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Nacra adesso basta! Che senso ha questo monopolio?

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Le classi olimpiche hanno un problema che si chiama Nacra 17. Il catamarano introdotto per Rio 2016, in vista delle olimpiadi di Tokyo è stato trasformato nella versione foil. Il cantiere Nacra è il concessionario monopolista, un caso abbastanza particolare dato che diverse altri classi olimpiche non sono legate a un unico cantiere ma sono in regime di concorrenza.

Ma c’è di più, Nacra già da Rio 2016 non sempre si è dimostrato all’altezza della situazione, ritirando alcune imbarcazioni per problemi tecnici già prima dell’Olimpiade brasiliana. Un fatto che si è ripresentato recentemente, quando il cantiere ha chiesto la sospensione di alcune regate (il test event ad Aarhus interrotto in corso di svolgimento) per rivedere i cuscinetti delle derive montati sugli scafi nuovi e su quelli che erano stati aggiornati alla versione foil, invitando gli atleti a non navigare fino a che le nuove parti siano state sostituite.

La competizione tra i cantieri è garanzia di qualità, il monopolio di un unico cantiere in caso di difetti di produzione dello stesso porta invece ai problemi di paralisi dell’attività agonistica vista nell’ultimo periodo. A ciò si uniscono le difficoltà degli atleti legate ai costi. Il Nacra 17 è probabilmente la classe più cara in assoluto per affrontare una campagna olimpica. Il costo della barca foil nuova è di 24.250 euro più Iva, le modifiche per le piattaforme usate nel quadriennio 2013-2016 costano invece 7.900 euro.  A queste cifre vanno aggiunte le spese per la campagna olimpica: quattro anni di regate internazionali, con trasferte lunghe e logisticamente complesse che non tutte le federazioni supportano a pieno e non per tutti gli equipaggi. Alberi, vele e derive subiscono il logorio stagionale e vanno cambiati più volte nel corso del quadriennio. In buona sostanza la vela olimpica, già difficile da praticare ad alti livelli per ragioni tecniche ed economiche, per questa classe diviene quasi elitaria.

C’è poi il fattore sicurezza. Il brutto incidente costato tre dita a Bora Gulari, al netto della fatalità e della sfortuna, accende i riflettori sulla necessita di innalzare velocemente il livello di protezione introducendo dispositivi appositi per tutelare i velisti, come caschi e tutori nelle zone vitali del corpo e agli arti, oltre che la necessità di avere in acque unità mediche in caso di incidente. Insomma, va bene lo spettacolo, ben venga, ma purché abbia un po’ di criterio e sia rispettoso dei velisti.

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GALLERY Trofeo Gorla, ecco chi ha vinto e come è andata

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Mira Hotels & Resort-Extreme 40 (Matteo Pilati) nei multiscafi e Clandesteam (Giulia Conti), nei monocarena, dominano la 51a edizione del Trofeo Gorla (la regata “antipasto” della mitica Centomiglia) a cui hanno preso parte 130 barche. Prima della cronaca della regata e dei vincitori vi mostriamo la nutrita galeri di foto scattate dal nostro collaboratore Adriano Gatta.

LE FOTO DEL 51° TROFEO GORLA
















LA CRONACA DELLA REGATA E I VINCITORI
Partenza puntuale e regolare alle 8:30 con circa 8 nodi di peler (il tipico vento da nord, seguito dalla classica ora da sud dal pomeriggio) che ha visto subito uscire dalla flotta i multiscafi Itelligence, White Star e Marinepool “inseguiti” dal libera Clandesteam del CVGargnano timonato dall’olimpica Giulia Conti e da Cold Duck con al timone Nico delle Karth anche lui olimpico di 49er. Posizioni che nella zona di Tignale vengono variate con Mira Hotels&Resort che guadagna la testa della regata seguito da The Red e Itelligence. Alle 10:14 Mira Hotels&Resort doppia la boa di Torbole e comincia la corsa verso le boe di Brenzone e Bogliaco con un Peler tra i 18 e i 20 nodi.

Alle 10:38 è Clandesteam a doppiare Torbole mentre la flotta dei monocarena è nettamente più arretrata e sgranata lungo la costa veronese. Alle 11:18 Mira Hotels&Resort taglia l’arrivo del 51° Trofeo Gorla seguito da Itelligence e Extreme Sailing Team. Alle 11:56 è la volta di Clandesteam, primo dei monocarena.

I primi di categoria: Multiscafi sotto i 20 piedi “Marinepool”(Stefan Vogel); Multiscafi sopra i 28 piedi “Mira Hotels&Resort” (Matteo Pilati); Libera “Clandesteam (Giulia Conti, CVGargnano); Asso 99 Michelass (Francesca Ferrari); Dolphin81 Merak (Marcello Colosio); Protagonist Il peso della farfalla (Roberta de Munari); UFO22 Dumbo (Alessandro Lotto); Melges32 O&Y (Luca Nassini CV Gargnano) ; ORC Hi-TECH Eclisse LB10 (Pietro Bovolato CVGargnano; ORC sotto gli 8Cdl Blue Est la Vie (Markus Mayr); ORC sopra 8mt BIGS (Claude Fehlmann); Open sotto i 9mt Star Fighter (Simone Donelli).

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Sei sicuro di avere scelto il parabordo giusto?

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130628_112937_diversBasta decidere il diametro corretto, il numero e cercare di spendere il meno possibile. Questo di solito facciamo quando si tratta di scegliere i parabordi per la nostra barca. Ma in realtà l’argomento merita di essere trattato con minor superficialità. Innanzitutto basta approfondire un minimo le ricerche ed ecco che ci si aprirà davanti agli occhi un mercato quanto mai vario: non solo fatto di parabordi cilindrici e sferici, ma anche rettangolari, piatti, gonfiabili, angolari.

In questo articolo mettiamo a confronto le due “famiglie” più diffuse di parabordi, quella tradizionale dei cilindrici e quella più moderna dei piatti, con tanto di pro e contro. quanti parabordi mi servono? Iniziamo con alcune considerazioni e consigli generali: visto che come anticipato l’offerta è ampia e variegata il modello scelto dipenderà molto dalle vostre abitudini di navigazione e dalla vostra capacità di tenere a bordo queste preziose, ma ingombranti, protezioni. Per una barca di 12 metri, saranno sufficienti sette parabordi. Tre per mura, più uno da tenere pronto in caso di emergenza. Se frequentate porti molto affollati, o non proprio perfettamente ridossati, potreste avere bisogno di qualche protezione in più: parabordi tradizionali aggiuntivi oppure angolari in modo tale da parare eventuali urti di prua e poppa.

226-G5blueI PARABORDI CILINDRICI
I parabordi a forma cilindrica (o sferica, ma soprattutto su barche grosse a causa del loro ingombro maggiore) sono quelli maggiormente diffusi sul mercato e quindi presentano costi minori. Polyform, Plastimo, Majoni, Dan Fender sono alcuni dei produttori che distribuiscono tramite gli shipchandler o sui loro negozi online. Cilindrici o sferici, la principale caratteristica di questi parabordi è quella di poter rotolare lungo la fiancata.
Un punto forte in caso di ormeggio o accosto movimentati, che permetterà alla barca di posizionarsi senza disagi lungo un pontile o affiancata a un’altra imbarcazione. Va detto però che questa capacità di rotolare e oscillare lungo la murata ha il suo punto debole quando si tratta di proteggere una barca all’ormeggio per diverse settimane. A forza di rotolare, il parabordo rischia infatti di spostarsi verso l’alto. Inoltre, se la cima non è ben regolata, assisterete a un fastidioso cigolio.

PEZZO UNICO O IN DUE PEZZI?
Di solito i parabordi cilindrici sono in PVC e alle due estremità hanno due occhielli per far passare le cime (la valvola di gonfiaggio è posta nella parte superiore), il parabordo può essere fatto in un pezzo solo, o avere le teste stampate separatamente (questa soluzione è leggermente più cara). Quali scegliere? Quelli realizzati in un pezzo unico si usureranno meno nel tempo e saranno meno sensibili agli sforzi rispetto a quelli cavi. Bisogna però pensare che con un utilizzo classico, difficilmente gli sforzi ai quali saranno sottoposti i parabordi convergono sugli anelli superiori e inferiori tramite le cime, ma più spesso sono dovuti alla compressione del corpo del parabordo tra scafo e pontile: sarà quindi la parte centrale quella più sollecitata. E i parabordi realizzati in due tempi dispongono di un corpo centrale più resistente alle deformazioni.

plastimo_-_pare-battage_plat_65_x_31_x_7.4_cm-1I PARABORDI PIATTI
Sviluppati da oltre dieci anni per le barche da regata d’altura (legato al bisogno dei regatanti di disporre di protezioni su misura, con i colori dello sponsor, veloci da stivare e capaci di proteggere i loghi sulle fiancate), i parabordi piatti e rettangolari hanno fatto il loro ingresso sulle barche da crociera abbastanza di recente. Sono costituiti un blocco di schiuma chiuso in un involucro dotato di solide cinghie sui quattro angoli.

Un parabordo piatto ha il vantaggio di restare fermo lungo lo scafo, riducendo così i rischi che la protezione non sia al suo posto nel momento del bisogno. Inoltre, non è soggetto alle variazioni di temperatura, quindi non ci sono rischi di deformazione in caso di calore eccessivo. La sua schiuma a celle chiuse (pensata per evitare qualunque infiltrazione di acqua di mare) manterrà nel tempo tutte le sue capacità. Se l’involucro dovesse rovinarsi prematuramente, qualunque veleria sarà in grado di sistemare una cucitura o una cinghia strappata. Decisamente durevoli nel tempo, questi parabordi possono avere un doppio utilizzo: non solo protezione, ma anche… cuscino in pozzetto! Infine, il loro formato consente un notevole guadagno di spazio nei gavoni, ma anche nei porti. Infatti, a parità di altezza, i parabordi piatti sono solitamente meno spessi. Una caratteristica importante quando si parte per la crociera.

PIATTO E’ BELLO (MA NON PERFETTO)
Sembrerebbe perfetto, ma anche il parabordo piatto ha i suoi difetti: tralasciando il prezzo maggiore rispetto ai tradizionali cilindri, innanzitutto, dato che non può ruotare lungo lo scafo, la faccia che tocca il gelcoat deve essere ricoperta di un tessuto morbido per evitare di rovinarlo. In più, poiché non è fissato allo scafo ed è leggero, tende a ruotare con il vento. Più la sua misura aumenta, più questo fenomeno si accentua.

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Quello lì non sarà mica un cafonauta? Sette punti per riconoscerlo!

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Se proprio dovessimo identificare con un testimonial la figura del “cafonauta”, che tanto fa arrabbiare i velisti in estate, non avremmo dubbi: il re dei social e del selfie, dei balletti e delle belle donne, Gianluca Vacchi. Il chiacchierato rampollo che ha un patrimonio, stimato in diversi milioni di euro, derivante dall’IMA, l’impresa familiare fondata da suo padre negli anni Sessanta.

VACCHI E’ PASSATO AL MOTORE!
Ma c’è una buona notizia per voi, cari amanti della vela:
da vero cafonauta Vacchi è passato al motore. L’anno scorso aveva monopolizzato l’attenzione dei paparazzi sul suo Brenta B52 Genie of the Lamp, quest’anno ha preferito spostarsi su uno splendido Wally Power bianco di 22 metri: gli spazi a bordo consentiranno al 50enne bolognese di ospitare feste e dj set ancora più affollati. Di invariato c’è solo il nome (Genie of the Lamp).

SETTE DRITTE PER RICONOSCERE IL PERFETTO CAFONAUTA
Come si diventa cafonauti? Come riconoscerli? Ci siamo divertiti a stilare, in sette punti, una guida per distinguerli (e non diventare come loro).

cafonauta1. DISTURBO DELLA QUIETE PUBBLICA
Siete nella rada dei sogni. Che pace, quanto avete navigato per ancorare in questo angolo di paradiso. Non fate in tempo a godervi il silenzio e la pace che arriva lui. Lui, il cafonauta: a bordo di motoschifo gigante o motorsailer (con la randa rimasta avvolta nell’albero dal 1989, perché il cafonauta non naviga a vela). Si preoccupa di dare ancora in modo che la catena vada sopra la vostra, dopodiché attacca lo stereo al massimo volume. Ovviamente risuonano le note di “Despacito” in tutta la baia, accompagnate da urla e schiamazzi provenienti dalla barca del cafonauta e del suo degno equipaggio: una roba che neanche fuori dal Cocoricò di Riccione!

cafonauta2. PREDILEZIONE PER I PORTI
Almeno di sera, in rada, potrete dormire sonni tranquilli. Il cafonauta, di solito, predilige i porti in modo tale da poter scendere a terra agevolmente per dirigersi in discoteca, nei locali costosissimi, o ovunque possa mettersi in mostra.

3. PALESTRA, TATUAGGI E (POCA) FANTASIA
Le caratteristiche fisiche sono determinanti nell’individuazione del cafonauta tipo: l’abbronzatura integrale (da lampada) comparirà già a fine aprile, il petto sarà rigorosamente depilato in stile pollo; il corpo dovrà essere coperto di tatuaggi, meglio se tribali e non appartenenti minimamente alla nostra cultura. La ciliegina sulla torta è la palestratura totale, i cafonauti più “ricercati” sfoggiano un look da hipster con barba di ordinanza.

4. MOSTRARE I CAVALLI
State navigando sotto costa. Scirocchetto, a vela, in famiglia. Sentite un rombo avvicinarsi: vi girate a guardare il cielo, credendo si tratti di un temporale imminente. Invece è un gigantesco ferro da stiro che vi passa a pochi metri di distanza a una velocità di 45 nodi, sollevando onde in stile aliscafo. Immancabili le ragazze da copertina che ballano come forsennate sul ponte anche ai suddetti 45 nodi. Cari amici, quello era un cafonauta.

5. IL LINGUAGGIO
Il cafonauta tipo fa sfoggio dei pochi termini nautici che conosce (imparati al corso di patente nautica “di facciata” dietro cospicua “stecca” alla commissione) utilizzandoli compulsivamente (“abbattete virando sottovento ma mure a dritta!”) ma tradendosi con l’uso di parole quali “corda, fune, volante, guidare la barca”. Immancabili anche i vari vocaboli onomatopeici (taaaac) degni del miglior Dogui in Vacanze di Natale ’83. L’accento – non ce ne vogliamo gli amici meneghini – è milanese anche se il cafonauta viene da Crotone.

6. MANOVRE PER SALPARE
Il cafonauta tipo, in porto, ormeggia sbattendo sulle altre barche e salpa facendo altrettanta confusione. Nel 90% dei casi, quando è il momento di levare gli ormeggi, il cafonauta si dimenticherà la presa della 220 attaccata alla colonnina, rischiando di portarsi dietro l’intero pontile galleggiante. Una volta in mare, state certi: il cafonauta non tirerà mai e poi mai su i parabordi.

7. “SOCIALISMO”
Il comportamento del cafonata a bordo? Possiamo riassumerlo così: aperitivo no-stop, con selfie in diretta su Instagram, Facebook, Periscope, Twitter, Google Plus, Telegram, Pinterest, Tumblr, Tinder, Badoo, Meetic, Lovoo e chi più ne ha più ne metta. Ogni occasione è buona per far scattare “l’ape”. Prima del selfie, però, il cafonauta scenderà sottocoperta e, aprendo la sua valigia rigorosamente rigida e ingombrante, tirerà fuori i migliori costumi di scena: slip attillati, catene dorate, canottiere da Campionato Nazionale di Body Building.

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Qual è la vostra barca mito? Domani la finalissima: Il Moro sfida Azzurra

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Sarà una finale tra barche sacre. Una ha fatto conoscere all’Italia la Coppa America. L’altra ci ha fatto illudere di poterla vincere. Azzurra e Il Moro di Venezia, sono loro che si affronteranno nella finalissima a partire da domani fino all’11 settembre.

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Azzurra, nella semifinale (1-5 settembre), se l’è dovuta vedere contro Luna Rossa: ha preso il 61% dei vostri voti, mentre Il Moro ha vinto senza storia contro il Joshua di Moitessier (74% contro il 26%).

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QUESTE ERANO LE 30 BARCHE MITO DELLA VELA

I quattro semifinalisti erano stati quelli più votati nella fase eliminatoria, dove avevamo messo a confronto le 30 barche mito della storia della vela chiedendovi di votarle nel sondaggio online. Siamo in Italia e ci aspettavamo che le b arche italiane risvegliassero le vostre passioni e così è stato. Il Moro, Azzurra, Luna Rossa… quante notti insonni!

VOTATE E VINCETE
Da domani potrete tornare alle urne. Avete tempo fino alle 12 dell’11 settembre. Non sarà una scelta facile. Il Moro contro Azzurra. Chiudete gli occhi, ripensate alle emozioni, votate. E non dimenticate di mandare una mail all’indirizzo speciali@panamaeditore.it con la motivazione che vi ha spinto a votare per l’una o l’altra barca. Tra le mail che arriveranno entro l’11 settembre, sceglieremo le tre che ci hanno emozionato di più e premieremo gli autori con tre abbonamenti triennali al Giornale della Vela!

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La carica dei 200 (partecipa anche tu al nostro contest Instagram e vinci!)

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instagramRagazzi, che successone! Il nostro contest Instagram “#estategdv2017” ha raggiunto i 200 partecipanti! Avete tempo fino al 21 settembre per prendere parte all’edizione estiva… Qua sotto vi ricordiamo come funziona, cosa si può vincere!!! Dai dai dai che il tempo stringe!

QUELLO CHE C’E’ DA SAPERE
Lo smartphone ce l’avete e qualche foto la scattate di sicuro quest’estate.
Metteteci un po’ della vostra vena artistica e postate su Instagram la vostra immagine, utilizzando l’hashtag #estategdv2017 e taggando @giornaledellavela nelle vostre fotografie (e già che ci siete, mettete “like” al nostro profilo Instagram!), parteciperete al contest “#estategdv2017” (il contest estivo va dall’1 agosto al 21 settembre. Attenzione, siate bravi a promuovervi inserendo vari hashtag e coinvolgendo i vostri amici: nella scelta delle foto vincenti verrà tenuto conto anche del numero di “like” ricevuti! Premiazione al VELAFestival 2018 a Santa Margherita). Se le vostre foto saranno giudicate dagli esperti del Giornale della Vela tra le tre migliori, vincerete l’abbigliamento esclusivo di Land Rover BAR, un set di polo per il vostro equipaggio di Crewcollection.it, e molto, molto altro.

instagramIL FUNZIONAMENTO DEL CONTEST NEL DETTAGLIO
Come funziona? Semplicissimo. Il contest estivo è aperto a tutti (basta avere un account gratuito su Instagram) e si svolge dal 1 agosto al 21 settembre 2017. Per partecipare vi basta caricare le foto (sì, potete partecipare con quante immagini volete) su Instagram utilizzando l’hashtag #estategdv2017 e taggando @giornaledellavela nelle vostre fotografie.

Ripetiamo, non ci sono limiti al numero di immagini che ogni partecipante può pubblicare su Instagram per partecipare. Vi diamo anche una dritta: oltre all’hashtag #estategdv2017 aggiungete più hashtag possibili. Questo darà la massima visibilità alle vostre foto e la possibilità che altri utenti clicchino il mitico “Mi piace”. Perché è importante? Perché nella scelta dei vincitori terremo conto anche del numero di Mi Piace che la foto avrà ricevuto.

COSA, COME E QUANDO FOTOGRAFARE
L’unico limite è la vostra fantasia. Con le vostre fotografie vi chiediamo di raccontarci tutte quelle emozioni che si vivono durante una crociera estiva, ma anche i luoghi che visitate, i momenti buffi o faticosi, come pure la quotidianità (bellissima, diciamocelo), di una vacanza in barca a vela.

Per ispirarvi, perché non andate a rivedere le foto che hanno partecipato le scorse edizioni? è sufficiente digitare, nella sezione di ricerca di Instagram, l’hashtag #crocieragdv2013, #crocieragdv2014 e #crocieragdv2015 e #crocieragdv2016 e vi appariranno oltre 7000 fonti di ispirazione!

Vi abbiamo detto che il contest #estategdv2017 va in scena dall’1 agosto al 31 settembre 2017, ma se siete tra i fortunati che a zonzo per il mare sono andati a giugno o a luglio, non strappatevi i capelli! Per rientrare tra gli sfidanti è sufficiente che postiate la foto entro i termini di cui sopra!

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Pronti per l’ultima tappa della VELA Cup a Marina di Pisa

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Finalmente ci siamo, è arrivato il momento clou della stagione della TAG Heuer VELA Cup: segnatevi la data in agenda, 16 settembre Marina di Pisa.

Abbiamo fino ad oggi coinvolto più di 500 equipaggi e finalmente alla tappa di Marina Pisa decreteremo il vincitore della VELA Cup 2017. E’ stata una stagione ricca di emozioni che ha confermato il successo della formula della VELA Cup: regata in mare, clima di amicizia, festa la sera e premi per quasi tutti.

Dopo Santa Margherita Ligure, Le Grazie, Venezia e Porto Rafael ora è il momento di Marina di Pisa, la tappa organizzata in collaborazione con lo Yacht Club Repubblica Marinara di Pisa, il cui presidente è Roberto Lacorte, conosciuto sia per le sue barche , i Supernikka, sia perchè è l’anima di un altra celebre regata, la 151 miglia.
Marina di Pisa e il suo porto sono da anni un riferimento per chi va in barca. Il Porto è attrezzato per ospitare ogni tipo di barche e, se partecipate alla VELA Cup, l’ormeggio è gratuito per le notti di venerdi 15 e sabato 16 settembre. Ma non solo, il Porto di Pisa è a una manciata di miglia da Livorno, La Spezia, Elba, ed è strategico per la sua posizione come punto di atterraggio per chi naviga nell’alto tirreno. In macchina si raggiunge facilmente, è l’aeroporto è a due passi. Insomma non ci sono scuse dovete partecipare alla nostra grande festa della vela.

La partenza della VELA Cup, è prevista per le 12.30 e il percorso sarà di circa 12 miglia di fronte alla costa.
Un percorso adatto a tutti che vede tra le boe il faro della Luminella
(girate pagina per i dettagli).
La sera al rientro vi aspetteremo per la premiazione al centro del Porto, nella Club House gestita dal mitico Renzo (era con noi alla prima edizione del VELAFestival) e subito dopo la grande festa con cena e musica fino a notte fonda!

ISCRIVITI ORA CLICCA QUI

Iscrivetevi subito sul sito www.velacup.it il prezzo cambia in base alla dimensione della barca e varia da 70 euro per le barche fino a 10 metri a 150 euro per gli scafi sopra i 15 metri.

Ogni iscritto riceverà una fantastica bag ricca di gadget come la cima nautica e il taccuino con i fogli antiacqua e la mitica t-shirt della VELA Cup.
Lo spirito è quello della festa e del piacere di trovarsi tutti in mare ma, appena dato lo start, come sempre, le amicizie tra equipaggi si trasformano in vere e proprie sfide. Tutti vogliono salire sul gradino più alto del podio, ma chi arriva dietro non si deve preoccupare, i premi sono tanti, per “quasi” tutti, anche per l’ultimo arrivato. Riserveremo un premio anche per le barche d’epoca, classiche e per chi incarna di più lo spirito Gentleman Yachting con in piatto offerto da Radio Monte Carlo. Potrete decidere se correre in categoria regata, con spinnaker, gennaker e altre vele oppure in maniera più “rilassata” a vele bianche, con solo randa e fiocco. Le classifiche saranno in tempo reale per le due classi e con le divisioni delle categorie in base alle dimensioni delle barche. La premiazione come da tradizione sarà attesa da tutti perchè oltre i premi per i primi classificati, tra tutti gli equipaggi ci sarà il tanto atteso sorteggio dell’orologio Aquaracer della TAG Heuer, un regalo che siamo sicuri che sarà più che apprezzato.

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LA FINALISSIMA: Il Moro contro Azzurra. Qual è la vostra barca mito? Votate!

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moro
In principio erano 30.
Le quattro più votate si sono sfidate in una semifinale di tipo tennistico, e ora sono rimaste loro due. Perché, parafrasando Orwell, tutte le barche sono mitiche, ma qualcuna è più mitica delle altre. E per noi italiani, non potevano che essere Il Moro di Venezia e Azzurra. Quest’ultima ha fatto scoprire al nostro paese la Coppa America e la vela professionistica. Il Moro ci ha fatto sognare di poterla vincere, la Coppa. E ad oggi è l’unica barca italiana che sia stata in grado di vincere una regata nel match finale. Abbiamo scritto anche troppo dall’1 agosto, data in cui è partito il primo sondaggio online.

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VOTATE E VINCETE!
Ora è tempo di votare. Moro o Azzurra? Avete tempo fino all’11 di settembre, alle ore 12. Tra coloro che ci invieranno una mail all’indirizzo speciali@panamaeditore.it con le motivazioni che li hanno spinti a votare per l’una o l’altra barca, sceglieremo le tre che più ci hanno emozionato e gli autori saranno premiati con un abbonamento triennale al Giornale della Vela ciascuno.

TOCCA A VOI!

Note: There is a poll embedded within this post, please visit the site to participate in this post’s poll.

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I maxi “mostri” della Rolex Cup: alla scoperta delle tre novità in regata a Porto Cervo

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Spettacolo puro a Porto Cervo per la maxi Yacht Rolex Cup dello Yacht Club Costa Smeralda, uno degli appuntamenti clou della stagione. Per l’edizione 2017 sono 50 gli iscritti, in rappresentanza di 15 nazioni, di cui cinque correranno per il mondiale Maxi 72. Non mancano le novità e in particolare sono tre le barche sulle quali i riflettori sono puntati: oltre al già citato maxi 72 Cannonball, sono nella loro stagione di debutto altre due barche: il “Ribelle”, il 32 metri dell’avvocato Salvatore Trifirò e Sorceress, il Southern Wind 96 di Will Apold  disegnato dallo studio Farr. Andiamo a conoscere nel dettaglio queste tre novità “monstre”, tre vere e proprie barche da sogno che accontentano un po’ tutti i gusti: dagli amanti della regata pura a quelli della crociera, passando dagli appassionati delle “fuoriserie” sportive.

Un Ribelle per la crociera extra lusso

Ribelle

Lungo 32,64 metri, è stato costruito dai cantieri olandesi Vitters su progetto di Malcom McKeon. Una superbarca che fa del titanio e del carbonio i suoi elementi principali (pesa solo 84 tonnellate), larga 7,72 metri e con un pescaggio di 6,05. Uno degli elementi estetici che la contraddistinguono è la tuga, appena accennata e che chiude ben a poppa dell’albero, dalla forma tondeggiante e in vetro, che assicura una visione interno/esterno praticamente a 360 gradi. Pozzetto all’insegna della più totale pulizia, con le manovre rigorosamente a scomparsa. La linea dello scafo si caratterizza per un leggero spigolo, piuttosto alto sull’acqua, che corre fino a prua. Un elemento con una triplice funzione: la parte anteriore aumenta la stabilità a barca sbandata; garantisce un leggero guadagno di larghezza all’interno e in caso di mare formato e alte velocità taglia il flusso dell’acqua mantenendo il ponte più asciutto.

La sportiva purosangue per una miniserie ad alte performance

Sorceress

Sorceress è il primo scafo di una miniserie concepita dalla Southern Wind su progetto Farr per andare incontro ad armatori esigenti che cercano una vera barca dalla doppia pelle: confortevole in crociera ma in grado di sviluppare performance di assoluto rilievo quando naviga a vela e viene impiegata in regata. Il ponte è costruito in carbonio per ottimizzare i pesi, l’estetica si caratterizza per una tuga quasi flushdeck e per le linee dello scafo molto morbide e prive di spigoli. L’utilizzo per cui è stata pensata è un mix di regate costiere e offshore, senza dimenticare la dimensione del blue water cruising. Lunga 31,41 mt, larga 6.95, ha un pescaggio (con lifting keel) che oscilla dai 3.4 m ai 5,5 m. Il dislocamento complessivo è di appena 56.700 kg, un dato che tradisce una costruzione pensata anche per le regate. 

Il mostro da regata

Cannonball

La barca è stata costruita da Premier Composite Technologies sotto la guida dei project managers Ilan Graetz e Micky Costa, su disegno Botin&Partners. Un maxi per molti aspetti rivoluzionario, su cui sono stati notati alcuni elementi che lo differenziano piuttosto nettamente dalle ultime generazioni di 72 piedi. La prua è nettamente inversa, con volumi piuttosto rotondi e una sezione potente. Una scelta che arriva dal mondo dei multiscafi e si giustifica non tanto per motivi estetici ma per ragioni strettamente aerodinamiche e funzionali. La resistenza aero/idro-dinamica della prua rovescia è minore rispetto a quelle classiche e i volumi potenti saranno decisivi nei laschi ad alta velocità con onda formata. Sempre a prua si nota un’altra particolarità decisiva, già osservata su una delle barche più rivoluzionarie dell’ultimo Vendée Globe, l’IMOCA 60 Hugo Boss. Stiamo parlando della parte più estrema del ponte caratterizzata da volumi svasati: anche questa scelta si giustifica con un sensibile guadagno in termini di aerodinamica e soprattutto serve a ridurre decisamente le turbolenze nella parte bassa delle vele di prua. Lungo 21,94 mt, largo 5,80 (il più largo della classe Maxi 72), con un’immersione di 5,40 mt. 

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In questa foto ci sono tre “pazzi”: tra di loro si nasconde il nuovo Moitessier?

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giro del mondo“In mare saremo avversari. Ma a terra, amici per la pelle”. La foto che vi mostriamo parla chiaro: Patrick Phelipon (a sinistra), Nerée Cornuz (al centro) e Francesco Cappelletti (all’estrema destra, accanto a lui Fabrizio Ladi Bucciolini) si sono incontrati al Marina di Pisa e a bordo dell’Endurance 35 007 di Francesco hanno fatto il punto della situazione, scambiato pareri, esperienze e difficoltà. Tutti e tre risultano iscritti alla mitica Golden Globe Race 2018 (giro del mondo in solitario su barche da 32 a 36 piedi costruite prima del 1988 con dislocamento minimo di 6.200 kg e chiglia lunga, senza strumenti elettronici: partenza da Plymouth in Inghilterra il prossimo 30 giugno), la regata per celebrare il cinquantenario di quella avventura che consegnò alla storia mostri sacri quali Robin Knox-Johnston e Bernard Moitessier. Il quarto della foto (secondo da destra), Fabrizio Ladi Bucciolini, avrebbe dovuto anch’egli partecipare ma si è ritirato, rimanendo però a disposizione per consigli e aiuti.

ITALIANO, SVIZZERO, FRANCESE? NO, TUTTI ITALIANI!

Ufficialmente, solo uno di loro batterà bandiera italiana, il toscano Cappelletti (classe 1978, skipper commerciale e marinaio full time), ma di fatto nelle vene di tutti e tre scorre sangue azzurro. Nerée Cornuz (vi abbiamo raccontato le sue peripezie QUI e QUI) correrà con i colori della Svizzera a bordo di Rendez-Vous, un lello 34, ma il suo accento è squisitamente partenopeo ed è un procidano doc. Phelipon (nato ad Agadir, in Marocco nel 1953 ma vissuto a La Rochelle) è il francese più “romagnolo” della storia, visto che è da una vita in Italia nella “cricca” di Cino Ricci che lo andò a “pescare” in Francia, dove il navigatore vantava già un pedigree da invidia (era a bordo del Pen Duick VI di Tabarly). Anche lui, come Cappelletti, prenderà parte alla regata su un Endurance 35 (Elbereth). Lo abbiamo già intervistato QUI. Volete conoscerli di persona prima che si lancino nella grande avventura? Venite alla VELA Cup di Marina di Pisa il prossimo 16 settembre, ci saranno anche alcuni di loro!

Da sinistra: Francesco Cappelletti, Nerée Cornuz, Patrick Phelipon a bordo dell’Endurance 007 di Cappelletti

PER CHI TIFARE?
Ci troveremo a dover scegliere per chi tifare al Golden Globe? Potrebbe.
Il condizionale è d’obbligo perché la sfida, oltre che essere impegnativa dal punto di vista fisico e umano, lo è anche – e soprattutto – dal lato economico e gli imprevisti sono dietro l’angolo. Ma ad oggi tutti e tre gli skipper si sono dichiarati intenzionati ad andare fino in fondo. D’altronde gli italiani, si sa, sono un popolo di santi, poeti ma soprattutto di navigatori. Iniziamo dandogli una mano e mettendo like alle loro pagine Facebook: Francesco Cappelletti, Nerée Cornuz, Patrick Phelipon!

TUTTI GLI AGGIORNAMENTI SUL GOLDEN GLOBE 2018

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Approfitta dell’ultimo caldo per dormire in rada (ma con l’ancora giusta)!

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ape_salpancora
Buongiorno crocieristi fuori stagione! Se amate il silenzio e la navigazione lontani dalla folla, e avete optato per salpare fuori stagione, approfittando dell’ultimo caldo, date un’occhiata a questa rassegna. Approfittiamo dei saloni autunnali, è ora di guardarsi intorno per vedere cosa si trova sul mercato delle ancora se non volete avere brutte sorprese in rada, soprattutto adesso che il clima inizia ad essere meno clemente. Accanto a modelli classici e sempreverdi (Grappino, Fortress, CQR), negli ultimi anni il mondo delle ancore si è arricchito di nuovi modelli, dotati di rollbar stabilizzatori, con design che consentono l’adattamento a diverse tipologie di fondale o a lame concave. Esiste persino una versione di “doppia ancora” con la più piccola delle due che, una volta sul musone, si incastra all’interno di quella più grande. Date un’occhiata a questa rassegna e scegliete l’ancora che fa per voi!

supreme mansonSUPREME / MANSON MARINE
Supreme è caratterizzata da un rollbar stabilizzatore e da un fuso con una fessura che funge da rotaia per la catena. Permette di riposizionare l’ancora correttamente anche se la barca ruota su se stessa. è costruita con il fuso in acciaio e le marre realizzate a doppia laminazione per essere più resistenti e per portare il peso verso il basso. www.manson-marine.co.nz

cqr anchorCQR ANCHOR
Fra le più diffuse e affidabili, l’ancora CQR è caratterizzata da un ampio e appuntito vomere che le garantisce ottime qualità di tenuta. Uno snodo permette di adattarla al fondale anche in caso di rotazione della linea d’ancoraggio. Il modello più piccolo va da 6,5 kg ed è realizzata in acciaio zincato a caldo. Prezzi: da 538,85 euro. www.nauticplace.com

rocna anchorROCNA / ROCNA ANCHORS
La caratteristica di questa ancora è la forma concava delle due lame. Sono disegnate in modo da affondare il più possibile in ogni tipo di fondale. Il rollbar e la forma del fuso fanno sì che la Rocna sia una delle ancore che meglio si adattano al fondale e agli spostamenti della barca. Prezzi: da 200 euro (modello da 4 kg). www.adriaship.it

grappino malingriGRAPPINO MALINGRI
L’ancora grappino nasce da un’idea di Franco Malingri negli anni ‘70. Ideale per ancoraggi in rada con presenza di alghe o per rinforzare l’ancora principale in caso di forte vento, è disponibile in acciaio zincato a caldo o in inox, in due misure: da 8 e da 12,5 kg. Ne sono state prodotte 25.000. Prezzi: da 500 euro. www.vittoriomalingri.com

deltaDELTA / LEWMAR
Brevettata e registrata anche dai Lloyds, l’ancora Delta è molto affidabile sia su sabbia sia su roccia; se ben calata è ottima anche con le alghe. Realizzata in acciaio galvanizzato con alta percentuale di manganese, grazie alla sua forma particolare si autoallinea quando viene issata in barca.
Prezzi: da 106,55 euro (modello da 4 kg). www.nauticplace.com

mantus anchorMANTUS / MANTUS ANCHORS
Nata dall’esperienza di due crocieristi, Mantus è un’ancora caratterizzata da un design che le garantisce una presa sicura sulla sabbia e sui fondali fangosi. Come la più tradizionale Rocna, è caratterizzata dalla presenza di un rollbar e realizzata in lamiera d’acciaio di alta qualità e non contiene parti saldate tra loro. Prezzi: da 114,88 euro + IVA (modello da 3,6 kg). www.fbyachting.it

tandem anchorTANDEM ANCHOR / WEBER MARINE
Due ancore che occupano lo spazio di una. Questa è l’idea alla base di Tandem Anchor della Weber Marine, che di fatto è una doppia ancora dotata di rollbar: la più piccola si incastra all’interno dell’ancora principale risolvendo il problema dello spazio. La tenuta è garantita, a fronte, ovviamente di un peso maggiore. Prezzi: da 295,24 euro. www.shop.wemar.com

kobra2KOBRA 2 / PLASTIMO
La Kobra 2 di Plastimo è un’ancora in acciaio galvanizzato a penetrazione rapida ed è in grado di garantire un’ottima tenuta su diversi tipi di fondale, grazie alla sua punta zavorrata e al suo larghissimo vomere, caratterizzato da una geometria particolare. Quest’ancora è consigliata per imbarcazioni dai 13 ai 25 m, (con pesi dai 12 ai 35 kg). Prezzi: da 219,99 euro (modello da 12 kg). www.nauticplace.com

ultranchor_1ULTRANCHOR / BOYUT MARINE
Costruita artigianalmente in acciaio Aisi 316, racchiude nel suo disegno parti concave, convesse e piatte, per adattarsi meglio al fondale. Il suo disegno le consente di sistemarsi automaticamente, raddrizzandosi in una posizione ideale per affondare rapidamente e in profondità. Per tenere il baricentro basso, il fusto è tubolare e cavo. Prezzi da 541 euro + IVA www.ultramarine-anchors.com

fortressFORTRESS / FORTRESS ANCHORS
Con angolo del fuso variabile in relazione alla consistenza del fondale, le ancore smontabili Fortress a marre pieghevoli sono realizzate in robustissimo alluminio al magnesio anodizzato e secondo la U.S. Navy sono le più performanti sul mercato, sebbene il loro concept classico tipo Danforth. Sono l’ideale come ancore di rispetto. Prezzi: da 257,53 euro (modello da 3,2 kg). www.nauticplace.com

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Uragano Irma, devastazione ai Caraibi: dieci morti, venti fino a 140 nodi

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L’uragano Irma è passato e ha picchiato, e continua a farlo, duramente, devastando le isole caraibiche che incontra sulla sua rotta. Si parla di morti, almeno dieci, sulle isole di Saint Martin e Saint Barthélemy. L’uragano ha toccato categoria 5, facendo registrare venti di intensità fino ai 140 nodi, che sarebbero i più forti mai registrati in un simile sistema meteo in Atlantico. E’ in corso l’evacuazione della Florida dove Irma è atteso ad ore, è corsa ai supermercati e alle farmacie per fare scorta dei generi di prima necessità.

 

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Quando la barca ti cambia la vita: la storia di Nonna Maria

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Matteo Gervasoni

Chi nella sua vita da velista non ha sognato almeno una volta il “ mollo tutto e mi faccio la barca da solo”? C’è chi lo immagina soltanto, c’è invece chi lo fa. Lui si chiama Matteo Gervasoni  e il suo mestiere era quello di orafo nelle botteghe milanesi. Dal 2002 aveva deciso che la sua vita era un’altra, lavorare nel mondo delle barche e lo ha fatto con alcuni dei migliori velisti italiani, quali Soldini e Vittorio Malingri, con numerose esperienze oceaniche. Nel 2011 ha acquistato e ricostruito, con l’aiuto della designer Roberta Daglia, un Levriers des Mers 14, ribattezato Nonna Maria, con il quale sta per cominciare la sua nuova vita. Una ricostruzione frutto di sacrifici per reperire il budget, tenacia e grande passione. .

Che barca è Nonna Maria, quali sono le sue caratteristiche?

Nonna Maria è un Leviers des Mers 14, una barca in alluminio, progettata da Finot circa 30 anni fa ma ancora oggi molto attuale. Basta guardarlo per trovare delle somiglianze con gli open oceanici moderni. La barca pesa solo 9 mila chili, ai tempi infatti faceva parte della classe ULDB. Di questa serie ne esistono 12 in tutto il mondo, Nonna Maria è lo scafo numero 8 del 1990.

Come è scoppiato il colpo di fulmine, perché questa barca?

Tutto dipende anche dalle esperienze personali. Nel momento in cui scegli che il tuo mestiere è andare per mare capisci che ci sono vari modi per farlo. Ho avuto la fortuna di lavorare alla costruzione di barche da regata e ho capito quanto sia importante avere una barca che possa muoversi anche in 4 nodi  di vento. Ecco perché mi piaceva il Levriers. Avevo conosciuto il 12 in occasione di un lungo trasferimento dalla Tahilandia fino in Italia e ho capito la qualità di questi progetti, ma per quello che avevo in mente io serviva il 14.

La barca prima del refit

Cosa è successo dopo?

Ho cominciato a mollare il lavoro sulle barche da corsa e ho intensificato quello sulle barche armatoriali che mi facevano guadagnare meglio e più velocemente e mi hanno dato la possibilità di inseguire il mio sogno. Il mio Levriers des Mers 14 l’ho trovato a Martigues, in Camargue. Aveva appena finito il giro del Sud America, doppiando anche Capo Horn. Era un po’ abbandonata a se stessa però, non aveva neanche il motore che era stato ripetutamente fuso. Sono ripartito verso l’Italia senza motore: mi sono detto meglio senza motore che senza albero e vele.

Che tipo di lavori hai deciso di fare?

Gli interventi sono stati totali. La barca è stata sabbiata internamente ed esternamente, abbiamo lasciato solo la struttura perché l’obiettivo finale era renderlo un mezzo lavorativo non solo per il nostro svago. La barca doveva diventare anche un mezzo didattico che potesse consentirci di fare scuola con i bambini. Era poco intima come barca, era importante quindi ripensare  anche gli interni.

La barca rimessa a nuovo

Quanto tempo ci è voluto per ristrutturarla e in quante persone avete lavorato?

Da quando abbiamo cominciato sono passati 57 mesi, ma effettivi di lavoro sono stati circa 36, il resto del tempo serviva ovviamente a reperire il budget perché non avevo la possibilità di fare tutto subito. Abbiamo iniziato i lavori in due, io e Roberta Daglia che è specializzata in design industriale e ha curato tutta la parte progettuale. Periodicamente ci hanno aiutato amici e parenti, ma il grosso del lavoro è stato fatto senza un vero team e per questo è risultata molto più complessa come impresa.

Matteo Gervasoni e Roberta Daglia

Cosa farà adesso Nonna Maria?

Il programma è quello di lavorare un po’ con il charter in Sardegna e per l’autunno-inverno partire per un insolito giro d’Italia a vela, fino a Venezia. Il giro sarà une vera e propria scuola di vela per chi avrà voglia di farla (Maggiori info QUI), faremo una o due tappe intermedie, sicuramente una sosta a Santa Maria di Leuca. Una volta giunti a Venezia l’idea è quella di lavorare con il Boat&Breackfast e come programma didattico abbiamo immaginato “Bordi nella Cultura”, cosa c’è di meglio infatti che navigare nella laguna veneta? La parte didattica la svolgeremo cercando di coinvolgere le scuole. Alla fine di aprile dell’anno prossimo faremo il giro d’Italia sulla rotta inversa, sempre come scuola vela. Nei nostri programmi didattici si parlerà poi sempre di ambiente, una cosa che ci sta molto a cuore, navigando tra il Tirreno e la laguna veneta avremo l’occasione di analizzare le criticità ambientali di questi mari. Dopo essere rientrati in Tirreno nella parte iniziale dell’estate 2018 vorremmo fare una scuola di mare con i bambini all’Isola d’Elba, per poi tornare in Sardegna per l’attività di charter.

www.nonnamariaavela.com

I numeri della Nonna

Progetto: Finot

Anno: 1990

Lunghezza: 14,00 mt

Lungh al gall.: 13,20 mt

Baglio max: 3,93 mt

Pescaggio: 2,40 mt

Dislocamento: 9000 kg

Matteo Gervasoni

Nasce a Bergamo nel 1977.Si forma all’Istituto Orafo Benvenuto Cellini di Valenza Po, diplomandosi nel 1996. Lavora come orafo nelle botteghe milanesi. Pensando ad un mondo più grande prende lo zaino ed arriva a Le Grazie (SP) sbagliando la fermata per Porto Venere. Nel mondo della vela dal 2002, lavora con Giovanni Soldini per tre anni. Attraversa gli oceani con barche da corsa e grandi barche armatoriali.

Roberta Daglia

Nasce a Pavia nel 1985, ma cresce sulle colline dell’Oltrepò Pavese. Vive e lavora a Milano dal 2005 al 2011. Progettista, si laurea al Politecnico di Milano in Industrial Design nel 2011.Disegna, fa la cameriera, tiene corsi di grafica, fa l’hostess su barche a vela e quello che capita. Ex stagista perenne si trova davanti l’occasione di applicare la sua progettualità a questa avventura; la coglie. Si occupa di tutto ciò che ha a che fare con millimetri e pixel, compresi i dolci, con assoluta precisione.

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10 “trucchetti rosa” per vivere a bordo tutto l’anno

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Come spesso accade, la lingua inglese riesce a catturare pensieri articolati in due semplici parole. E’ il caso dei “Pink Jobs”, una lista di accortezze e lavoretti semplici a basso costo, che possono migliorare sensibilmente la vita di bordo durante lunghe crociere. Una sorta di vademecum dedicato a chi ama cimentarsi in lavoretti pratici che regalano grandi soddisfazioni nel momento in cui ogni giorno ne si apprezza l’utilità. Per condividere questo elenco di Pink Jobs facciamo riferimento all’eseprienza di Wendy Mitman Clarke  (www.cruisingworld.com) che da quattro anni vive a bordo del cutter in acciaio Adams 45 di famiglia.

3 DRITTE PER CONTENERE I CONSUMI DI ACQUA 

gal1. Acqua di mare in cucina tramite pompa a pedale. Sembra un ritorno alle origini, visto che l’obiettivo dichiarato di tutte le barche moderne è quello di fare sentire l’equipaggio come fosse a casa. Questo sistema evita di ricorrere al bugliolo per avere a disposizione l’acqua per lavare i piatti e di averla direttamente a disposizione al lavandino della cucina.

2. Acqua dolce in cucina e nei lavandini tramite pompa a pedale. La pompa a pedale permette un significativo risparmio sui consumi di acqua rispetto alle pompe a pressione che, anche se si presta la massima attenzione nel loro utilizzo, ne disperdono di più.osprey-shower

3. Doccia solare per avere acqua calda a disposizione tutti i giorni. Anche in questo caso si ottiene un risparmio sui consumi rispetto all’utilizzo di una pompa a pressione e sull’energia di bordo, perché l’acqua è scaldata direttamente dal sole. Il consiglio è di tenerne a bordo almeno un paio pronte all’utilizzo.

5  CONSIGLI PER LA CUCINA
1.  Come fare il pane in 5 minuti. E’ necessario aver spazio nel frigo per un grande contenitore di plastica dove mescolare gli ingredienti necessari per fare la pasta: farina, acqua, sale e lievito. Lasciarli lievitare per una settimana e conservare in frigo il risultato dell’impasto. In questo modo, ogni volta che si desidera mangiare un pezzo di pane, basterà tagliare un pezzo di pasta e metterlo a cuocere nel forno per mezz’ora.

osprey-pressure-cooker2. La pentola a pressione permette di cucinare pasti completi anche con ore di anticipo a tenerli al caldo, prospettiva utile nel caso di lunghe navigazioni soprattutto con mare difficile. Inoltre la pentola a pressione riduce i tempi di cottura senza limitare la fantasia del cuoco di bordo e riduce il consumo di gas.

3. Il congelatore portatile 12v posizionabile sotto il tavolo della dinette è un sistema pratico per congelare carne, formaggi ecc.

4. Limitare l’utilizzo della carta a bordo sostituendo lo scottex con dei panni da cucina e utilizzando tovaglioli in tessuto. Questa accortezza permette di risparmiare soldi, diminuire la quantità di rifiuti e, perché no, salvaguardare anche l’ambiente.osprey-vacuum

5.  Sistema per conservare il cibo sottovuoto, per esempio il FoodSaver. Questo è ideale per quando si pesca del pesce fresco e si vuole conservarlo o per congelare qualsiasi tipo di alimento. Inoltre, eliminando l’aria all’interno dei sacchetti, si risparmia spazio in frigorifero o nel freezer. Può essere utilizzato anche per conservare caffé, zucchero, farina, pasta e per stivare i pezzi di ricambio della barca in modo che non siano esposti alla salsedine.

DUE CONSIGLI PER MIGLIORARE LE COMUNICAZIONI DI BORDO
1. Yotreps è un sito internet neozelandese che permette di pubblicare online la propria rotta e posizione in modo tale che parenti e amici da casa possano sapere in ogni momento dove vi trovate (cliccando semplicemente sul nome della vostra barca). Yotreps fornisce inoltre aggiornamenti sullo stato del mare e del vento.

2. Antenna WiFi con router. Un sistema comodo per poter navigare in internet anche con più computer connessi contemporaneamente.

 

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Hobie Cat 20 più J24 uguale trimarano (ve gusta l’idea?)

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j24L’idea è nata su un forum di appassionati di vela, boatdesign.net: unire un vecchio J24 e un Hobie Cat 20 per realizzare un trimarano con l’obiettivo di guadagnare in comfort e velocità. Come? Riducendo la chiglia del J24 di circa il 90% e aggiungendo una “microderiva” (sotto) di meno di 60 cm senza modificare il rigging, che rimane l’originale del J24 con randa full batten.

Gli scafi dell’Hobie Cat 20 sono stati assemblati a quello del monotipo (quest’ultimo, ovviamente, in posizione di scafo centrale) con due tubi in acciaio posizionati a poppa dell’albero. Nessuna modifica per quanto riguarda il timone, che rimane quello classico a barra del J24.

Per quanto riguarda l’armo, oltre a randa e fiocco (al 110 %, montato su un frullone), il neonato trimarano è stato attrezzato con uno spinnaker. Questa “imbarcazione mutante” riesce a raggiungere velocità di 10 nodi quando il vento soffia a 17/18 nodi. Esperimento riuscito, la barca naviga perfettamente. Voi cosa ne pensate?

Qua la descrizione originale del progetto

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Il mare non è una fogna! La checklist del marinaio responsabile in crociera

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Avete presente quando, nelle toilette, si trova il cartello “si prega di lasciare il bagno pulito come lo si vorrebbe trovare“? Lo stesso vale per il mare: tutti noi vorremmo poter navigare in acque cristallo, pulite, circondati dai pesci. E possiamo farlo, se per primi ci imponiamo alcune regole per salvaguardare il mare, che per molti di noi è una ragione di vita. Vi presentiamo perciò la nostra eco-guida estiva con tutti gli accorgimenti da mettere in atto per navigare “green”. Se ne avrete messo in pratica almeno nove, potrete considerarvi degli eco-marinai provetti.

LA CHECKLIST DELL’ECO-MARINAIO

mare1. Motore “in bolla”. Assicuratevi che il vostro entrobordo (ed eventualmente, il fuoribordo del tender) sia in perfette condizioni, in modo tale da ridurre al massimo le perdite di carburante e olio (l’olio di un motore da 15 cavalli, se finisce in acqua, è in grado di inquinare uno specchio d’acqua di circa 5 chilometri quadrati!).

mare2. Il mare non è una pattumiera. Sembrerà scontato ripeterlo, ma ogni anno ci ritroviamo a navigare in un mare infestato da ogni genere di rifiuto. Oli esausti, batterie usate, rifiuti meccanici: utilizzate i contenitori dedicati che troverete nei Marina. Vi basti poi sapere una bottiglia di plastica in mare viene “smaltita” in 450 anni, per quanto riguarda il vetro ci vuole molto di più. Anche i rifiuti organici inquinano: un torsolo di mela impiega due mesi. Fauna e flora non si nutrono di tali elementi, per cui si tratta anche di fonti di contaminazione ambientale. A bordo, predisponete diversi contenitori (umido, vetro, carta, plastica e alluminio) e portate avanti la vostra campagna di raccolta differenziata.

3. Lavare senza sporcare. Non dimenticate di affidarvi a prodotti a “impatto zero” per i lavaggi a bordo, dalla coperta alle stoviglie. In commercio ormai se ne trovano di tutti i tipi. Per lavarvi, dotatevi di shampoo biodegradabile che funziona con l’acqua di mare.

4. Minimizzare i consumi di acqua. L’acqua dolce, a bordo, è un bene prezioso. Se vi dovete lavare, utilizzate l’acqua di mare con lo shampoo succitato. Una volta che vi sarete lavati, è giunto il momento di risciacquarvi con acqua dolce: per ridurre al minimo i consumi, sarà sufficiente che apriate la doccetta per alcuni secondi sopra la vostra testa per poi chiuderla, lasciando che l’acqua dolce scorra sul vostro corpo levando il salino.

Ricordate che piatti e pentole possono essere tranquillamente lavati con acqua marina: se a bordo farete in modo di avere delle sporte a rete (come quelle che utilizzano i sub per trasportare il pesce pescato), potrete utilizzarle a mo’ di lavastoviglie. Calate bicchieri, pentole e piatti in mare dopo aver cenato o pranzato e dopo poche ore, quando li recupererete a bordo, risulteranno perfettamente sgrassati e andranno semplicemente risciacquati con acqua dolce. Un altro piccolo consiglio: se navigate in acque pulite, potete utilizzare un terzo di acqua marina invece che salare l’acqua per la pasta.

mare5. Occhio all’ancora. Durante le operazioni di ancoraggio in rada, cercate di fare tutto il possibile per non danneggiare il fondale. Evitate assolutamente di gettare l’ancora sopra le praterie di poseidonia.

mare6. Rispettosi dei limiti. Sottocosta e in porto, quando utilizzate il motore, procedete sempre a velocità ridotta, rispettando i limiti imposti. Si inquina di meno ma soprattutto ne va della vostra sicurezza.

mare7. Randa su. In navigazione, se possibile, cercate sempre di tenere almeno la randa issata, anche se andate a motore. L’imbarcazione risulterà più stabile e guadagnerete velocità (a meno che non abbiate il vento sparato in prua), potendo diminuire i giri motore e quindi inquinando meno.

mare8. Carena senza “segreti”. Una carena liscia, senza cirripedi e alghe, si tradurrà in meno attrito e quindi meno consumi a motore. Posto che abbiate dato l’antivegetativa (a proposito, cercate sempre di sceglierla meno inquinante possibile, ce ne sono alcune all’acqua), controllate periodicamente, durante la crociera, lo stato dell’opera viva e nel caso fate pulizia con spugna e olio di gomito.

mare9. Acque nere. Se avete il serbatoio delle acque nere, usatelo e non scaricatelo in mare. Esistono Marina attrezzati per lo svuotamento, vi consigliamo di informarvi consultando portolani cartacei e digitali. Non utilizzate il wc in acque ferme e in porto.

mare10. Barca Green. Se siete degli smanettoni e se avete tempo, denaro e voglia, esistono mille soluzioni per ridurre al massimo i consumi di bordo: sostituire le luci tradizionali (se ancora non l’avete fatto) con quelle a LED, affidarsi a un motore elettrico tipo Torqeedo Cruise, dotarsi di generatori “green” (idrogeneratori, generatori eolici, pannelli solari). Inoltre, un bel SUP potrebbe aiutarvi ad esplorare in modo “eco” gli anfratti più nascosti e le grotte, senza l’ausilio del fuoribordo: un bel modo per tenersi in forma nel rispetto dell’ambiente.

11. Rispetto per ogni creatura. Stiamo parlando di ogni genere di creatura: da chi vi sta intorno in rada (non fate chiasso, non state troppo vicini) a pesci, tartarughe, delfini. Non avvicinatevi troppo, soprattutto a motore. Pescate soltanto il necessario e informatevi sulle normative e sugli esemplari vietati.

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La carica dei 200 (partecipa anche tu al nostro contest Instagram e vinci!)

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instagramRagazzi, che successone! Il nostro contest Instagram “#estategdv2017” ha raggiunto i 200 partecipanti! Avete tempo fino al 21 settembre per prendere parte all’edizione estiva… Qua sotto vi ricordiamo come funziona, cosa si può vincere!!! Dai dai dai che il tempo stringe!

QUELLO CHE C’E’ DA SAPERE
Lo smartphone ce l’avete e qualche foto la scattate di sicuro quest’estate.
Metteteci un po’ della vostra vena artistica e postate su Instagram la vostra immagine, utilizzando l’hashtag #estategdv2017 e taggando @giornaledellavela nelle vostre fotografie (e già che ci siete, mettete “like” al nostro profilo Instagram!), parteciperete al contest “#estategdv2017” (il contest estivo va dall’1 agosto al 21 settembre. Attenzione, siate bravi a promuovervi inserendo vari hashtag e coinvolgendo i vostri amici: nella scelta delle foto vincenti verrà tenuto conto anche del numero di “like” ricevuti! Premiazione al VELAFestival 2018 a Santa Margherita). Se le vostre foto saranno giudicate dagli esperti del Giornale della Vela tra le tre migliori, vincerete l’abbigliamento esclusivo di Land Rover BAR, un set di polo per il vostro equipaggio di Crewcollection.it, e molto, molto altro.

instagramIL FUNZIONAMENTO DEL CONTEST NEL DETTAGLIO
Come funziona? Semplicissimo. Il contest estivo è aperto a tutti (basta avere un account gratuito su Instagram) e si svolge dal 1 agosto al 21 settembre 2017. Per partecipare vi basta caricare le foto (sì, potete partecipare con quante immagini volete) su Instagram utilizzando l’hashtag #estategdv2017 e taggando @giornaledellavela nelle vostre fotografie.

Ripetiamo, non ci sono limiti al numero di immagini che ogni partecipante può pubblicare su Instagram per partecipare. Vi diamo anche una dritta: oltre all’hashtag #estategdv2017 aggiungete più hashtag possibili. Questo darà la massima visibilità alle vostre foto e la possibilità che altri utenti clicchino il mitico “Mi piace”. Perché è importante? Perché nella scelta dei vincitori terremo conto anche del numero di Mi Piace che la foto avrà ricevuto.

COSA, COME E QUANDO FOTOGRAFARE
L’unico limite è la vostra fantasia. Con le vostre fotografie vi chiediamo di raccontarci tutte quelle emozioni che si vivono durante una crociera estiva, ma anche i luoghi che visitate, i momenti buffi o faticosi, come pure la quotidianità (bellissima, diciamocelo), di una vacanza in barca a vela.

Per ispirarvi, perché non andate a rivedere le foto che hanno partecipato le scorse edizioni? è sufficiente digitare, nella sezione di ricerca di Instagram, l’hashtag #crocieragdv2013, #crocieragdv2014 e #crocieragdv2015 e #crocieragdv2016 e vi appariranno oltre 7000 fonti di ispirazione!

Vi abbiamo detto che il contest #estategdv2017 va in scena dall’1 agosto al 31 settembre 2017, ma se siete tra i fortunati che a zonzo per il mare sono andati a giugno o a luglio, non strappatevi i capelli! Per rientrare tra gli sfidanti è sufficiente che postiate la foto entro i termini di cui sopra!

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Maxi Yacht Rolex Cup: in Sardegna è party italiano sotto il Maestrale. FOTO

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Il Vismara 62 Mills Supernikka

Le italiane fanno il colpo grosso alla Maxi Yacht Rolex Cup di Porto Cervo, l’appuntamento clou della stagione per i maxi, mini maxi e Wally in Mediterraneo. Ribelle, il 32 metri di Salvatore Trifirò, (di cui vi abbiamo parlato QUI), si aggiudica la classifica super maxi; Supernikka, il Vismara 62 Mills di Roberto Lacorte, quella Mini Maxi Rc1, dove c’è anche il terzo posto dello Swan 601 Whope di Roberto Lauro. Il Vallicelli 80 H20 di Riccardo De Michele trionfa tra i Mini Maxi Rc2 seguito dallo Swan 65 Shirlaf di Giuseppe Puttini.

Per il Vismara 62 Mills è la seconda vittoria in tre anni alla Maxi Yacht Rolex Cup: il Vismara 62 Mills di Roberto Lacorte bissa il risultato del 2015 vincendo la classifica della categoria Mini Maxi RC1, dopo una settimana di regata combattutissime decise all’ultima prova. L’equipaggio italiano si tiene alle spalle il Wally 60 Wallyno di De Froidmont, terzo posto per lo Swan 601 Whope, progetto Frers, di Roberto Lauro.

Per Ribelle si trattava invece dell’ “esordio in società” nelle regate targate Rolex e il progetto di Malcom McKeon si è rivelato subito vincente, mettendosi alle spalle tra i Super Maxi il Baltic 108 Winwin e il Baltic 112 Nilaya.

Ribelle

Sono servite tre vittorie su sei regate al Vallicelli 80 H20 di Riccardo Di Michele per avere la meglio sul glorioso Shirlaf.

H2O

Lo Swan 65 di Puttini ha chiuso la sua settimana secondo per un solo punto, terzo posto per lo Swan 651 Lunz Am Meer di Marietta Gräfin Strasoldo.

Shirlaf

La categoria maxi segna il successo di Highland Fling XI,  Reichel Pugh 82 di Irvine Laidlaw, secondo posto per lo Swan 90 Nefertiti di Juan Ball, terzo posto di Rambler 88, il glorioso progetto Juan Kouyoumdjian di George David.

Per quanto riguarda i Wally, vittoria del 100′ Galateia II, secondo il Wally 80 Nahita, terzo il Wally 77 Lyra.

Nella classe minimaxi R si impone Jethou di Sir Peter Ogden, secondo il PD 60 Spectre, terzo il RP 62 Lucky di Bryon Ehrhart.

Tra i maxi 72 regate tiratissime e classifica corta: in appena due punti si sono concentrate ben quattro barche delle cinque iscritte nella categoria. Tutti si aspettavano Cannonball, ma alla a imporsi è stata Momo, su Proteus di George Sakellaris, terzo Bellamente di Hap Fauth.

M.G.

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Quando la barca sopravvive al suo skipper: otto storie di barche fantasma

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A bordo, purtroppo, può succedere di tutto. In passato ammutinamenti e attacchi pirateschi erano la regola, nella vela più recente abbiamo sentito di cadute in mare e marinai trascinati via dalle onde. Quante volte la barca è sopravvissuta al proprio comandante! Vi proponiamo le storie di otto ritrovamenti di barche fantasma, dal 1840 fino ai giorni nostri. Ve ne vengono in mente altre?

OTTO STORIE (VERE) DI BARCHE FANTASMA


1840 – INTRAPPOLATI NEI GHIACCI E CONGELATI

Scriveva il capitano dello Schooner Jenny: “4 Maggio 1823. Niente cibo da 71 giorni. Sono l’unico sopravvissuto”. Nel 1840, la nave fu ritrovata intrappolata nei ghiacci del polo Sud. Il capitano sedeva ancora sulla sua poltrona con la penna in mano. Il suo corpo e quelli di altre sei persone furono preservati dalle glaciali temperature antartiche. Con loro c’era anche un cane.

1872 – LA NAVE FANTASMA PIU’ FAMOSA
Forse è la vicenda più nota tra quelle relative alle navi fantasma è quella del brigantino canadese Mary Celeste. Nel 1872 fu trovata nell’Oceano Atlantico con il suo carico intatto. Ma a bordo nessuna traccia di passeggeri o di equipaggio. Cosa era successo? All’epoca gli equipaggi non erano di poche persone! Tutt’oggi il fatto rimane avvolto nel mistero perché il ritrovamento di carico e vivande esclude la possibilità di tempeste o attacco dei pirati…


1921 – NEL TRIANGOLO DELLE BERMUDA

Ammutinamento? Pirati? Qualcosa di soprannaturale accaduto nel triangolo delle Bermuda? Pare cil cinque alberi Carrol A. Deering fosse sulla via del ritorno dalla Virginia verso Rio con il suo carico di carbone. La nave fu ritrovata in una località del North Carolina nel 1921, completamente vuota. Dell’equipaggio non si seppe mai nulla ed il governo americano non si pronunciò mai con una spiegazione ufficiale al riguardo.


1975 – L’ARTISTA SCOMPARSO IN MARE

L’artista concettuale olandese Bas Jan Ader fu dato per disperso in mare nel 1975, mentre eseguiva una traversata in solitario dell’Atlantico da Cape Cod (USA) a Falmouth (UK) su di una piccola barca a vela, l’Ocean Wave (un Guppy 13 di soli 4 metri di lunghezza). Il coraggioso viaggio era parte di una performance artistica intitolata In Search of the Miraculous: Ader era un valente velista, in doppio con il tratello aveva già navigato dal Marocco alla California nel 1963. La barca fu ritrovata al largo delle coste irlandesi, mentre era ribaltata verticalmente a prua in giù; il corpo non fu mai ritrovato, lasciando un alone di mistero. Qualcuno azzardò che il suicidio facesse parte della performance…


2007 – IL CATAMARANO FANTASMA

Il 15 aprile 2007, tre uomini decisero di uscire per mare lungo la costa dell’Australia a bordo del catamarano Kaz II. La loro barca tornò intatta verso la barriera corallina. Ogni cosa si trovava perfettamente al suo posto: il cibo era sul tavolo, c’era persino il laptop acceso e tutti i giubbotti di salvataggio erano appesi nell’armadietto. Ma di esseri umani a bordo nessuna traccia. Eppure il mare era calmo! Secondo le ricostruzioni, uno dei tre marinai potrebbe essere caduto in mare e gli altri due, nel tentativo di soccorrerlo, si siano buttati in acqua e fossero spariti assieme a lui.


2009 – LA FINE DI JURE STERK

A 72 anni, Jure Sterk, nativo di Zagabria, voleva diventare l’uomo più anziano a circumnavigare il mondo, facendolo sulla più piccola barca senza motore, il Lunatic. Non era un novellino: aveva sul groppone tre Mini Transat, diverse traversate oceaniche e tra il 1991 e il ’94 aveva compiuto un giro del mondo su un 6,50 m autocostruito e aveva scritto quattro libri sulle sue avventure. Partì nel 2007, l’ultima volta che fu sentito via radio era l’1 gennaio 2009. Poi il silenzio. La barca, danneggiata, fu vista il 26 gennaio circa 1000 miglia al largo dell’Australia. Fu recuperata il 30 aprile 800 miglia ancora più a sud-ovest, le vele strappate. Ovviamente di Sterk nessuna traccia.


2016 – LA BARCA CON LA MUMMIA A BORDO

Nel marzo del 2016, Un gruppo di pescatori, al largo delle coste Filippine, fa una macabra scoperta. All’interno di uno Jeanneau Sun Magic 44, semiaffondato, senza albero e alla deriva, viene ritrovata la mummia del suo comandante. Secondo la ricostruzione delle autorità, si tratta di Manfred Fritz Bajorat, 59 anni, tedesco, in giro per i mari dal 2008, quando si era separato dalla moglie, morta poi di cancro. Non si avevano più sue notizie dal 2009. Il suo corpo mummificato è stato trovato al tavolo da carteggio. Che avesse cercato di chiamare i soccorsi colto da un malore?

2016 – ADDIO, GUO CHUAN!
Nell’ottobre 2016, il velista cinese Guo Chuan, idolo nazionale e diventato famoso nel mondo dopo avere settato il record di circumnavigazione del globo in solitario senza scalo su un Class 40 nel 2012, scompare al largo delle Hawaii durante la traversata Transpacifica a bordo del maxitrimarano che aveva acquistato da Francis Joyon. Tutti i tentativi di contattarlo da parte dello shore team sono vani, i soccorsi mandano un aereo in ricognizione che trova il trimarano tutto sommato integro e la randa terzarolata in bando. Ma purtroppo nessuna traccia dello skipper cinese. La barca continuava a navigare proprio come un vascello fantasma.

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Cinque domande ai tuoi accessori di bordo (per saperli usare al meglio)

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Pilota automatico, attrezzi di bordo, AIS, Radar, regolatore di tensione. Conoscete tutti i trucchi per farli funzionare al meglio?

1. QUALI SONO I TRUCCHI PER USARE MEGLIO IL PILOTA AUTOMATICO?
Il pilota automatico è il miglior compagno di navigazione di notte, ma anche di giorno. Può essere usato in tantissimi modi, verso un waypoint, a vela, a motore, con l’angolo al vento o semplicemente indicando la rotta. Per utilizzarlo in maniera corretta bisogna che sia ben installato, quindi con la bussola fluxgate, quella propria dell’autopilota, installata correttamente, possibilmente a centro barca e lontana da sorgenti magnetiche. Il braccio idraulico che agisce direttamente sull’asse del timone deve essere ben dimensionato, in modo da non sforzare troppo e da non andare in sovrapressione.

Per utilizzare tutte le potenzialità e funzioni dello strumento, è bene che la rete delle apparecchiature di bordo funzioni correttamente. In questo modo potrete selezionare un waypoint sul Gps e farlo seguire direttamente dal pilota. Allo stesso modo, se desiderate navigare a vela e volete rilassarvi senza stare al timone potrete selezionare la funzione di pilota al vento. Scegliete l’angolo per cui avete regolato le vele e selezionate la funzione autopilota a vela sullo strumento. Questa funzione è particolarmente utile se state navigando con il vento in poppa o comunque in andature larghe al vento, in quanto evita infatti il rischio di strambate repentine e involontarie, molto più frequenti se si sta navigando a vela con il pilota impostato su una rotta o su un waypoint. Per navigare a vela con l’autopilota, è bene che esso sia dotato di un sensore Gyro, una sorta di bussola giroscopica, e di un processore molto rapido. Il primo calcola con molta precisione la rotta e l’angolo tenuto anche se la barca è sbandata o sollecitata dalle onde. Il secondo, invece, analizza il movimento e il tempo di reazione della barca e del timone. In questo modo le regolazioni sull’angolo di barra sono minime e più dolci.

2. QUALI ATTREZZI DEVO PORTARE A BORDO
Gli utensili base sono quelli da avere sempre a disposizione e a portata di mano: fondamentali un set completo di cacciaviti, chiavi inglesi, chiavi a tubo, chiavi a brugola, pinze grosse e di ottima qualità, nonché quelle a becco fine per lavori di miniatura. Non fatevi mancare un calibro, un seghetto per il ferro, lime e carta abrasiva fina e grosse. Prestate attenzione che le chiavi siano della misura corretta che serve a bordo. Un martello in ferro e in gomma e un tester sono sempre utili.

Per far scorrere ogni manovra portatevi dietro un sbloccante-lubrificante tipo Crc, indispensabile sia sulle parti elettriche che in quelle meccaniche, e del grasso per parti elettriche, come la vaselina, e uno per le parti meccaniche preferibilmente siliconico o al teflon. Il necessario per il silicone trasparente, antimuffa e pistola. Il SikaFlex è versatile e ideale per realizzare sigillature elastiche resistenti alle vibrazioni: dopo essersi indurito può essere carteggiato e verniciato. Un set di colle per il legno, un collante universale e uno bicomponente epossidico tipo West System. Nastro isolante con il rotolo interno in plastica e non in cartone, del nastro telato (gray tape) e un rotolo di Teflon, fondamentale per sostituire guarnizioni ed eliminare piccole perdite da giunture idrauliche.


3. PERCHE’ IL RADAR INTERCETTA SOLAMENTE I METALLI?

Le antenne radar emettono a un frequenza precisa un’onda elettromagnetica che viene “lanciata” nello spazio. Per definizione un’onda elettromagnetica, una volta nello spazio, crea un campo magnetico e un campo elettrico. Quando l’onda incontra un metallo e quindi un materiale conduttore di elettricità, il campo elettrico generato dall’onda va in corto circuito, terminando così la sua corsa nello spazio e venendo “riflessa” verso la sorgente. Se l’onda incontra un materiale non conduttore, come ad esempio la vetroresina, gli passa attraverso, senza nessuna interferenza. Ma allora come fare per “vedere” ed “essere visti”? Quello che conta per far sì che l’efficienza del radar sia corretta, è la superficie dell’oggetto riflettente che in sostanza produce un’eco all’onda, come se fosse uno specchio.

Per questo motivo è fondamentale dotarsi di un riflettore radar, avendo la possibilità di essere avvistati con più facilità da un fascio di onde, anche a distanza elevata. Tale accessorio è molto più utile per le barche a motore, dato che una barca a vela di dieci metri con il suo albero ha già un valore riflettente pari a 10 mq. Dato che i principali pericoli per i diportisti in mare aperto derivano dagli incroci con le navi è bene sapere che di norma al largo loro utilizzano un fascio di onde con una frequenza di 3GHz, con una lunghezza di 10 cm per una portata di circa 24 miglia. La sua precisione nel definire correttamente i dettagli si ha nell’arco delle 10 miglia, quindi se considerate di navigare entrambi a 20 nodi, avete meno di 30 minuti per avvistare o essere avvistati. Tanto più grande è il vostro riflettore tanto è più probabile che un cargo possa identificarvi per tempo e soprattutto chiaramente.


4. QUAL E’ LA DIFFERENZA TRA LE ONDE DELL’AIS E QUELLE DEL RADAR?

La differenza sostanziale tra i due sistemi è la tipologia di frequenza che si utilizza per scansionare le porzioni di mare. L’AIS adopera le frequenze della radio Vhf su una banda intorno ai 100 MHz e sfrutta la stessa antenna. Questo tipo di onde vengono definite direttive, cioè il trasmittente e il ricevente si devono “vedere”.

Questo però non è assoluto, sostanzialmente con l’AIS si riceve il segnale di una barca anche se è dietro un’isola. Il radar, invece, sfrutta le microonde, su una frequenza a partire da 3 GHz che, utilizzando forse un termine poco tecnico, possiamo definire superdirettive. Significa che non oltrepassano gli ostacoli come nell’esempio di un’isola. Le onde radar sono però più potenti, hanno sostanzialmente una maggiore portata del segnale.


5. A COSA SERVE UN REGOLATORE DI TENSIONE?

Tutti gli alternatori nautici necessitano di una regolazione della tensione elettrica di uscita, che avviene tramite un regolatore. Il suo compito è quello di modificare la corrente del rotore che provvede a sua volta a eccitare l’alternatore. Variando questa corrente, si modifica il valore di tensione generata dall’alternatore e di conseguenza la corrente da questo erogata e inviata alle batterie. I regolatori interni hanno spesso una tensione di uscita costante, senza poterne modificare il valore e servono per le batterie motore: in pratica appena la tensione sale oltre il valore predefinito (circa 14 V) il regolatore blocca l’erogazione dall’alternatore. Per le batterie servizi entra spesso in gioco un secondo regolatore.

Genera una tensione che si aggira intorno a 14,2 Volt e quando la batteria è totalmente ricaricata (di norma una ricarica efficiente deve durare almeno tre/quattro ore), la tensione diminuisce per arrivare a un valore chiamato di mantenimento. Il valore per le batterie liquido si aggira attorno a 13,2 V, mentre per quelle al gel è di circa 13,7 V. Il livello della tensione di mantenimento è regolato dall’alternatore e dal caricabatterie. Per le batterie al gel la costanza della tensione di mantenimento è essenziale, perché se più bassa causa il cosiddetto effetto memoria, compromettendone così la durata. Controllate quindi il livello della tensione di mantenimento e se diverso da quello consigliato sulle batterie, fatelo modificare.

Questi e tanti altri consigli utili, potete trovarli sul numero speciale di Vela dedicato alla Pratica e al Bricolage: un volume, questo speciale, pensato da tenere sempre a portata di mano, a casa e in barca, per togliervi dubbi o ripassare le vostre conoscenze in qualunque momento. POTETE ACQUISTARLO QUI

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