Vento in faccia, pioggia a dirotto, 15 gradi e uno slalom tra le mille isolette e passaggi segreti dell’arcipelago a nord di Goteborg. Queste le condizione che trovo in Svezia ad aspettarmi per la prova del nuovo Najad 450 CC (central cockpit): non esattamente estive ma ideali per farmi apprezzare e comprendere a pieno la filosofia dietro alla costruzione di una barca di questa tipologia, che già mi era ben chiara dopo la visita in cantiere ad Henan (circa 80 km a nord di Goteborg):
Najad punta tutto sulla qualità, realizzando “poche barche ma buone”. Ogni scafo rimane in cantiere circa cinque mesi, prima di essere “sfornato”: un dato che cambia sensibilmente a seconda del livello di customizzazione (altro cavallo di battaglia del cantiere svedese) richiesto dall’armatore.
Il teak che ho visto nei capannoni era di primissima qualità (il fornitore è lo stesso di Nautor) e lavorato fin nei minimi dettagli da un reparto di falegnameria interno al cantiere, così come gli acciai che presentano rifiniture di estrema qualità.
Sono passati alcuni anni da quando la notizia del fallimento della Najad ha fatto il giro del mondo, sembrava la fine di una dei cantieri che hanno fatto la storia della vela e invece, in soli quattro anni Najad torna ad essere un punto di riferimento per chi ama scafi a dislocamento medio pesante con il disegno classico delle barche nordiche e in grado di divertire a vela, rinnovandosi in alcune scelte di stile ma senza abbandonare i vecchi armatori. Da quando il cantiere è ripartito sono stati varati 14 scafi con l’obiettivo di arrivare a farne dai dieci a quindici all’anno.
Il 450 CC è la sintesi di questa filosofia: un pozzetto centrale per garantire sicurezza durante le lunghe navigazioni e proteggere da vento e da mare e una tuga accentuata che garantisce ampi spazi sottocoperta. L’armo dell’imbarcazione prevede una randa steccata verticale e avvolgibile nell’albero, un genoa al 108% dotato di avvolgitore elettrico Factor, ed è dotata di bompresso per vele di prua quali gennaker e Code 0. Ogni manovra è pensata per navigare in equipaggio ridotto, come dimostrano i 4 winch elettrici controllabili da pulsanti posizionati sulla colonninaa della ruota del timone.
Nella versione provata nelle acque svedesi, gli interni si presentavano con due cabine e due bagni e l’armatoriale a poppa, ma i layout prevedono anche una versione a tre cabine (due a prua con l’armatoriale che rimane a poppa) e un bagno. La dinette presenta un vero tavolo da carteggio di dimensioni generose posizionato subito sulla destra, mentre a prua, prima della cabina doppia, c’è un disimpegno che ospita un enorme armadio a sette ante per portarvi con voi tutto quello che vi serve per un giro del mondo. Tutti gli interni, sono illuminati con luci a e led dotate di un sensore per calibrarne l’intensità e riscaldati da un impianto Eberspacher che ci ha cambiato davvero la vita in navigazione con pioggia e 10 gradi. Sottocoperta regna sempre un bel caldino come se si fosse a casa. Ovviamente anche i legni degli interni sono di altissima qualità e tutti stondati: gli spigoli sono proibiti a bordo.
La nostra rotta per arrivare nel porto di Goteborg ci ha costretto a navigare per gran parte del tempo a motore con 30 nodi di vento in faccia, per fortuna con mare piatto che ci ha permesso di testare le prestazioni del motore: un Volvo Penta D2 da 55 cavalli saildrive con elica a tre pale abbattibili. A 2.000 giri la nostra velocità era di 7,4 nodi (velocità di crociera) mentre a 2.900 giri (velocità massima) la velocità che abbiamo toccato è stata di 8.8 kn. Appena il vento ce lo ha concesso abbiamo srotolato il genoa e con un vento apparente di 21 kn e un angolo di 50° la nostra velocità era intorno ai 7,5 nodi, con anche la randa piena e vento intorno ai 13 nodi, navigavamo con un angolo di 50° apparente a 7 nodi.
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