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Dea dei Mari – Dieci anni di passione

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Per Dea dei Mari la vela è il modo migliore per vivere il mare, conoscerlo, rispettarlo, amarlo in tutte le sue forme, trasmettendo passione ed esperienza sia a chi non ha mai provato queste sensazioni sia a chi già le conosce e le vuole rivivere. Dea dei Mari nasce infatti proprio dieci anni fa nel 2006 come scuola nautica e agenzia di charter e oggi organizza corsi di vela d’altura e corsi per Patenti Nautiche da 7 giorni fatti in barca. Con Dea dei Mari si può noleggiare una delle barche di proprietà, da soli o con amici, assieme a skipper, ed eventualmente hostess o marinaio per fare spettacolari crociere nel “triangolo” marino tra Liguria, Toscana e Corsica, partendo dalla base operativa di Fezzano di Portovenere.
Dea dei Mari, tel. 328.6861612, www.deadeimari.it

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INDOVINA LA BARCA MISTERIOSA – Hai buon occhio? Mettiti alla prova

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quizSi avvicina l’estate e con essa aumenta la nostra voglia di giocare con voi. Così abbiamo deciso di mettervi alla prova con un quiz… visivo. Vi sottoponiamo il particolare di una barca famosa: se pensate di sapere di che barca si tratta, scrivetecelo in una mail all’indirizzo speciali@panamaeditore.it, corredandola delle informazioni di cui siete a conoscenza dello scafo in questione. Pubblicheremo le risposte migliori!

LA FOTO DELLA BARCA MISTERIOSAbarca-misteriosa

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Una 151 Miglia da record al via: che lo spettacolo abbia inizio!

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Oggi si parte! La 151 Miglia, la regata tirrenica di maggior successo negli ultimi anni (partenza da Livorno, passaggi a Marina di Pisa e all’altezza della Gorgona, doppiaggio dell’isolotto della Giraglia, poi giù verso le Formiche di Grosseto, dopo aver sfiorato l’Elba, prima dell’arrivo al Marina di Punta Ala), ha superato quota 200 barche al via: 208, per la precisione.

PARTENZA IN DIRETTA PER UNA 151 “SOCIAL”
La partenza della 151 Miglia-Trofeo Celadrin potrà essere seguita live direttamente dalla home del sito. Inoltre i numerosi social attivi fin dalla vigilia, Facebook, Twitter e Instagram, saranno impegnati in una diretta che andrà avanti fino alla conclusione della regata.

Schermata 2016-06-01 a 15.21.26LA SFIDA IN ACQUA
In acqua sarà spettacolo, con la sfida tra barche come il SuperNikka del patron della regata Roberto Lacorte, i Maxi Ourdream di Rigoni di Asiago (detentore del record stabilito nel 2011 con il tempo di 16 ore e 25 minuti), Pendragon di Nicola Paoleschi, Atalanta 2 di Carlo Puri Negri fresca di refitting, My Song di Pierluigi Loro Piana e Itacentodue di Adriano Calvini, il Farr 62 Durlindana 3 di Giancarlo Gianni, lo Scuderia 50 Altair 3 di Sandro Paniccia e il TP 52 Xio di Marco Serafini.

TRACKING E MOLTO ALTRO
Le 151 miglia della regata saranno vissute live sia con il tracking di Yellowbrick che sui social ufficiali dell’evento, con i tanti Maxi Yachts a caccia del record – sempre che ci siano le condizioni meteo giuste – nonché della vittoria del Trofeo Challenge riservato al primo scafo al traguardo in tempo reale, e con le altre decine di imbarcazioni che hanno nella 151 Miglia l’appuntamento clou della stagione, in lizza per i trofei Overall e di classe nei raggruppamenti ORC International e IRC. La 151 Miglia-Trofeo Celadrin, che come già sottolineato partirà da Livorno oggi per concludersi a Punta Ala, è una delle principali tappe del Campionato Italiano Offshore e fa parte di una combinata, che si aggiunge a quella tra la 151 Miglia e il Gavitello d’Argento, che comprende la Regata degli Isolotti (27 maggio) e la Giraglia Rolex Cup (16 giugno), oltre ad essere l’ultimo appuntamento del Trofeo Arcipelago Toscano.

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Come ti ormeggio 15 tonnellate di barca… a tutta velocità!

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ormeggio amalfiMarina Coppola ad Amalfi è un porticciolo decisamente piccolo e, in estate, sovraffollato.

Le barche sono stipate all’inverosimile. Per fortuna che ad occuparsi dell’ormeggio è Giulio, il patron dei pontili. E’ lui il protagonista dell’ormeggio che vedete in questo video: un pezzo di bravura marinara che h strappato agli equipaggi presenti (e proccupati a inizio manovra) un applauso liberatorio!

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Antenna 4G… e hai internet a 20 miglia dalla costa

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Storceranno il naso i puristi della navigazione vecchio stile, ma al giorno d’oggi disporre di una buona connessione internet a bordo vi farà veleggiare più tranquilli.
Vicino alla costa, potrete utilizzare il vostro smartphone o tablet (che, attivando la funzione “tethering”, condividerà la connessione con eventuali altri dispositivi, quali i laptop). Con la nascita della rete 4G ad alta velocità si ottengono prestazioni simili a quelle di una linea ADSL (mediamente da 50 a 100 Mbps). E con il 5G, che dovrebbe entrare in servizio intorno al 2020, il risultato sarà paragonabile a quello della fibra ottica. Ma non appena ci si allontana di qualche miglio dalla terraferma, inevitabilmente il segnale si indebolisce fino a scomparire. Se volete navigare veloci, vi sconsigliamo anche il Wifi nei porti: spesso è a pagamento e il segnale è debole a causa dell’alto numero di utilizzatori. In un’epoca nella quale una buona parte del territorio è coperto dal 4G o almeno dal 3G, queste connessioni fornite dai porti rappresentano delle soluzioni tutto sommato sorpassate.

SATELLITARI? SOLO SE FATE LUNGHE TRAVERSATE
Per lunghe traversate non esistono soluzioni alternative ai satellitari (Iridium, Inmarsat, Thuraya), affidabili ma non economicissimi in termini di acquisto iniziale e abbonamento. Le cose non cambieranno, almeno in un futuro prossimo: i gestori delle reti 4G (e presto 5G) non hanno interesse a “coprire” il mare, poiché il numero di utenti rimane relativamente basso e spesso circoscritto a determinati periodi dell’anno (estate) e della settimana (weekend).

Schermata 2016-06-01 a 15.29.39Il 4G FINO A 20 MIGLIA DALLA COSTA
Ma se navigate di frequente in Mediterraneo, e vi trovate a dover tagliare golfi o raggiungere isole abbastanza vicine alla terraferma, esiste una soluzione che vi consentirà di non perdere mai il segnale: stiamo parlando delle antenne 4G. La loro funzione è quella di ricevere in maniera ottimale i segnali 3H, H+, 3G e 4G e di metterli a disposizione degli strumenti di bordo tramite un cavo Ethernet o un router e un eventuale access point Wi-Fi. Con l’antenna più performante, potrete sperare di avere il 4G a bordo fino a una ventina di miglia dalla costa. Spesso sono plug & play: ovvero si montano in modo semplice, basta inserire una SIM et voilà. I costi si aggirano intorno al migliaio di euro.

Schermata 2016-06-01 a 15.29.54IL TEST DEI COLLEGHI FRANCESI
I colleghi francesi di Voiles et Voilers hanno effettuato un test per valutare la reale portata di tali antenne, installando a bordo di un Sun Odyssey 36 tre tipologie di prodotto: un’antenna rotonda, una a doppio tubo e una a parallelepipedo. Scrivono: “Prima di tutto abbiamo controllato sul sito dell’Agenzia Nazionale delle Frequenze (ANFR) la copertura dei diversi operatori al largo dell’isola di Groix. Poi abbiamo scelto l’operatore che a priori ci sembrava il più performante in questo luogo. Abbiamo allora posizionato un waypoint sulla nostra carta, a una buona decina di miglia a sud-sud-ovest della punta di Pen Men, a Ovest dell’isola di Groix, quindi decisamente fuori dalla zona di copertura prevista dalla rete.
Non restava altro che installare le tre antenne sull’albero di un Sun Odyssey 36. Due tra loro sono state fissate sul secondo ordine di crocette e la terza in testa d’albero. Ovviamente a bordo avevamo abbastanza computer portatili, tablet e smartphone per connetterci allo stesso tempo alle tre antenne. Ci siamo allontanati dalla costa in direzione del nostro waypoint fino a quando le nostre antenne non hanno completamente perso il segnale, procedendo poi ancora per un buon quarto d’ora lungo la stessa rotta per essere sicuri che non si trattasse di una perdita di segnale temporanea. Allo stesso modo, rientrando, ci siamo segnati in che momento il segnale si è riattivato. Per avere un termine di paragone, avevamo con noi anche due telefoni portatili collegati alla rete Bouygues (senza passare dalle antenne installate sull’albero) e di una chiavetta 4G connessa alla rete Orange. Infine, per tutta la durata del test, abbiamo regolarmente misurato i dati ottenuti con un piccolo strumento chiamato “nPerf”, utilizzabile da solo o tramite un’app Android o iOS”. I risultati, che vanno presi con le pinze poiché molto dipende dall’antenna ripetitrice 4G installata a terra dagli operatori, indicano portate comprese tra le 13 e le 18 miglia. Non male.

Schermata 2016-06-01 a 15.29.28PERCHE’ CONVIENE L’ANTENNA 4G
Ci siamo convinti anche noi della validità della soluzione, così abbiamo contattato Alessandro Bambi dell’ufficio tecnico di Glomex, azienda italiana che produce una delle antenne 4G/Wifi più all’avanguardia sul mercato, la Webboat 4G Plus, per farci raccontare qualcosa in più dell’“universo antenna”. “Se un cellulare garantisce copertura, in condizioni ottimali, fino a 3-4 miglia dalla costa, con una buona antenna 4G si può arrivare a quintuplicare la portata”, esordisce Bambi. “Ma il grosso vantaggio è la possibilità di avere tanti dispositivi connessi (fino a 32) senza avere problemi di autonomia energetica. Se poi optate per un modello dual SIM (come Webboat, ovvero dotato di due alloggi per altrettante schede SIM, avrete anche il vantaggio di poter ‘switchare’ tra una scheda e l’altra: molto comodo se si naviga spesso in Paesi diversi (come ad esempio tra Italia e Francia o Croazia. Acquistando una SIM estera l’antenna, una volta varcati i confini, passerà in automatico all’utilizzo di quest’ultima evitando i costi aggiuntivi di roaming”. Il cablaggio delle antenne è semplice: essendo spesso alimentate a 12 o 24 V hanno solo il doppio cavo rosso e nero. “I consumi in media sono di 0,5/0,6 Ah a 12 V. Più ci si allontana dalla costa più aumentano perché le antenne utilizzano maggior energia per captare il segnale del ripetitore”.

IMG_1036DOVE INSTALLARLA
Dove è meglio installare un’antenna 4G?In linea teorica, più in alto si trova e più è in grado di ricevere meglio il segnale. Ma dato che si tratta di dispositivi che creano una rete Wifi e spesso la portata di quest’ultima è limitata, non conviene montarli in testa d’albero. La posizione ideale, a mio avviso, è sul primo ordine di crocette per non avere problemi con i cablaggi e garantire una rete wireless sempre accessibile”. C’è anche un’altra soluzione, leggermente più dispendiosa ma più performante: “Esiste la possibilità di collegare con un cavo ethernet l’antenna a un access point (un dispositivo elettronico di telecomunicazioni che, collegato ad una rete cablata, o anche, per esempio, ad un router, permette all’utente mobile di accedervi in modalità wireless direttamente tramite il suo terminale) sottocoperta che ripeta il segnale Wifi.
Questo consentirà l’installazione in testa d’albero, quindi una migliore capacità di ricezione, senza intaccare la rete Wifi. Il cablaggio ethernet rappresenta l’unica difficoltà. Va inoltre detto che, a bordo di imbarcazioni di metallo, dove il segnale Wifi risulta schermato, è obbligatorio optare per quest’ultima soluzione”. Per quanto riguarda gli eventuali problemi che possono dare le antenne 4G, “sono al 99% relativi a una cattiva configurazione iniziale. Sebbene sia vero che stiamo parlando di dispositivi plug and play, è necessario leggere attentamente il libretto di istruzione in modo tale da configurare il corretto APN (Access Point Name, ovvero il nome dell’Access Point attraverso il quale verrà diramato il segnale) Wifi”.

IL GIUSTO TRAFFICO DATI
Infine, la quantità di traffico dati per un utilizzo tranquillo dell’antennavaria molto a seconda di che tipo di utenti del web siete e di quanti dispositivi a bordo volete connettere. Navigate in famiglia e non fate uso di internet per lo streaming video? Basteranno 2-3 gigabyte di traffico al mese. Se siete accaniti consumatori di Netflix o Sky, avrete bisogno di una quantità di traffico dati ben maggiore”.

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Dimmi che pesce peschi, ti dirò come cucinarlo – Prima puntata

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pescaIn due puntate, vi mostreremo i pesci tra i più comuni nei nostri mari e le ricette per cucinarli ideate dai migliori ristoranti italiani secondo Slow Food. Quest’estate in barca piantatela di cucinare la solita pasta o la triste insalata col tonno e offrite al vostro equipaggio questi prelibati piatti di pesce. Non sono ricette difficili e vedrete che l’equipaggio vi applaudirà. Abbiamo scelto pesci che, ovviamente, potrete pescare voi stessi alla traina o a bolentino…

AGUGLIA
Comunissima nei mari italiani, si può trovare anche lungocosta, è famosa per i suoi salti fuori dall’acqua, si pesca alla traina o in rada a mezz’acqua. La carne è gustosa, compatta e soda. Lung. max 100 cm. Nome scientifico: Belone Belone

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Aguglie con il salmoriglio
Pulite le aguglie, lavatele e asciugatele. Arrostitele sulla brace fino a doratura e posatele in un piatto di portata. Versate l’olio in un pentolino e, sbattendo con una frusta, aggiungete mezzo bicchiere d’acqua calda, il succo dei limoni, il prezzemolo e l’origano tritati, lo spicchio d’aglio schiacciato, sale e pepe. Quando il composto ha raggiunto una certa omogeneità, scaldatelo a bagnomaria per qualche minuto. Versatelo in una salsiera e portate in tavola con il piatto delle aguglie. Sempre siciliane le varianti: una sostituisce il succo di limone con vino rosso, un’altra non contempla l’uso del prezzemolo.

Per 6 persone: 4 aguglie di circa 2 etti l’una, uno spicchio d’aglio, un ciuffetto di prezzemolo, un ciuffo di origano fresco, 2 limoni, un bicchiere di olio, extravergine di oliva, sale, pepe. Tempo di preparazione e cottura: mezz’ora.

Il ristorante: Romano Zappulla, Floridia (Siracusa)

SPIGOLA (O BRANZINO)
Si trova lungo le coste, anche in pochi centimetri d’acqua, il gusto delle sue carni ne fa la regina dei pesci dei nostri mari. Si pesca con lenze, tremagli e fucile. Lungh. max oltre un metro. Nome scientifico: Dicentrarchus labrax

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Spigola all’acquapazza
Procuratevi preferibilmente una spigola nata e cresciuta in mare. Evisceratela e lavatela. Soffriggete nell’olio extravergine lo spicchio d’aglio intero. Quando è ben dorato toglietelo e aggiungete i pomodorini, schiacciati e privati dei semi, un po’ d’acqua e il vino. Fate prendere il bollore e unite il pesce. Salate, pepate e spolverate con il prezzemolo tritato. cuocete a tegame coperto per circa un quarto d’ora. Servite subito. Come in molte ricette campane, non solo di pesce, anziché gli inflazionati pachino (o pseudo tali) si usano qui i pomodorini del piénnolo, appesi a grappoli al sole sui muri delle case.

Per 4 persone: una spigola di circa un chilo, uno spicchio d’aglio, un ciuffo di prezzemolo, 3 etti di pomodorini del piénnolo, mezzo bicchiere di vino bianco secco, 40 g di olio extravergine di oliva, sale, pepe. Tempo di preparazione e cottura: mezz’ora.

Il ristorante: Ristorante Casa Rossa 1888 al Vesuvio, Ercolano (Napoli)

CERNIA BRUNA
La preda più ambita dei cacciatori sub, vive in fondali rocciosi da pochi metri ad alte profondità. La si prende anche alla lenza, ma è difficile tirarla su. Carni ottime. Lung. max 150 cm. Nome scientifico: Epinephelus marginatus

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Cernia alla matalotta
Soffriggete la cipolla in olio extravergine. Aggiungete la cernia, bagnate col vino e lasciate sfumare. Coprite con acqua per metà, aggiungete il sale, lo zafferano, il prezzemolo e il peperoncino, cuocendo a fuoco lento per una ventina di minuti. Adagiare il tutto su un piatto di portata e servire caldo. La ricetta, che si adatta anche ad altri pesci a polpa soda, sarebbe originaria delle isole Egadi e se ne prepara una versione senza zafferano ma con mandorle tritate. La trattoria Piccolo Napoli di Palermo propone, sotto il titolo di cernia alla marinara, anche un umido con aglio soffritto in olio, pomodori pelati, olive, capperi e peperoncino. Si cuoce in questo intingolo il pesce, coperto per metà di acqua, a fuoco lento, aggiungendo a fine cottura un bicchiere di vino bianco secco e un ciuffo di prezzemolo tritato.

Per 4 persone: una cernia pulita e squamata del peso di circa un chilo e 2 etti, 2 cipolle, un ciuffo di prezzemolo, 2 bustine di zafferano, mezzo bicchiere di vino bianco secco, olio extravergine di oliva, sale, peperoncino in polvere Tempo di preparazione e cottura: mezz’ora.

Il ristorante: Trattoria Piccolo Napoli, Palermo

DENTICE
Predatore aggressivo, vive in fondali rocciosi, e in acque basse. Si pesca anche con la traina, difficile da catturare per i sub. Le carni sono magre e pregiate. Lung. max 100 cm. Nome scientifico: Dentex dentex

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Dentice arrosto alla ligure
Pulite e desquamate il dentice. Fate rinvenire in acqua tiepida i funghi, strizzateli e tritateli assieme all’aglio e al prezzemolo. Salate e ponete il pesce in una teglia unta con olio. Inserite nella cavità del ventre una parte del trito, aggiungendo sale, pepe e un cucchiaio di olio. Ungete la superficie con altri due cucchiai di olio, quindi spargete il resto del trito. Salate ancora, incoperchiate (se la teglia è scoperta avvolgete il pesce in un foglio d’alluminio) e infornate per 10 minuti a 200 °C. Abbassate poi la temperatura a 170 °C e proseguite la cottura per 20 minuti. A questo punto, scoperchiate e bagnate bene il pesce col fondo di cottura. Nel caso in cui il dentice sia asciutto, aggiungete qualche cucchiaio d’acqua. Terminate la cottura a teglia scoperta dopo ulteriori 10 minuti a 200 °C. Per abbreviare leggermente i tempi di cottura, potete praticare qualche taglio trasversale sul fianco del pesce.

Per 6 persone: un dentice di circa un chilo e 8 etti, un pugno di funghi secchi, 2 spicchi d’aglio, un ciuffo di prezzemolo, olio extravergine di oliva, sale, pepe. Tempo di preparazione e cottura: un’ora.

Il ristorante: Gina Semeria, Imperia

ORATA
Principessa dei pesci mediterranei, è bella e ha carni delicate, compatte e con poche spine. è ermafrodita (prima maschio, poi femmina). Vive in bassi fondali rocciosi e algosi. Lung. max 70 cm. Nome scientifico: Sparus aurata

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Orata alla campidanese
Per questa ricetta potete procedere in due modi. L’orata può essere pulita in modo da ricavarne filetti privi di lische e di pelle. I filetti vanno spadellati a fuoco vivo con olio extravergine, fino a formare da entrambe le parti una crosticina dorata. A questo punto aggiungete la Vernaccia e le olive, regolate di sale e di pepe e cuocete sino alla completa evaporazione del vino. Se lo ritenete necessario, potete bagnare il tutto con un po’ d’acqua o, meglio, con una spruzzata di fondo di pesce. Diversamente l’orata può essere cotta nel forno. In tal caso va squamata ed eviscerata, messa in una teglia con le olive e l’olio extravergine e infornata per circa 20 minuti alla temperatura di 180 °C. A metà cottura irrorate la preparazione con il vino e, se notate che tende a rinsecchire, bagnatela con acqua o brodo di pesce.

Per 4 persone: un’orata di circa un chilo e 2 etti, 2 etti di olive nere in salamoia, un bicchiere di Vernaccia, olio extravergine di oliva, sale, pepe. Tempo di preparazione e cottura: 25 minuti.

Il ristorante: Trattoria Il Rifugio, Nuoro

RICCIOLA
Un pesce dei nostri mari che in estate si trova anche molto vicino alla costa, presso pareti a picco e sulle secche. Si pesca anche alla traina. Carni ottime, anche a crudo. Lung. max 200 cm. Nome scientifico: Seriola dumerili

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Tranci di ricciola alla brace
Ungete lievemente le trance di ricciola e ponetele sulla brace. Rigiratele ogni tre minuti fin quando saranno uniformemente cotte da entrambi i lati, e aggiustate di sale. A parte preparate la salsina, emulsionando l’olio extravergine e il succo di un limone e aggiungendo l’aglio e la mentuccia tritati. Sistemate le trance sul vassoio e rigiratele nel sugo. Se non disponete di brace, potere cuocere al forno le trance di ricciola. In tal caso sistematele in una teglia lievemente unta in cui, con aglio e prezzemolo tritati, avrete versato un po’ d’acqua. Regolate di sale e, a cottura, condite con succo di limone.

Per 4 persone: 4 trance di ricciola: di 3 etti l’uno, 3-4 spicchi d’aglio, un rametto di mentuccia, il succo di un grosso limone, un bicchiere di olio extravergine di oliva, sale. Tempo di preparazione e cottura: 20 minuti.

Il ristorante: Ristorante Margherita, Sant’Agata sui Due Golfi di Massa Lubrense (Napoli)

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INCHIESTA – Barca usata, è il momento giusto!

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Il mercato delle barche usate per chi compra non è mai stato una miniera di vere occasioni come quest’anno. Un po’ meno per chi vende.
I prezzi sono scesi rispetto al 2008 mediamente di un 20/30%. Ma una cosa è certa per il venditore, se la barca e’ stata ben tenuta, la garanzia di trovare presto un compratore è assicurata. E per chi acquista sarà sempre un affare. Perchè il mercato è ripartito, è tornato possibile subentrare ad un leasing e si è ripristinato il rapporto di venduto tra barche nuove ed usate, in media per ogni barca nuova si vendono dieci barche usate. E poi anche nel mare insidioso di internet si sta mettendo ordine.

Schermata 2016-06-01 a 17.29.34Anche noi del Giornale della Vela ci siamo adeguati creando una nuova piattaforma, topboatmarket.com, a cui si accede direttamente dal sito giornaledellavela.com. I vantaggi di topboatmarket sono svariati, dalla garanzia delle offerte di broker selezionati che inseriscono solo le loro offerte garantite, alla possibilità per i privati di inserire on line gratuitamente la loro offerta e, a condizioni favorevoli, di poterle anche inserire sul famoso “Compro&Vendo” di questo giornale, acquistando con un semplice sistema dei crediti. Per fare un esempio, con 19 euro si acquisiscono crediti per 30 euro, un bel vantaggio! Ma sono anche tanti altri i “plus” di topboatmarket.com: dalla geolocalizzazione degli annunci per poter scegliere zona per zona in base al porto di armamento. Altro non trascurabile vantaggio, su topboatmarket.com si possono visionare centinaia di schede di barche con le relative valutazioni.

E qui si apre il capitolo relativo al giusto prezzo. Qual è? A prescindere dai parametri soggettivi e dalla legge della domanda e dell’offerta, da un punto preciso bisogna partire. Qui sotto vi proponiamo quella che è la base di partenza per la valutazione di una barca, ovvero gli indici di svalutazione del bene. Leggeteli con attenzione perché è da qui che, compratore o venditore, che bisogna partire per valutare una barca usata.

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Dicevamo del mercato. La vera ricerca per un compratore, è distinguere tra una barca in buona efficienza e una trascurata. Sono tantissime le barche usate perfette ed efficienti, in condizioni spesso più affidabili di quelle nuove, perchè tutto è stato rodato e sono stati eliminati eventuali difetti di progettazione e allestimento. Ma attenzione cari compratori, dietro un’aspetto a prima vista eccellente, si possono annidare difetti e guai che potrebbero costarvi cari. Non lasciatevi affascinare, ad esempio, da una dotazione elettronica ridondante. La barca usata perfetta è quella dove non sarà necessario effettuare alcun investimento a breve termine. Ma come si fa a capire se dietro la facciata ci sono magagne? Bisogna essere degli esperti, o affidarsi a chi ne sa più di voi. Ci sono ottimi professionisti che fanno proprio questo mestiere. Quanto costano? Il prezzo corretto di un perito riconosciuto può essere valutato in base ai metri della barca. Il costo giusto è di 40/60 euro al metro. Sono soldi ben spesi sia per chi vende, sia per chi compra e possono essere equamente ripartiti tra i due soggetti. Attenzione, non stiamo parlando di perito assicurativi che invece devono soprattutto determinare il valore della barca.

Schermata 2016-06-01 a 17.30.26COSA VERIFICA UN BUON PERITO IN COPERTA
Abbiamo seguito passo a passo la verifica di uno dei più reputati periti italiani e vi raccontiamo passo a passo il suo lavoro. Il nostro esperto parte da prua, esaminando il pulpito di prua, per verificare se è bene fissato. Con una decisa pressione del piede verifica l’ancoraggio a sinistra e a destra. A occhio controlla se il pulpito è dritto o ha storture o fessurazioni. Il pozzetto dell’ancora è un buon punto dove verificare dall’interno la giunzione scafo/coperta, oltre a controllare lo stato del salpancore e del barbotin. Si arretra sulla coperta prodiera verso l’osteriggio prodiero. Controllo accurato delle guarnizioni senza dimenticare di verificare lo stato del sistema di chiusura dall’interno. Ma dove si sofferma a lungo il nostro investigatore sono i candelieri e le lande, a cui riserva un trattamento “choc”. Non gli basta un’ispezione a vista. Tocca, scuote, “violenta” tutto cio’ che è fissato in coperta. E non si fa impressionare da eventuali “ragnatele” del gelcoat in corrispondenza degli attacchi in coperta. Non sono per forza indice di debolezza strutturale, ma semplicemente il segno del tempo che passa. Passascotte, rotaie, pulegge di rinvio, stopper, winches, controllo accurato. In pozzetto e in coperta prova pratica per l’antisdrucciolo e i puntapiedi. Si avvia a poppa e con un colpo deciso alla barra o alla ruota, ci dice che è corretto se c’è un minimo di gioco. Un colpo di tallone per verificare la solidità delle bitte d’ormeggio.

Lungo tutto il percorso in coperta l’esperto continua a molleggiarsi, premendo con tutto il suo peso sulla superficie, alla ricerca di eventuali punti “molli” che sono il segnale di delaminazione del sandwich di vetroresina. Sarebbero guai! Non si dimentica di azionare la pompa di sentina esterna manuale e fa un’attenta verifica dell’alloggio della bombola del gas e dello stato di tubi e giunzioni. Apre ogni gavone e con la torcia controlla lo stato del fondo. Agli strumenti elettronici da un’occhio per vedere lo stato dei ripetitori, l’importante in seguito sarà la verifica accurata del loro funzionamento e la correttezza dei dati forniti. Poi torna sui suoi passi e parte con l’ispezione dell’albero. Il suo sguardo attento si posa sulla mastra (l’albero della barca è passante) per notare se ci sono fessurazioni nascoste. L’ispezione prosegue con il sartiame. Se ha più di dieci anni, il suo caldo consiglio è di cambiarlo. Si issa con il bansigo sino in testa d’albero, ispeziona lo stato delle pulegge di rinvio delle drizze, poi scende alle crocette e agli attacchi delle sartie, dove controlla gli attacchi all’albero. Ridisceso in coperta, massima attenzione allo stato degli arridatoi e alla giunzione del sartiame (gli attacchi delle lande sono già stati controllati). Poi passa al boma, dove fa lavorare di brutto – sopra, sotto e trasversalmente – la trozza per verificare l’usura del raccordo albero/boma. Già che c’è, il perito controlla anche lo stato di tutti gli altri osteriggi/passo d’uomo in coperta.

LE VERIFICHE SOTTOCOPERTA E SULL’OPERA VIVA
Il nostro esperto scende sottocoperta e sembra un cane da tartufo. Annusa l’ambiente alla ricerca di cattivi odori di muffa e carburante. Non esiste, dice, nessun sistema per coprire cattivi odori che derivino da umidità e perdite di carburante. Poi passa al controllo, partendo sempre da prua. La sua parola d’ordine è che la barca sia vuota, eliminando tutto quello che si accumula a bordo è più semplice ispezionare e rendersi conto di aloni di umidità che evidenziano vie d’acqua occulte. Via tutti i paglioli e aperti tutti i gavoni la caccia è alla delaminazione al piede dei mobili nella giunzione con lo scafo. Se l’acqua di sentina è stata presente a lungo allora ci possono essere problemi. Come un investigatore controlla tutte le prese a mare alla ricerca di riparazioni sospette. Ne approfitta per far partire tutto il circuito dell’acqua dolce e per esaminare lo stato dei wc. Quando si inginocchia sul fondo per verificare l’imbullonamento della chiglia sembra un chirurgo prima di un’operazione. Controlla in modo certosino se i bulloni presentano corrosione. Lo stesso trattamento agli attacchi delle lande, in questo caso alla ricerca di eventuali movimenti o scollamenti sospetti. Attacca anche tutte le luci possibili e dà un’occhiata al retro del pannello elettrico.

Poi passa alla cassa delle batterie che controlla con un tester intelligente. L’attenzione ora è per il motore. Chiede innanzitutto di cambiare l’olio, lo vuole analizzare. Secondo lui è il miglior modo per comprendere il vero stato del motore. Poi passa ad un’analisi accurata dell’alternatore e dello stato della cinghia e della sua tensione. Altro punto cruciale la verifica dello stato dei silentblock di ancoraggio del propulsore allo scafo. Anche lo stato dello scappamento e del silenziatore sono essenziali per evitare future uscite di fumo e polvere nera all’interno, causate da ossidazione e fessurazioni. Ne approfitta per fare una verifica attenta dei frenelli e del sistema di governo. Chiede di accendere il motore a freddo (mai a caldo!), ad orecchio sente se le valvole sono mal regolate sentendo se a basso regime il motore “ciocca” e salendo di giri se il fumo che esce è assente e di scarsa entità. Poi il colpo da maestro, con la mano passa il fondo della sentina, che risulta pulito a specchio. Stringe il pugno e sente se c’è una viscosità sospetta e annusa il palmo della mano. Il nostro esperto ci dice che è impossibile eliminare dalla sentina tracce di fuoriuscita di carburante e olio.
Arriva il tempo del controllo del funzionamento dell’elettronica, del corredo vele e del rullafiocco. Sceso a terra, passa alla verifica forse più importante, quella dell’opera viva. Un rapido controllo allo scafo per capire se alcune bolle sono semplicemente delle imperfezioni nella posa in opera dell’antivegetativa o nascondono tracce d’osmosi, ovvero di infiltrazioni d’acqua nel sandwich della vetroresina. Si concentra sull’attacco del bulbo.

Ci dice che segni di corrosione su una barca di una certa età non sono sinonimo di problemi, se invece sul bordo d’attacco c’è troppo stucco…allora potrebbe mascherare qualche urto importante. Passa ad osservare la pala del timone per vedere se ci sono riparazioni nascoste. Poi controlla il gioco dell’asse: non è preoccupato, al limite sono da cambiare le boccole. Nel nostro caso la barca è dotata di sail drive. L’esperto passa un bel po’ di tempo a verificare se ci sono microfessure sulla cuffia. Se entra acqua nel piede si rischia di grippare la trasmissione e sono guai.

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BREAKING NEWS – Pendragon fa strike (per la quinta volta) alla 151 Miglia

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13343107_1747172725520195_1172263021024787002_nIn poco più di 10 ore (10 ore, 0 minuti e 36 secondi) il Davidson 70’ Pendragon dell’armatore Nicola Paoleschi ha vinto i line honours per la quinta volta su sette partecipazioni alla 151 Miglia!

Pendragon nella sua precedente livrea rossa

Pendragon nella sua precedente livrea rossa

GLI ALTRI “GRANDI”
Al secondo posto, dopo un match-race durato quasi tutta la regata l’RP My Song di Pierluigi Loro Piana (distanziato di meno di due minuti) e al terzo gradino in reale il Vismara Mills 62 SuperNikka di Roberto Lacorte, che lo scorso anno si era aggiudicato i line honours. Al quarto posto Atalanta II di Carlo Puri Negri, fresco di refitting a cura di Felci Yachts, davanti a Ourdream – Rigoni di Asiago. Al sesto posto ancora una superbarca, l’FY 61 Itacentodue di Adriano Calvini. E’ ancora presto per conoscere i vincitori in compensato, con la maggior parte della flotta (208 barche iscritte, 175 al via) ancora in regata. Presto gli aggiornamenti

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FOTOGALLERY – Mare Forza Venti, mamma che foto!

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Immagini delle regate "Vele d'Epoca di Imperia 2012" Imperia, 25-9/09/2012 Photo ©Francesco & Roberta Rastrelli protected by Copyright Editorial use only for press release

Un excursus suggestivo di cinquanta scatti che immortalano, con la medesima ammirazione, i piccoli Optimist dei Velisti in erba, le classi metriche olimpiche, così come le imponenti Signore del Mare e i moderni catamarani dell’America’s Cup. E’ “Mare Forza Venti”, la mostra di foto di Francesco Rastrelli e Roberta Roccati – Blue Passion Photo, promossa da la Scala Studio Legale e Garnell, in esposizione dall’8 giugno al 14 luglio 2016, presso l’Auditorium “Piero Calamandrei” dello Studio Legale La Scala, in via Correggio 43, a Milano. L’inaugurazione – aperta al pubblico – è prevista con un vernissage l’8 giugno alle 18:30. Qui vi forniamo una gustosa anteprima con alcuni scatti dei fotografi.

GUARDA IN ANTEPRIMA LE FOTO DELLA MOSTRA

Regate Vele d'Epoca di Imperia 2012
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CI SARANNO ANCHE POGGI E MARRAI
A coronamento di oltre 10 anni di successi professionali nella foto sportiva di yachting, i fotografi Francesco Rastrelli e Roberta Roccati hanno selezionato una collezione di immagini tratte dalle maggiori regate nel Mediterraneo
. Nell’occasione, verrà presentato anche il Garnell Sailing Team di cui sono promotori Filippo e Giuseppe La Scala. Interverranno Francesco Marrai e Giorgio Poggi, che rappresenteranno l’Italia alle Olimpiadi di Rio 2016, rispettivamente nelle classi Laser e Finn.

I partecipanti all’evento saranno omaggiati di una copia del catalogo della mostra. Le foto di “Mare Forza Venti” sono in esposizione da giovedì 9 giugno a giovedì 14 luglio 2016, dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 18.00.

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Cippa Lippa 8 e My Song si portano a casa la 151 Miglia

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My Song. Foto Fabio Taccola

Foto Fabio Taccola

Eccoli i vincitori in tempo compensato della 151 miglia, la regata lunga che si conferma in sempre maggiore ascesa.

Sono il Cookson 50 Cippa Lippa 8 di Guido Paolo Gamucci (a bordo, tra gli altri, Gabriele Bruni e Francesco Diddi), primo assoluto overall nel gruppo ORC International, e il Maxi Pendragon di Nicola Paoleschi, vincitore della regata in tempo reale con un crono (17 ore, 55 minuti e 36 secondi) molto vicino al record stabilito nel 2011 da Our Dream, che quindi continua a resistere nell’albo d’oro dell’evento.

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Per quanto riguarda la classifica overall IRC, il successo non è sfuggito al Maxi My Song di Pigi Loro Piana (in equipaggio l’ex olimpionico Pietro Sibellio e numerosi ex Coppa America tra cui Lorenzo Mazza), secondo in reale a poco meno di due minuti da Pendragon.

Una gran bella regata e una vittoria molto importante che premia il lavoro del nostro equipaggio”, ha dichiarato Guido Paolo Gamucci, armatore di Cippa Lippa 8, visibilmente soddisfatto per aver conquistato il successo in ORC, valido anche per la classifica del Campionato Italiano Offshore.

VUOI SCOPRIRE LE CLASSIFICHE COMPLETE? CLICCA QUI SOTTO

Classifica IRC

Classifica ORC

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VIDEO Manovre, incroci, emozioni: così si regatava 50 anni fa!

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Riprese aree, on-board camera “ante litteram”: il video che vi mostriamo immortala una delle mitiche regate di sempre, la Settimana di Cowes, nel Solent, una delle patrie della vela. Peccato che si tratti di un documento d’epoca di 51 anni fa!
Allora ci domandiamo: la vela di adesso, fatta di foils e bolidi volanti, è davvero più “televisiva” e spettacolare? Cosa ne pensate?

COWES WEEK – 1965

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E tu, sei sicuro di sapere cos’è uno yawl? GALLERY

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ape_yawlDurante i raduni di barche d’epoca o passeggiando nei porti, sicuramente capita di commentare “Guarda come è bella quella goletta…” ma non sempre si ha la certezza di aver azzeccato l’armo. Il mondo della vela è affascinante perché ha poche regole, basta un guscio che galleggi e un pezzo di tela per navigare. In giro per il mondo si trovano tracce di imbarcazioni con gli armi più disparati, come se fossero rivisitazioni di armi aurici o a tarchia.

Alcune, in Polinesia e in Africa ad esempio, sono ancora utilizzati e perfettamente funzionali. Ma nei paesi “moderni”, dove la tecnologia macina passi da gigante nel settore dei materiali, ecco che si sperimentano nuove soluzioni o piuttosto soluzioni  che rivisitano armi di centinaia di anni fa. Mi riferisco per esempio al Maltese Falcon, mega yacht con le vele quadre, come erano nell’800. Certo le differenze sono molte: sulle  navi dell’epoca per issare la randa ci volevano 100 uomini, oggi basta premere un pulsante.

CLICCA SUI DISEGNI PER SCOPRIRE DI CHE ARMO SI TRATTA

YAWL Simile al ketch, si tratta di un bi-albero con due rande la maestra e la mezzana. In questo caso l’albero di mezzana si trova a poppavia dell’asse del timone.
TARCHIA Con Tarchia si indica la vela o la barca con un solo albero con randa a Tarchia. è a forma di trapezio, con un picco che parte quasi dalla mura e la tiene spiegata.
GOLETTA Di norma è un armo di grandi imbarcazioni, si distingue perché ha due alberi e, al contrario del Ketch o dello Yawl, la randa maestra è quella di poppa.
KETCH Scafo con due alberi, si distingue dallo Yawl, perché l’albero di poppa, detto di mezzana, si trova a proravia dell’asse del timone.
CUTTER Tutt’ora diffuso, si tratta di un armo con due stralli per i fiocchi a prua. Esistono diverse versioni, tra cui l’aurico a cutter, con randa trapezoidale, fiocco e controfiocco.
ARMO CAT L’armo Cat è più diffuso per le barche piccole. Si tratta di una conformazione con la sola randa, unica vela a bordo, e albero spostato molto a prua.
AURICO Si caratterizza  per una randa trapezoidale armata su due pennoni, il picco in alto e il boma in basso; può avere anche una seconda randa, la cosiddetta controranda.
SLOOP Indica una barca con un solo albero, con una sola randa e una vela di prua, fiocco o genoa. la prima non ha sovrapposizione sulla randa, la seconda invece si.

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“Sono Timoteo: questa è la mia famiglia, l’Oceano è la mia casa”

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Togliamoci subito il dubbio: non è vero che per girare il mondo in barca a vela bisogna per forza avere un sacco di soldi, essere ricchi di famiglia…
Con ingegno, organizzazione e olio di gomito quello che è il sogno di molti può diventare realtà. A dimostrarlo c’è la storia di Timoteo “Timo” Pancin, che da quando ha ventuno anni (oggi ne ha 40) vive in barca, portando gente a zonzo per i mari, dal mediterraneo ai Caraibi… e oltre. “Quello di navigare è sempre stato il mio sogno, ispirato anche dai miei genitori. A 15 anni ho regalato loro una carta del mondo avvisandoli che avrebbero avuto quattro anni di tempo per decidersi a partire. Se non l’avessero fatto loro sarei partito io. Alla fine, è così che è andata: non puoi aspettare di avere sessant’anni per salpare e fare il giro del mondo!”. Già, in tanti non partono mai perché in fondo hanno paura di quella enorme massa d’acqua che sono gli oceani. “Eppure”, mi interrompe sorridendo Timo, “il Mediterraneo è molto più faticoso e difficile dell’oceano, soprattutto se si naviga da soli. Ti faccio un esempio: per cinque anni sono sceso fino alle Eolie e quando da lì devi tornare su fino a La Spezia e cerchi di farlo in una sola tirata, non riesci certo a stare sveglio per 400 miglia. Una volta arrivato all’Elba mi sono addormentato tre volte mentre entravo a Portoferraio! Senza contare il problema del traffico…”.

altAoFifwG_SvvMtPltMyAZd_O0zDOl-TN3YJgX667ASTQl_jpgUNA SCELTA DI VITA
Ma come è iniziata questa lunga avventura? “Nel 2001 ho fatto la mia prima traversata atlantica con alcuni clienti, partecipando alla ARC e approdando alle Antille. Ai tempi avevamo già una buona visibilità grazie alla società di charter creata dai miei genitori (la Timone Charter). Dopo aver trascorso la stagione invernale ai Caraibi, sono partito insieme a due ragazzi per la traversata di ritorno; uno di loro, un diciannovenne francese, l’ho ‘trovato’ che faceva il cameriere in un bar a St Marteen e saliva per la prima volta su una barca! Dovendo fare la stagione estiva in Mediterraneo, siamo stati costretti a partire un po’ di corsa… a causa di una forte depressione è stata una vera avventura!”. Timoteo ha continuato per alcuni anni a saltare dal Mediterraneo ai Caraibi, spesso da solo, finché nel 2005 non ha incontrato Miriam. “è lei che ha realizzato il sogno della mia vita. Le ho proposto di salire a bordo e lavorare con me. Lei mi ha risposto semplicemente: ‘Ok, partiamo’.

20140601_091710Siamo salpati per la stagione ai Caraibi e quell’anno, per Vele senza frontiere, abbiamo iniziato a consegnare medicinali ad Haiti. Fu una stagione lunghissima… Un luogo indimenticabile? “St Marteen senza dubbio. Lì una sera abbiamo incontrato un rasta molto alterato che teneva un gattino in mano e minacciava di mangiarlo. Sono riuscito a comperarlo per cinque dollari. Il veterinario non pensava potesse arrivare al giorno dopo. Invece si è ripreso e da lì in poi ha navigato con noi, trascorrendo gli inverni ai Caraibi e l’estate in Mediterraneo, dove nel frattempo avevamo comprato un Beneteau 51, più adatto al charter rispetto al nostro Moody 41”. Certo, la vita in barca, soprattutto se ci si deve guadagnare da vivere, non è sempre rose e fiori: “Vero, non è che noi la barca la facciamo preparare a un altro. Se vivo a bordo e ci lavoro, sono io che ci metto le mani. Devi saper essere allo stesso tempo un meccanico, un attrezzista, devi capire un po’ di elettronica, soprattutto se non hai le finanze. Una volta alle Galapagos il pilota automatico non voleva più saperne e l’ho riparato con quello che ho trovato a bordo. Funziona ancora adesso!”.

20130319_070509LA FAMIGLIA SI ALLARGA
Dopo quattro anni alternando, insieme a Miriam, le stagioni tra Antille e Mare Nostrum, accade qualcosa destinato a cambiare le loro vite. “La scoperta, mentre eravamo ai Caraibi, di aspettare Nami, la nostra prima figlia. Abbiamo dovuto attraversare il mar dei Caraibi, uno dei tratti di mare più impegnativi del mondo, soprattutto in primavera, e Miriam ha affrontato mille miglia di mare con le nausee”. Nami non poteva che avere il mare nel DNA. “Dopo la sua nascita, appena ha avuto le vaccinazioni dei tre mesi, siamo ripartiti tutti insieme per Cartagena, risalendo a bordo e trascorrendo altri tre inverni alle San Blas. Ecco, se i Caraibi sono la perfezione per andare in giro in barca a vela, San Blas è fantastica perché a poche decine di miglia hai Panama, dove puoi fare rifornimento spendendo pochissimo, puoi vivere di pesca e al tempo stesso riesci a lavorare col charter e i clienti che arrivano dall’Italia. Poi lì si è creata una comunità; sai, è bello fare il navigatore a zonzo per gli oceani, ma è ancora più bello condividere la tua vita con gli amici, magari chiamarsi col vhf per organizzare una grigliata su un atollo dopo che hai pescato un pesce più grande del solito. Ma dopo tre anni abbiamo deciso: era il momento di fare il grande salto: l’oceano Pacifico”.

SAMSUNG DIGITAL CAMERAIL GRANDE SALTO IN PACIFICO
Non una scelta facile. “I timori erano tanti, perché sapevamo che lavorare sarebbe stato difficile. Ma ci siamo detti: ‘Adesso o mai più’”. Ed ecco le Galapagos, la baia delle Vergini alle isole Marchesi (“sembrano le Dolomiti piantate in mezzo all’acqua blu del Pacifico”), dove Timo e Miriam scoprono che la famiglia sta per allargarsi ancora… Decidono di far nascere Tea in Polinesia (il suo nome è proprio dedicato all’isola di Raiatea), e per alcuni anni sembrano avere trovato una vita “terrestre”, pur vivendo sembre a bordo del KeaDue. Nami si iscrive a scuola e Timo ha modo di dimostrare le proprie capacità di tecnico e attrezzista. “Non eravamo ricchi, anche perché la vita costa carissima. Arrivavamo stretti a fine mese ma è stato un un bel periodo”. Dopo circa due anni una serie di problemi burocratici obbligano tutta la famiglia a spostarsi prima alle Tonga e poi alle Fiji, ultima tappa (per ora) di questo incredibile viaggio intorno al mondo. Ovviamente in famiglia.

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Ernesto Riva Daysailer 25, il fascino immortale del legno

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IMG_4660Nasce da un’idea di Marco Giudici, skipper esperto e appassionato dinghista, e dal progetto di Carlo Bertorello il nuovo Ernesto Riva Daysailer 25.

Disegno che riprende le linee dei primi anni 70, con guscio autoportante in strip planking di mogano (l’esperienza di Daniele Riva nella lavorazione del legno è stata qui fondamentale). Le appendici prevedono una lifting keel ad alto allungamento, zavorra in un siluro a sezione schiacciata e il timone profondo. Quest’ultimo può essere sollevato in una feritoia stagna predisposta nel gavone di poppa e sfilato dall’alto per sistemare la barca sul carrello.

Click to view slideshow.

 

Il rig è realizzato con tubi in lega leggera o fibra di carbonio. Lunghezza e pesi contenuti permettono di alberare facilmente la barca senza gru. Il piano velico prevede un working jib con garrocci sullo strallo e un code 0 non inferito, murato sul bompresso estensibile in legno lamellare. Gennaker e MPS completano il piano velico. Dati: lft. 7,55 m; larg. 2,45 m; pesc. 0,65/1,55 m; sup. vel. 34 mq. www.barcheriva.it, www.carlobertorello.com

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Intervista… ai sistemi idraulici di bordo

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sistemi idrauliciLe applicazioni dei sistemi idraulici a bordo sono molteplici. Per uno scafo da crociera, fino a 50 piedi, di norma si trova solo paterazzo e vang. Per scafi di dimensione maggiore anche il tesabase. Su scafi prettamente da regata, di oltre i 50 piedi e con l’albero in carbonio, si iniziano a trovare anche il mast jack per la regolazione dell’albero. Sui maxi yacht può essere adottato anche lo stay adjuster, un sistema che regola la tensione dello strallo di prua.

thumb_440x293GDVDICGENPAG94_01INTERVISTA… ALL’IDRAULICA DI BORDO
I sistemi idraulici possono essere installati su ogni tipo di barca?

In teoria sì, ma per avere un’idea di grandezza si può affermare che i sistemi idraulici possono essere utili su barche a partire da una dimensione di 40 piedi. Questo perché normalmente i carichi su barche inferiori possono essere facilmente supportati e manovrati da sistemi meccanici. Altro motivo, riguarda l’ingombro: è ovvio che per montare un sistema idraulico c’è bisogno di spazio dove installare i componenti, e di norma su barche inferiori a 40′ di spazio disponibile non ce n’è a sufficienza.

Dove possono essere montati?
Per le barche da crociera, e a partire appunto dalla dimensione di 40 piedi, il primo sistema idraulico che viene adottato è il tendipaterazzo, seguito dal vang, e infine dal tesabase, man mano che la dimensione della barca aumenta.

thumb_440x293GDVDICGENPAG94_03Posso sostituire anche in un secondo momento una manovra meccanica in una idraulica?
Sì, ogni manovra può essere sostituita quando si desidera. Certamente il sistema più semplice da cambiare è il tendipaterazzo. In questo caso, infatti, viene installato un modello idraulico integrale, cioè con la pompa integrata nel cilindro. Con questa soluzione non bisogna montare nessuna centralina e la regolazione avviene direttamente sul cilindro. Per gli altri sistemi, come il vang e il tesabase, il lavoro è più complicato perché è necessario l’utilizzo di una centralina e del passaggio dei tubi di raccordo dell’olio. Ma se per il vang a volte si riesce a trovare facilmente una soluzione, per il tesabase il discorso diventa un po’ più complesso. A volte si possono fare delle modifiche al boma esistente, in modo da inserire un cilindro idraulico al suo interno. Ma se tale operazione non è possibile, bisogna sostituire il boma.

Esiste un termine di grandezza per capire se il vang è meglio idraulico o meno?
Ovviamente esistono dei limiti di carico. Per avere un’idea, su barche oltre i 60 piedi è quasi sempre necessaria l’adozione di un sistema idraulico, in quanto non sono reperibili sul mercato dei vang meccanici con una spinta sufficiente a sorreggere il peso del boma.

thumb_440x351GDVDICGENPAG94_02Da che cosa è composto un impianto idraulico completo?
Prendendo come esempio un 50 piedi con vang, paterazzo e tesabase a regolazione idraulica, l’impianto tipo prevede una centralina, di norma posizionata in pozzetto, che controlla tutte e tre le manovre (vedi immagine sopra). Di norma è composta da una sola valvola che comanda le tre funzioni, (basta spostare l’interruttore sulla manovra), un manometro che indica la pressione caricata e un tasto per il rilascio della manovra. Per “pompare” si ha a disposizione una leva amovibile nella versione manuale o una pulsantiera in quella elettrica. Tra i vari optional esiste anche il Quick Release, un pulsante di emergenza montato sul piano di coperta, facilmente raggiungibile dal timoniere, che con la pressione del piede permette di rilasciare completamente il vang.

Di che tipo di manutenzione hanno bisogno? 
Tendenzialmente i sistemi idraulici non necessitano di manutenzione, controllate periodicamente lo stato delle guarnizioni dei raccordi dei tubi, sono l’unico punto debole dell’impianto e la loro rottura o il loro deterioramento potrebbe causare perdite d’olio.

thumb_440x293GDVDICGENPAG94_04Che cos’è il Mast Jack?
È un pistone idraulico, posizionato nel piede dell’albero e svincolato dalla normale idraulica di bordo, che serve in fase di “alberatura” per dare la giusta tensione al sartiame. è un sistema utilizzato frequentemente sulle barche da regata, data la sua precisione nella regolazione delle tensioni. Di norma il carico massimo da applicare al pistone non deve superare il 20% del carico massimo ammissibile sulle sartie e deve essere specificato per ogni imbarcazione dal costruttore. Esistono due sistemi di sollevamento albero tramite Mast Jack: il primo con una barra passante collegata a due pistoni di sollevamento laterali all’albero; il secondo con un pistone unico fissato all’interno dell’albero e collegato a una pompa. In ogni caso è fondamentale che il piede dell’albero sia appoggiato su tutta la sua superficie per evitare asimmetrie e danni alla struttura. Per avere un’idea barche come il Grand Soleil 46 o lo Swan 45 nella versione regata con l’albero in carbonio hanno il Mast Jack.

Se voglio mettere solo il paterazzo, devo stravolgere tutta la barca?
No, adottando un sistema integrale, è sufficiente cambiare il tendipaterazzo, ed eventualmente accorciare lo strallo di poppa per adattarlo alla lunghezza del nuovo cilindro. Come abbiamo detto prima, il sistema è integrato di pompa.

Quanto costa per una barca da 40 piedi il sistema vang e paterazzo?
Ovviamente il prezzo finale dipende se la barca è predisposta all’installazione di un sistema idraulico o meno. Esistono poi diverse versioni di sistemi da adottare ma in linea di massima si parte da una spesa di circa 2.300 euro per il solo tendipaterazzo integrale, per arrivare a 12.000 euro per un sistema con centralina.

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Vuoi vivere un’avventura incredibile (e ben pagata)? Iscriviti!

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Volvo Ocean Race 2014-15 - Leg 7 to LisbonGiornalisti, documentaristi, videomaker. Stanno cercando voi. A patto che dimostriate di avere le “palle”. Con lo slogan “Se morissi domani, potresti dire di aver vissuto fino in fondo?” è iniziata la campagna online di reclutamento per gli Onboard reporter della Volvo Ocean Race 2017/18 (il giro del mondo in equipaggio a tappe).

E SE MORISSI DOMANI? GUARDA IL VIDEO

COME FARE PER CANDIDARVI
Per presentare il loro curriculum, i candidati dovranno visitare il sito specifico if.volvooceanrace.com e seguire le indicazioni per produrre dei lavori di prova. In caso passino il primo step, continueranno nel percorso e saranno sottoposti a un colloquio formale, avvicinandosi ancor più all’obiettivo di entrare a far parte del media team più avventuroso del mondo.

m37132_dfg-150319-riou-181000592IL LAVORO PIU’ DURO
Conosciuto come “il lavoro più duro del giornalismo sportivo”, quello del reporter di bordo è un ruolo unico, che non è certo riservato ai deboli di cuore. Non esiste alcun altro lavoro di giornalista embedded in un team sportivo e quindi i potenziali candidati dovranno superare un campo pratica creativo, dando prova della loro capacità di resistere alla pressione fisica e mentale, prima di poter passare alla successiva fase di selezione.

m43378_m41329-map-1402-02-vignale-8933-2PROFILO DEI CANDIDATI GIUSTI
“Stiamo cercando candidati che abbiamo un approccio avventuroso, ma anche una solida esperienza nei media, occhio per le immagini e intuito per trovare le storie giuste.” Ha spiegato Leon Sefton, a capo del progetto di ricerca degli OBR e del settore televisivo Volvo Ocean Race. “Non si può sottovalutare il fatto che si tratti di un ruolo molto duro, ogni giorno di lavoro e svolto in condizioni spesso estreme e poche occasioni di riposo e di sonno”.

UNA SFIDA SENZA PARI
In comunicazione con la sede della regata grazie a connessioni satellitari con gli strumenti a bordo delle barche che sono sì allo stato dell’arte, ma anche piuttosto scomode, i candidati ideali che si uniranno al team di storytelling dovranno essere in grado di produrre video, foto e testi di alta qualità ogni giorno, qualsiasi siano le condizioni. “Per chi racconta per lavoro, non c’è certamente alcun’altra sfida dello stesso livello” spiega lo statunitense Amory Ross, che ha coperto questo ruolo nelle ultime due edizioni della regata. “Sei spinto veramente oltre i limiti fisici, mentali e creativi, in un modo che credo non abbia eguali.”

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INDOVINA LA BARCA MISTERIOSA: ecco chi ha dato la risposta giusta

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STEINLAGERLa scorsa settimana abbiamo deciso di mettervi alla prova con un quiz… visivo. Vi avevamo sottoposto il particolare di una barca famosa chiedendovi, qualora pensaste di sapere di che barca si trattasse, di scrivercelo in una mail all’indirizzo speciali@panamaeditore.it. Ci avete quasi intasato la casella! Qui sotto era il particolare della barca in questione, e la foto da cui era tratto nella sua interezza.

LA BARCA MISTERIOSA…
barca-misteriosa STEINLAGER

…ERA PROPRIO LEI!
Esatto, era la mitica Steinlager! Vi raccontiamo la sua storia ma prima pubblichiamo i nomi di chi ha azzeccato la risposta. E non dimenticate che domani è tempo di rimettervi nuovamente alla prova con un nuovo quiz visivo!

LA MIGLIORE RISPOSTA
La migliore risposta, per la redazione, è stata quella, molto sintetica ma carica di passione, di Luisa Monticelli:

“Dicono le canzoni: “Dammi tre parole… sole, cuore, amore” queste le 3 parole: Steinlager 2, Sir Peter Blake, 1989–90 Whitbread Round the World Race, il mio canto libero … sei tu, e questo il mio: Vela”.

COMPLIMENTI A QUESTI SIGNORI! HANNO DATO LA RISPOSTA GIUSTA
Roberto Rossi, Andrea Cestari, Federico Mautone, Cicred, Paolo Malossini, Massimo Capitanio, Flavio Ravasi, Renzo Varotto, Francesco Piccinelli, Salvo Paglia, Guido Crotti, Andrea Urdan, Alessandro Trivellini, Filippo Pasotti, Cesare Mannoni, Mattia Colapietro, James Whitaker, Rocco Quilici.

steinlager-2PERCHE’ STEINLAGER E’ UNA BARCA MITICA
La barca è stata costruita nel 1988, commissionata dalla birreria STeinlager, e realizzata dal cantiere Southern Pacific in Nuova Zelanda. Varato nel 1989, Steinlager fu il primo maxi costruito in materiale composito. Due persone hanno collaborato alla gestazione del progetto e alla fabbricazione: lo skipper Sir Peter Blake e l’architetto navale Bruce Farr. Questa barca da regata pura è riuscita al 100%: non solo Steinlager 2° vinse la Whitbread 89/90 ma, fatto unico nella storia di questa prestigiosa regata, si aggiudicò tutte le tappe. La barca è stata acquistata da Giorgio Falck e sponsorizzata dall’azienda produttrice di occhiali Safilo, per diventare in seguito Barracuda per l’armatore Serge Vassart. Successivamente ri-velata dalla Società Big Red prende l’ attuale nome di Steinlager 2°. Le prestazioni sotto vela di Steinlager 2° sono eccezionali: a titolo di esempio già a circa 10 nodi di vento reale supera la velocità del vento di 3 o 4 nodi, creandosi un vento proprio. Questa barca è stata costruita in funzione delle condizioni estremamente rigorose che si incontrano durante una Whitbread, quindi il suo peso è importante: 35 tonnellate. Nonostante ciò appena il vento raggiunge i 28 nodi è possibile “surfare” a velocità che superano i 24 nodi (tratto da www.bwavela.com).

m5586_crop7_1024x576_13935108375106PALMARES
Il palmarès di questa barca è unico, citiamo solo i risultati più importanti:
I° classificato Whitbread 1989/90 e vincitore di tutte le tappe;
I° classificato Giro d’Europa UAP;
I° classificato Circuito mondiali Maxi-Serie;
I° classificato Transat des Alizées;
I°classificato Boston-New York;
I° classificato Nioularge;
I°classificato Ostende-Helgoland

SCHEDA BARCA (inviataci da un lettore)
Armo: ketch frazionato
Progetto: Farr Yacht Design
Lunghezza fuori tutto: 84′ (25.62m)
Baglio massimo: 19.2′ (5.85m)
Pescaggio: 13′ (3.96m)
Albero di maestra: 114′ (34.77m)
Albero di mezzana: 84’3′ (25.7m)

E DOMANI SI RIPARTE CON UN NUOVO QUIZ VISIVO! PRONTI A METTERE ALLA PROVA IL VOSTRO OCCHIO?

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COSA FARE SE… vuoi migliorare la velocità

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Quarant’anni di Giornale della Vela sono anche quarant’anni della nostra sezione di pratica. Abbiamo selezionato i quiz con i migliori consigli pratici che ci sono arrivati dai voi lettori negli anni. In questa nona e ultima puntata vediamo cosa fare per migliorare la velocità della barca in bolina larga.

COME MIGLIORARE LA VELOCITA’ DELLA BARCA

DOMANDA:Ci sono 10 nodi di vento, mare piatto e navighi di bolina larga (60° al vento reale) con randa e genoa pieni. Non sei per niente soddisfatto della velocità della barca. Cosa fai per migliorare le prestazioni?

RISPOSTA: “Per ottimizzare le prestazioni di una barca che naviga a 60° dal vento reale, barca che con vele piene (cioè che non fileggiando e danno l’impressione di portare) potrebbero essere troppo cazzate, controllo la posizione dei filetti del genoa. Se effettivamente i filetti mostravento sull’estradosso della vela non sono orizzontali, la vela è troppo cazzata, allora lasco la scotta fino a che si dispongano in orizzontale. Inoltre, se vi è disparità di comportamento tra le coppie di segnavento in senso verticale, si deve agire sul carrello del punto di scotta, avanzandolo tanto più che si lasca la vela. La massima portanza la otteniamo quando, in senso verticale, tutte le coppie di tell-tales (o mostravento) si dispongono in orizzontale (sia sull’estradosso che sull’intradosso).

Stesso discorso vale per la randa che potrebbe essere in stallo. Ce ne accorgiamo subito guardando i tell-tales sulla balumina. Se si “arricciano” tutti, o quasi tutti eccetto il più basso , la randa è in stallo, cioè troppo cazzata. Si deve allora lascare la scotta con il trasto al centro (se la barca ne dispone), fino a che sono tutti orizzontali. Poi si può portare il trasto sopravvento fino a che il mostravento più alto è visibile per la maggior parte del tempo, oppure, con effetto simile ma non proprio uguale, si cazza nuovamente al punto giusto la scotta.

La drizza e la base devono essere mediamente cazzate e il vang puntato. Le drizze devono essere mediamente cazzate, ma dipende dalla barca, sulla mia, Oceanis 323, lasco pochissimo. Il paterazzo lascato quanto basta. Inoltre si deve curare la distribuzione dei pesi, che deve essere sempre adeguata alla forza del vento; cioè la barca per essere nelle sue linee d’acqua progettuali non deve essere troppo immersa, ma neanche troppo poco. è importante anche l’assetto longitudinale, anche se con mare piatto il peso alle estremità sarà meno influente perchè il beccheggio non ci farà frenare ad ogni onda. In ogni caso, se si ricercano le prestazioni, l’equipaggio deve stare in falchetta e all’altezza delle sartie, sopra o sottovento a seconda dei casi”.

NELLA SCORSA PUNTATA: COSA FARE SE SI DEVE ABBANDONARE LA BARCA

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Dietro alle quinte: vincitori e vinti alla 151 Miglia

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Ormai la grande classica del Tirreno, anche se ha solo sette anni, è lei: la 151 Miglia
, con partenza da Livorno, passaggi a Marina di Pisa e all’altezza della Gorgona, doppiaggio dell’isolotto della Giraglia, poi giù verso le Formiche di Grosseto, dopo aver sfiorato l’Elba, prima dell’arrivo al Marina di Punta Ala. Quest’edizione, con 208 barche iscritte e 175 al via, è stata la più affollata di sempre.

151 Miglia 2016I PROTAGONISTI
In reale ha vinto il Davidson 70 Pendragon di Nicola Paoleschi, che si è aggiudicato i line honours per la quinta volta con un tempo di 17 ore, 55 minuti e 36 secondi. In ORC, per il secondo anno di fila, la vittoria è andata al Cookson 50 Cippa Lippa 8 di Guido Paolo Gamucci (davanti ad Altair 3 di Sandro Paniccia e SL Energies GRP Fastwabe di Laurent Charmy), mentre in IRC il successo non è sfuggito al Maxi My Song di Pigi Loro Piana (in equipaggio l’ex olimpionico Pietro Sibello e numerosi ex Coppa America tra cui Lorenzo Mazza), secondo in reale a poco meno di due minuti da Pendragon, argento IRC. Sul gradino più basso del podio il Vismara Mills 62 SuperNikka di Roberto Lacorte.

zzzzzzzzzzzzzzAtalanta-500x332QUELLE MALEDETTE ULTIME 24 MIGLIA…
Eppure, in IRC, fino a 24 miglia dalla fine (vedere lo screenshot del traccino a lato per credere), la situazione era completamente diversa, con in testa Atalanta II (quarta finale) di Carlo Puri Negri, fresca di refitting totale a cura di Felci Yachts. “Partiti davanti alla Marina di Pisa dopo un bastone ed un disimpegno ci siamo diretti di bolina verso la Giraglia“, spiega Puri Negri, “dove in compensato ha girato prima SuperNikka che ci ha superato poco prima della Giraglia. Al successivo passaggio alle Formiche di Grosseto eravamo primi sia di classe che overall e SuperNikka dietro di noi, l’avevamo superata sempre di bolina dopo una lunga battaglia: a quel punto mancavano 24 miglia all’arrivo.

170845fTaccola©_FTL0534 copiaLe due barche avanti in reale (Pendragon e My Song), ma dietro di parecchio in compensato, hanno avuto un vento di 12/14 nodi a 80 gradi da levante e sono andati diritti a Punta Ala, dove era l’arrivo, noi e SuperNikka ci siamo trovati prima in bonaccia e poi con un vento a 140 gradi che ci ha obbligato a numerose strambate per scendere verso Punta Ala. Senza questo cambio di intensità e di angolo del vento la vittoria era nostra“. Sportivamente, aggiunge: Unico appunto, se avessimo regatato meglio nelle ultime 24 miglia con il salto di vento, avremo potuto battere SuperNikka che ha regatato meglio di noi e ci ha anticipato di 5 minuti. In sintesi, senza il salto di vento nelle ultime miglia i risultati si sarebbero capovolti: terzo e quarto sarebbero stati rispettivamente primi e secondi, mentre il primo e il secondo si sarebbero piazzati terzo e quarto“.

094756fTaccola©_FTL1174 copiaCOME TI VINCO LA 151 MIGLIA
In ORC invece chi avrebbe vinto è stato chiaro fin dai primi bordi: il Cookson 50 Cippa Lippa 8 di Gamucci (progetto di Farr del 2005) era davvero imprendibile. La nostra performance“, racconta Gamucci, vincitore anche della Tre Golfi, “va ricercata nel certosino lavoro di ottimizzazione della barca, specialmente sui parametri chiglia/canard/tensione dell’albero. Inoltre l’allungamento del bompresso di quest’anno ci ha permesso di essere più veloci alle portanti: paghiamo di più in compensato ma ne è valsa la pena“. Ma non è solo merito della barca: “Siamo riusciti a crearci un buco comodissimo nell’affollatissima partenza dell’ORC: sapevamo di essere i più veloci quindi siamo filati via senza problemi. Girata la boa di disimpegno siamo scesi verso Marina di Pisa sotto gennaker. Da lì è iniziata una lunga e impegnativa bolina verso la Giraglia, caratterizzata da una fastidiosissima onda, spesso in prua secca“.

La scelta è stata quella di “preferire la velocità all’angolo per evitare di fermare troppo la barca. A un miglio dalla Giraglia il vento è calato completamente. Non so come, sfruttando forse la corrente e i refoli d’aria, siamo riusciti a girare lo scoglio. Verso l’Elba siamo scesi di gennaker, Code Zero e genoa: nel mentre, finalmente siamo riusciti a cucinarci una bella pasta!“. I veterani della 151 Miglia sanno che l’Elba è il punto critico, dove si può vincere o perdere la regata:Ci siamo tenuti larghi, verso Capraia. Siamo stati molto lontani da Punta Calamita, poi siamo rientrati più sottocosta perché ci aspettavamo un’alta pressione. Inizialmente ci ha dato scarso, poi il vento è girato pian piano e siamo riusciti ad arrivare alle Formiche di bordo, mure a dritta. Da lì è filato tutto liscio: abbiamo regatato sempre da soli (e questo non è un vantaggio, perché ti mancano i riferimenti diretti), perdendo i contatti visivi con Durlindana III e Altair, nostre avversarie, già dopo la Giraglia“.

SCOPRI LE CLASSIFICHE IRC

SCOPRI LE CLASSIFICHE ORC

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Dufour sfonda il muro dei 60 piedi: ecco l’Exclusive 63!

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Clear turquoise water of Cala Corsara in Sardinia
Dufour alza l’asticella e si prepara a lanciare una nuova gamma luxury di imbarcazioni, dal nome Exclusive
. La prima di queste imbarcazioni sarà il 63 piedi, che verrà svelato in occasione del prossimo Salone di Dusseldorf (a gennaio del 2017). Il Dufour 63 Exclusive porta la firma di Umberto Felci, e sarà una barca “semi-custom”: l’armatore potrà scegliere tra diverse configurazioni sia negli interni che per quanto riguarda l’attrezzatura.

UNA SCELTA LOGICA
Fino ad oggi, Dufour non era salita al di sopra dei 56 piedi (con il Dufour GL 560): ma visto che i cantieri concorrenti (Beneteau con l’Oceanis 62, Hanse con il 675 e Jeanneau con il 64 piedi) hanno remato nella direzione dei cruiser di lusso, i francesi hanno deciso di coprire anch’essi la fascia più alta. www.dufour-yachts.com

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