al traverso da Punta Ala a Porto Azzurro o a Marina di Campo, all’Elba. Arrivati, fare dei bei bagni con i miei bimbi. Ah si, che bello!
La tua baia del cuore.
Quella di Barcaggio in Corsica. Per me il dito della Corsica nord, verso la Giraglia, è il posto più bello del Mediterraneo.
Il tuo porto favorito.
Punta Ala. Ci sto benissimo e al Club mi sento a casa.
Un altro porto o baia?
Cavallo nelle Bocche di Bonifacio. Sei in porto ma sembra di essere in rada. Un posto fantastico. Oppure in Grecia la rada a Capo Sunion. Sopra c’è un tempio quasi intatto. Grande suggestione.
Il tuo sogno nel cassetto?
Partecipare alla Sydney – Hobart con la mia barca.
Da navigatore?
Semplice, voglio attraversare l’oceano Atlantico arrivando alla Guadalupa.
I tuoi figli stanno crescendo, come gli trasmetti la passione?
Mi comporto come ha fatto mio padre. Gli faccio conoscere il mare, la vela. Poi, se questa cultura si tramuterà in passione e poi in voglia di regatare, io la supporterò. Ma non faccio nulla per spingerli all’agonismo. Loro sono nati in barca, quando ci vanno sono nel loro ambiente.
Il piatto preferito in barca?
Semplice: tonno, fagioli, cipolla come li fa mia moglie Luisa con un buon bianco freddo, Vermentino di Luni.
Che barca consigli a chi inizia?
Sicuramente una barca facile ma che non sia una roulotte a vela. Bisogna apprezzare la sensazione che la barca sia in sintonia con il vento, godere della velocità, divertirsi. Ci sono barche da crociera, a prezzi abbordabili, veloci, con belle forme, stabili. Come Beneteau, Elan. Per iniziare meglio una barca sui 30/35 piedi, non di più. Innanzitutto bisogna conoscere tutto della barca e farci ogni tipo di manovra. Altrimenti meglio comprarsi una pilotina.
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