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Giovanni Ceccarelli e la Coppa America del futuro: alla scoperta dei “monoscafi senza bulbo”

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21/11/17- The 36th America’s Cup class boat concept of the AC75.

Mancano ormai meno di tre mesi e poi, entro la fine di marzo, ne sapremo di più sui nuovi monoscafi AC75, dei mostri volanti, che saranno protagonisti nella prossima Coppa America, quella che si disputerà ad Auckland nel 2021. Emirates Team New Zealand e Luna Rossa (nel ruolo di Challenge of record) stanno definendo gli ultimi dettagli e il periodo di iscrizione dei challenger si è ufficialmente aperto: oltre a Luna Rossa sono attese nell’immediato le sfide di Land rover BAR e quella del New York Yacht Club, già annunciate, ma tra i possibili challenger restano anche Groupama e Artemis e novità potrebbero arrivare presto dalla Russia e dalla Cina, nonché dalla stessa Italia con un’altra sfida che si starebbe muovendo sotto traccia.

Ma la grande curiosità è soprattutto verso i nuovi AC75, le “barche senza bulbo”, i primi monocarena full foiling di queste dimensioni mai visti. Una sfida epica per progettisti e velisti, delle macchine volanti che promettono spettacolo ma che hanno anche disorientato il pubblico e spiazzato gli addetti ai lavori del mondo media. Barche assolutamente non convenzionali, tutte da scoprire, che sulla carta entusiasmano ma lasciano non pochi interrogativi. Saranno adatte al match race? Torneremo a vedere una Coppa comprensibile e fruibile al grande pubblico? E poi ancora: come funzioneranno i foil zavorrati e basculanti visti nelle prime immagini diffuse? Di questo e altro abbiamo discusso in una chiacchierata con Giovanni Ceccarelli, uno degli ultimi progettisti italiani impegnati in Coppa America,  nel 2000 con Mascalzone Latino ad Auckland e nel 2007  con  +39challenge a Valencia, un impegno  di quasi dieci anni di professione.

Giovanni Ceccarelli. Foto Giuffrè/Giornale della Vela

Che idea ti sei fatto del concept di questi AC 75 ? L’impressione che non   siano affatto più semplici degli AC 50 è errata?

Mi piace il ritorno al monoscafo proponendo un concept full foiling.  Gli scafi con cui si sono disputate tutte le edizioni precedenti della Coppa sono comunque sempre stati la massima espressione tecnologica della loro epoca. Sulla semplicità, nessuna barca con cui si è disputata la Coppa è stata mai facile da portare al meglio e tali devono rimanere , anche  se il velista di tutti i giorni guardando le regate deve potere capire ed immedesimarsi in questi equipaggi mentre navigano.

Che performance dobbiamo aspettarci?

E’ difficile dirlo senza essere entrati nel vivo della progettazione, le aspettative che circolano sono di prestazioni superiori ai catamarani dell’ultima edizione.  Penso che saranno molto veloci, anche se la velocità sul video è sempre relativa, sicuramente saranno spettacolari, si tornerà a vedere un equipaggio in azione cosa che è mancata con i catamarani dell’ultima edizione.

Il pubblico si è stupito nel non vedere il classico bulbo dei monoscafi, o qualcosa che lo ricordi, sostituito dalle derive a T basculanti e zavorrate: come funzioneranno queste appendici?

Le due appendici basculanti zavorrate avranno la funzione di creare portanza e di generare momento raddrizzante. L’appendice sottovento darà portanza e, in condizioni di foiling, sposterà sottovento in modo significativo il centro di galleggiamento dinamico della barca, il che implica creare momento raddrizzante.

Il dettaglio del lavoro in coppia delle due appendici

L’appendice sopravvento basculata darà un ulteriore contributo al momento raddrizzante: con il suo “bulbo” ruotato sopravvento sarà come avere l’equipaggio al trapezio. E’ l’appendice sopravvento fuori dall’acqua che potrebbe generare situazioni critiche in navigazione nel caso d’incroci ravvicinati. 

Forse saranno date interpretazioni al regolamento sugli incroci maggiormente a favore della sicurezza; l’arbitraggio avrà allora un peso importante, ma sono certo che l’organizzazione sarà all’altezza come uomini anche se il ricorso alla tecnologia sarà inevitabile con queste velocità.  Non vorrei però vedere falsare la regata come si è visto a volte in F1 punendo  i veri sorpassi, in questo caso gli ingaggi: la bravura ed il  “coraggio” del timoniere dovranno rimanere un’eccellenza della competizione,  sempre e comunque rimanendo nell’ambito di un sicuro navigare.

Da questa prima analisi, quali sono secondo te le criticità e i punti deboli di questo concept?

Punti critici ? Il piano velico è affascinante ma  l’ala  rigida (se confermata) difficile da gestire. Una altro sarà come produrre l’energia necessaria per la movimentazione delle chiglie, che mi auspico avvenga  con un motore monotipo elettrico o comunque green. Un punto debole? Il vantaggio temporale e tecnologico che hanno avuto TNZ e LR  nell’avere lavorato insieme  fino ad oggi per la definizione del regolamento della barca.

Quello che si delinea è un monoscafo full foiling, ti sembra  una barca adatta al match race o il rischio è ancora quello di  distacchi abissali che “uccidono” la regata?

La classe è stata pensata per il match race, il full foiling è solo un modo differente di navigare ma sempre vela è. La partenza sarà di nuovo di bolina  quindi tornado ad un match race classico. I distacchi ci saranno e maggiori sono le velocità maggiori le distanze a parità di tempo. I distacchi sono stati grandi anche con gli AC50 che erano one design, qui con la libertà progettuale e costruttiva mi aspetto una forbice sui distacchi grande che andando avanti con le regate e le edizioni inevitabilmente diminuirà.

Da un punto di vista progettuale che sfida sarà per i disegnatori? E per i velisti?

La Coppa America è nata come sfida tecnologica per progettisti e costruttori, sportiva per i velisti. L’ultima edizione con barche one design ha privato una parte importante  legata alla ricerca e alla progettazione. 

21/11/17- The 36th America’s Cup class boat concept of the AC75.

Spero  che il regolamento alla fine lascerà ampio spazio per le idee, la progettazione, augurando che il modello in testa a TNZ e LR  sia la Formula 1 e non la NASCAR come  prese a riferimento Oracle.  Nella Formula 1 quando ci sono stati cambiamenti di regolamento questi hanno messo in luce le idee progettuali che alla fine hanno vinto producendo la macchina più veloce. E’ un concept che mi piace, auspicando che il regolamento non lo trasformi in un one design lasciando  libertà alle idee, alla ricerca, alla progettazione ed al numero di sfide.

Domanda di rito: quanto una Coppa di questo tipo può dare alla “vela comune”?   Facciamo un esempio: i primi square top si videro  anche in Coppa America e oggi i grandi allunamenti o gli square  veri e propri li vediamo anche su barche prodotte in serie. Questa  America’s Cup che sta nascendo cosa potrà “trasferire” in termini tecnologici?

La Coppa  America è sempre stata legata alla ricerca, al disegno e alla costruzione,  inevitabilmente se ci sarà libertà ci saranno diversi aspetti tecnologici  studiati per la competizione che potranno essere trasferiti. E’ questa una grande palestra d’idee, io stesso ancora oggi beneficio nel mio lavoro di  studi fatti per le passate coppe. Sicuramente l’influsso mediatico porterà alla nascita di scafi o classi  similari come tipologia, come è già successo già con i multiscafi vedi i NACRA diventati foiling, ma che queste imbarcazioni  poi saranno le barche di tutti i giorni, quelle del crocierista, non sarà così immediato e scontato, ma un’opzione progettuale si.  Mi auguro che ci saranno ad Auckland  almeno cinque sfidanti per  questa  edizione della Coppa con il nuovo  formato di barche e regate  e che il regolamento possa avere una stabilità per altre edizioni future.

Chi è Giovanni Ceccarelli

Giovanni Ceccarelli, ingegnere, 57 anni, nato e residente a Ravenna, titolare dell’omonimo studio Ceccarelli Yacht Design  fondato dal padre Epaminonda Ceccarelli nei primi anni ’60, è  lo studio  in Italia  con soluzione di continuità più vecchio nel campo della progettazione per la nautica da diporto.  Giovanni  Ceccarelli è legato alla  Coppa America avendo partecipato a due sfide  come Principal Designer  nel 2000  ad Auckland con Mascalzone Latino e nel 2007 con  +39challenge a Valencia.  Le sue barche hanno vinto 10 titoli del mondo  nelle regate d’altura oltre a diversi campionati Italiani. La scorsa stagione ha visto in acqua i progetti di  THE FIFTHY per Eleva Yachts  e Neo 400 Plus per Neo Yachts, entrambe prodotte in serie;  ha in costruzione  con varo previsto nell’estate 2018 il GS 80 progettato per il Cantiere del Pardo ed il più piccolo NEO 350, altri progetti sono in corso nell’ufficio ravennate in ambito vela , motore e super yachts.

Mauro Giuffrè

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#AUTUNNOGDV2017… Tocca a voi: quali sono le foto più belle? Votate!

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L’autunno è terminato. Ed è terminata anche la fase iniziale del nostro contest Instagram “#autunnogdv2017”.

Avete partecipato in tantissimi (abbiamo ricevuto quasi 200 foto visibili andando su Instagram e digitando l’hashtag #autunnogdv2017. Già che ci siete, mettete un bel “mi piace” al nostro Profilo), in redazione abbiamo discusso animatamente e abbiamo selezionato quelle che secondo noi sono le migliori dieci, tenendo anche conto dei “like” ricevuti.

GUARDATE E… VOTATE
E qui entrate in ballo voi! Dopo aver dato una scorsa a tutte le foto in calce, dovrete votare quella che vi ha più emozionato nel sondaggio sottostante. C’è tempo fino alle ore 17 dell’11 di gennaio, potete esprimere fino a un massimo di tre preferenze. Gli autori delle tre che riceveranno più voti entro domenica  settembre (ore 23.59) saranno premiati (al TAG Heuer VELAFestival di Santa Margherita Ligure, dal 3 al 6 maggio 2018): con abbigliamento personalizzato di crewcollection.it, abbonamenti al Giornale della Vela e molto altro!

ECCO LE 10 FINALISTE

1. AUTUNNO ALLE GRAZIE (di lordandrewmcspain)

2. LA FATICA DEL VELISTA (di andrea.balzer)

3. CONCERTI AUTUNNALI A BORDO (di hooklavelastregata)

4. LA BURRASCA (di soniaciabatti)

Pointe du Raz #bretagna #autunnogdv2017 @giornaledellavela

Un post condiviso da Sonia Ciabatti (@soniaciabatti) in data:

5. STAR(E) TRA LE ONDE (di andrea.lelli_sailingphotos)


6. BELLEZZE… D’EPOCA (di elenafalchetti)

7. LA VELISTA PROVOCANTE (di costantino.russo)

#autunnogdv2017 #gardalake #sailing #beauty @jokeyou27 @giornaledellavela

Un post condiviso da Costantino (@costantino.russo) in data:

8. IL CIELO IN UNA MANO (di bluenrico)

9. PRONTI A USCIRE! (di miss_lallitulip)

10. INCONTRI INASPETTATI (di capetan_danielo_)

#autunnogdv2017

Un post condiviso da Daniele Nota (@capetan_danielo_) in data:

 

E ORA TOCCA A VOI! VOTATE!

Note: There is a poll embedded within this post, please visit the site to participate in this post’s poll.

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Black Pepper arriva in Italia con i suoi daysailer firmati (quasi tutti) Marc Lombard

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Yachtsynergy ha siglato l’accordo con il cantiere francese Black Pepper Yachts per la distribuzione in Italia delle sue imbarcazioni daysailer da 8 m a 18 m quasi tutte su progetto di Marc Lombard. Un bel colpo per la società toscana porta così per la prima volta in Italia questa imbarcazioni di nicchia caratterizzate da un look molto particolare ultra moderno ma con richiami al classico. 

Segni caratteristici degli scafi di Black Pepper Yachts sono infatti la doghouse (il più forte richiamo alle barche d’epoca), la coperta in teak e la poppa aperta; ma anche scelte molto hi-tech: armo in carbonio, costruzione in infusione e abbondante uso di carbonio anche per lo scafo.

Tipico esempio della filosofia di Black Pepper Yachts è la più piccola della gamma, Code#, un daysailer di poco più di otto metri di lunghezza, con doppio timone, rollafiocco sotto al filo della coperta, bompresso e una generosa superficie velica in confronto ai 1.400 kg di dislocamento.

Al capo opposto del listino c’è invece il Code 2, 17,50 metri di lunghezza, che sviluppa, ovviamente più in grande, un design molto simile a quello della sorellina minore. Dieci tonnellate di dislocamento per 220 metri quadrati di superficie velica di bolina (420 al  lasco), linee d’acqua sempre di Marc Lombard e interni di F. Dranet. Un 17 metri da crociera regata con un forte contenuto tecnologico. La barca, che ha un look molto particolare, una miscela di moderno e tradizionale, quest’ultima componente è rappresentata dalla tuga a Deck – House, si ispira, nelle linee d’acqua ai grandi scafi oceanici come gli IMOCA 60, la passione di ogni francese.
La barca è realizzata totalmente in carbonio e epossidica ed è dotata di lifting keel che porta il pescaggio da 4,6 metri a 1,76 metri, facilitando in questo modo la navigazione in crociera. Insieme alla chiglia, per aumentare la coppia raddrizzante, c’è anche una zavorra liquida da 1500 litri di acqua per lato. Il Code 2 è costruito in due versioni a 3 e a 4 cabine con un alto grado di personalizzazione. lL’armatore potrà decidere quasi tutto della sua barca eccetto per lo scafo.

La gamma Black Pepper comprende in totale cinque imbarcazioni: oltre ai già citati Code# e Code 2 troviamo il Code O, il Code O s e il Code 1.

Il Code O è un’elegante barca polivalente che permette la navigazione sia in solitario che in equipaggio ridotto. L’ampio pozzetto può accogliere comodamente amici e famiglia per una crociera giornaliera; ma il Code 0 può essere usato anche per togliersi qualche sfizio in regata. Il fiocco autovirante, le manovre semplificate e il timone a barra fanno di Code 0 una barca veloce, stabile e sicura. Dietro alle sue linee vintage si celano materiali di ultima generazione, a cominciare dallo scafo in composito (resina epossidica, carbonio e schiuma) e all’alberatura in carbonio. Per semplificare al massimo la navigazione, viene venduto dotato di fiocco autovirante e con un winch al centro del pozzetto che consente di manovrare agevolmente senza muoversi dal cockpit: soluzioni ideali quando si esce in equipaggio ridotto o con la famiglia. Grazie alla doppia pala del timone la conduzione è ancora più sicura. La coperta, in teak, è caratterizzata da un design pulito (reso possibile anche dal fatto che tutte le manovre sono nascoste sotto il ponte) e elegante. Il cantiere prevede inoltre infinite possibilità di personalizzazione, a partire dal colore dello scafo fino alla possibilità di montare un motore elettrico e al materiale delle vele comprese nel “package”. La chiglia retrattile consente di ormeggiare il Code 0 anche in acque basse e, opzionalmente, può essere installata basculante in modo da aumentare le prestazioni in regata.

yachtsynergy.it

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1968: l’anno che cambiò il mondo rivoluzionò anche la nautica

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1968
“Sporgo denuncia contro il mondo moderno, è lui il mostro.
Distrugge la nostra terra, calpesta l’anima degli uomini”. Così scrisse Bernard Moitessier sul suo diario, dopo aver abbandonato la circumnavigazione del globo senza scalo in solitario (Golden Globe), mentre era in testa alla regata. Era partito il 22 agosto 1968 dalla città inglese di Plymouth con il suo Joshua, un ketch di 12 metri d’acciaio con gli alberi che erano dei pali del telegrafo.

21 agosto 1968, Bernard Moitessier alla conferenza stampa, il giorno prima della partenza, con il suo ketch di 12 metri d’acciaio, per il giro del mondo in solitario senza scalo. L’anno dopo, mentre era in testa alla regata, abbandonò la regata denunciando l’ipocrisia del mondo moderno nel quale non voleva più
vivere. Infatti si rifugiò negli atolli della Polinesia.

LO SPIRITO DEL ’68
Pochi mesi prima, nel maggio del 1968, senza che Moitessier lo potesse sapere – la sua barca non aveva alcun strumento di comunicazione – gli studenti francesi avevano occupato l’università parigina della Sorbona, esprimendo lo stesso malessere descritto dal navigatore. In quell’anno si posero le basi della società attuale. Una società meno classista e ipocrita, dai costumi più liberi, dove le donne hanno pari dignità degli uomini, dove la guerra non viene più vista come un evento ineluttabile della storia.

Era proprio una società con questi valori che avrebbe voluto Moitessier. Ma nel ’68 non era così. La sua contestazione lo spinse quindi al gesto clamoroso di abbandonare il Giro del Mondo, poco prima della vittoria che gli avrebbe fruttato il premio di 5.000 sterline, facendo rotta verso Tahiti, rifugio dall’odiato mondo occidentale.

1968

Porto di Sestri Levante (Genova), primavera 1968. Il 3° classe RORC Lunic ormeggiato alla boa, come si usava quasi sempre allora in Italia. Quasi tutte le barche cabinate di allora erano ancora realizzate in legno, costruite in unico esemplare. Le barche in vetroresina erano pochissime e di ridotte dimensioni.

Una pagina del portolano “Navigare Lungocosta”, a quel tempo vera bibbia del diportista

LA NASCITA DELLA “NAUTICA POPOLARE”
Ma in quel 1968, che rivoluzionò la nostra società, di cui ricorre il quarantesimo anniversario, si verificò anche un’altra rivoluzione. Proprio in quell’anno nacque la nautica popolare. Il merito non è del vento di cambiamento espresso da Moitessier e dagli studenti francesi. Bisogna ringraziare un materiale, la vetroresina, e un uomo, Michel Dufour. Ma prima, è opportuno ricordare cosa fosse, nel 1968, il mondo della nautica. Nulla che vedere con quello odierno.

Le barche cabinate erano ancora quasi tutte di legno ed erano dei pezzi unici, una diversa dall’altra. Solo i gommoni e le piccole barche aperte erano costruite in serie e in vetroresina. In pratica, l’industria nautica non esisteva, i cantieri erano piccole imprese artigianali. Le barche costavano, di conseguenza, molto ed erano privilegio di pochi. Non c’era un cantiere che si potesse definire “industriale”. Eppure l’avvento della vetroresina come materiale di costruzione aveva risolto il problema della serialità, che il legno non poteva offrire.

LA BARCA SIMBOLO: L’ARPEGE
Bisognava ripensare il modo di costruire uno scafo, così da ottimizzare i tempi di lavorazione e quindi abbattere i costi. Il francese Michel Dufour aveva il vantaggio di essere un progettista nautico oltreché costruttore. Le sue barche se le progettava e se le costruiva. Unendo queste due specificità, Dufour riuscì a organizzare il lavoro del suo cantiere secondo criteri di organizzazione industriale. E progettò secondo questi parametri, sino al più piccolo particolare, la prima, vera, barca della nautica moderna, l’Arpège.

Questo sloop di poco più di nove metri era più comodo, veloce, marino, esteticamente innovativo di tutto quello che si era mai visto. Soprattutto richiedeva poca manutenzione e costava poco. Arpège ebbe la sua consacrazione, dopo una prima serie sperimentale, proprio nel 1968 e fu la seconda rivoluzione di quell’anno. La barca ebbe un successo inimmaginabile. Venne prodotta in 1500 esemplari, venduti in tutto il mondo, sino al 1976. è un record che resiste ancor oggi. Arpège e Dufour divennero il simbolo della nautica per tutti, quella che si poteva permettere una fascia di popolazione sino ad allora esclusa.

Da quel 1968 milioni di appassionati si sono potuti avvicinare alla vela, allora considerato uno sport elitario. E si sono potuti permettere una barca con cui andare in crociera. è un’altra rivoluzione, meno conosciuta, che ci ha portato quell’anno. Importante per la nostra società, per la nautica, per la vela.

APPROFONDIMENTO: L’ARPEGE
L’Arpège è il simbolo della barca moderna, entrò in produzione effettiva nel 1968, dopo la presentazione dei primi esemplari al Salone di Parigi del 1967. E’ la prima che può essere definita barca di grande serie. La vera rivoluzione di questo nove metri è il metodo di costruzione, ideato dal suo designer e costruttore, Michel Dufour. Arpège infatti non solo era costruito interamente in vetroresina, ma fu la prima barca con il controstampo integrale, sempre in vetroresina.

Questo permise di avere delle disposizioni interne più semplici, razionali, ampie rispetto a tutte le barche allora presenti sul mercato. In più, questo nove metri era molto più solido e rigido, con una manutenzione estremamente semplificata. Le caratteristiche dell’Arpège sono: lunghezza ft 9,25 m; larghezza max 3,00 m; dislocamento 3300 kg; zavorra 1750 kg; pescaggio 1,35/1,50 m; sup. velica 48,50 mq. In Italia c’è un associazione di amatori e proprietari, Associazione Mitico Arpège, www.arpege.it

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Naufragio catamarano a Roma: ecco come è andata veramente

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Qualcuno ci ha detto: “Ma come, voi del Giornale della Vela da sempre cacciatori di news “acchiappa click” non vi siete lanciati su questa?”. Ebbene si, a volte il silenzio e la ponderazione sono la migliore cosa, soprattutto quando accade che, come capita sempre più spesso nell’era dell’informazione ultra veloce, ad arrivare prima dei giornali è la “marea social”, quella dove sempre più spesso è difficile distinguere tra la melma, gli insulti, il falso ed il vero.

Stiamo parlando del naufragio di Vamos, il catamarano con equipaggio brasiliano finito a scogli all’imboccatura del porto di Ostia. Ne abbiamo lette veramente di tutti i colori: “Imbecilli”, “Interditeli”, “Se la sono cercata”, “Pazzi, incapaci, superficiali e incoscienti”. Tutti a sentirsi in dovere di manifestare la propria indignazione sui social, non solo postando il video dell’incidente sui propri profili personali ma postandolo e ripostandolo sui vari gruppi social a tema, per il puro gusto di puntare il dito. Una marea di banalità e insulti che ora dopo ora montava a dismisura, tanto da rendere difficile la comprensione della reale dimensione e della dinamica dell’accaduto, dato che non se ne conosceva la benché minima ricostruzione da parte dei protagonisti, ovvero i superstiti e i soccorritori.

E’ per questo motivo che abbiamo deciso di non dare eco all’accaduto e di farlo solo adesso, quando siamo venuti in possesso di una versione ufficiale diffusa ai media dal Porto Turistico di Roma, che per tanto si assume la responsabilità dei fatti, gli orari e i dettagli diffusi a proposito delle dinamiche di soccorso. Soccorritori per altro finiti anch’essi nel tritacarne social, a causa di un video, sicuramente poco felice, ma girato solo dopo il salvataggio dei naufraghi, dove una voce dalla torre di controllo commentava in maniera sicuramente poco consona l’accaduto.

A questo link il video della Guardia Costiera:

La versione del Porto Turistico di Roma

In occasione dell’incidente avvenuto nella mattina del 2 gennaio, che ha visto coinvolto il catamarano Vamos con a bordo tre persone di nazionalità brasiliana, è doveroso segnalare che tutto il personale del Porto Turistico di Roma si è adoperato con professionalità, secondo le procedure di sicurezza, per salvare la vita dei tre membri dell’equipaggio.

La prontezza di valutazione del personale del porto (addetto di torre, nostromo e personale di banchina), ha permesso di far arrivare i soccorsi prontamente e velocemente, pre-allertando tutto l’apparato già dalle prime avvisaglie. Gli addetti del marina si sono fatti carico di predisporre il contatto dalla Centrale Operativa della Guardia costiera, provvedere alla richiesta informazioni previste e effettuare una prima  valutazione sull’intervento: questo ha ridotto notevolmente i tempi di intervento da parte dei mezzi di soccorso che in pochi minuti hanno tratto in salvo i tre naufraghi e monitorato gli spostamenti del relitto fino al suo spiaggiamento tre chilometri a sud del porto.

Intorno alle 8.00 del mattino del 2 gennaio l’addetto alla Torre ha ricevuto via radio la richiesta di supporto da parte dei componenti dell’equipaggio del catamarano Vamos per la restituzione del pass di accesso ai pontili e l’assistenza per lasciare il porto. Il personale di banchina, dopo aver evidenziato la presenza di avverse condizioni meteo e esortato per tre volte il comandante dell’imbarcazione a non mollare gli ormeggi, constatata la volontà di “Vamos” di voler comunque affrontare la navigazione, ha proceduto ad allertare il nostromo e tutto il personale di banchina per prestare la necessaria assistenza al disormeggio e per monitorare l’uscita dal porto attraverso la telecamera di sorveglianza.

Presumibilmente a causa di una errata manovra del comandante che sembrerebbe aver piegato a sinistra prestando il fianco ai marosi, l’imbarcazione è stata sbattuta contro la scogliera antistante il faro verde esterno. Intorno alle 8.20 l’addetto alla torre, dopo essere riuscito a comunicare via radio con l’imbarcazione e ricevuto il “mayday” per una falla nello scafo di dritta, ha contattato la “Compamare” di Roma sul canale VHF 16 per segnalare l’accaduto e fornire tutte le informazioni del caso.

Come da procedura, dopo la segnalazione la competenza è passata alla centrale operativa della Guardia Costiera la quale, dopo alcuni tentativi senza esito di contattare l’imbarcazione, ha chiesto il supporto della Torre per fare da ponte nelle trasmissioni radio. Stabilito il contatto con l’imbarcazione, l’addetto della Torre ha innanzi tutto rassicurato i malcapitati sull’arrivo dei soccorsi, e poi, informato che il motore di dritta non funzionava, ha consigliato il comandante di aprire il fiocco in modo da stabilizzare l’imbarcazione e portarla a distanza dalla scogliera. La Torre ha poi provveduto a comunicare alla Guardia Costiera le informazioni sul numero delle persone a bordo, la presenza o meno di feriti, l’uso delle dotazioni personali di sicurezza e la posizione dell’imbarcazione.

Il costante controllo della posizione dello scafo sul radar e il contatto visivo e via radio hanno permesso al personale della Torre di rassicurare continuamente l’equipaggio brasiliano e dare loro una voce per tranquillizzarli sull’arrivo imminente dei soccorsi da parte di una motovedetta della Guardia costiera che nel giro di pochi minuti ha provveduto a trarre in salvo i tre membri dell’equipaggio.

Il filmato effettuato a emergenza conclusa con uno smartphone dal personale della Torre -inopportunamente pubblicato sui social network, con commenti inappropriati sull’accaduto e per i quali sono state già avviate azioni disciplinari previste dalla legge – non può distogliere l’attenzione dal lavoro svolto con grande attenzione da tutto il personale del marina, in particolare in situazioni di emergenza. In sedici anni di servizio, il personale di banchina e della torre è stato impegnato in attività che vanno anche oltre le loro mansioni come il recupero di persone a mare con mare mosso, il soccorso e rimorchio di imbarcazioni in attività, interventi di rianimazione cardio-polmonare piuttosto che assistenza a persone in stato di embolia in attesa di eliambulanza o gestione di incendi. Parliamo di una squadra di operatori qualificati che rappresentano una sicurezza anche per gli apparati di soccorso che vedono nel Porto Turistico di Roma l’unico approdo sicuro in un tratto di mare di oltre 24 miglia.

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Addio ceratona gialla: ecco come sta cambiando l’abbigliamento a bordo

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abbigliamento
Che il mercato della nautica sia ripartito lo dimostra anche il comparto degli accessori.
Tra METS di Amsterdam, fiere internazionali, giri in banchina e chiacchierate con i produttori, ci siamo resi conto che i tempi di “stallo” in cui non si vedeva niente di innovativo e le uniche novità erano rappresentate dai cambi di nome delle gamme di prodotti sono (finalmente) passati. In un viaggio a puntate, vi raccontiamo le ultime tendenze del mercato.

LE CERATE SONO SEMPRE PIU’ HI-TECH
La prima tappa del nostro percorso è relativa all’abbigliamento. La cerata, uno dei più tradizionali capi del velista, sta andando incontro ad una rapida evoluzione. Non solo a livello di materiali, ma anche dal punto di vista “ingegneristico”. Nascono nuovi modelli che ripensano la cerata in modo tale che sia più duttile possibile. E allora arrivano i cappucci intercambiabili, le visiere impermeabili (anch’esse rimovibili), i pantaloni studiati sulla base delle posizioni che si assumono più facilmente a bordo. Questo anche grazie alle partnership con gli skipper impegnati nelle più dure regate oceaniche, che fanno da tester d’eccezione. Ma non solo: il settore dell’abbigliamento offshore attira nuovi marchi. Come Montura, colosso dell’alpinismo. Meglio così: il mercato è vivo, aspettiamoci novità ancora più grandi nel futuro immediato. Massima protezione e traspirazione, quindi, ma la sfida tra i marchi è giocata tutta sulla comodità.

Ecco tre buoni esempi:

Isotak X (X sta per “Extreme”) di Zhik è molto più di una cerata: è un capo ultratecnico che non a caso è stato scelto sia a bordo di Team Akzonobel che di Dongfeng alla Volvo Ocean Race che si sta correndo proprio adesso. La cerata ha vinto nella sua categoria (Abbigliamento) il prestigioso DAME Award, che all’interno del METS viene assegnato ai prodotti più innovativi. Due i punti caldi: il cappuccio intercambiabile (anche con uno traspirante e uno in neopreneultrasottile) e la visiera trasparente (per non parlare dei pantaloni ultraergonomici con rinforzi interni sulle ginocchia…). Il prezzo è di circa 1.000 euro, ma li vale tutti. La trovate qui (distributore italiano: Negri Nautica)

Capi di riferimento della nuova linea “Keep Sailing”, realizzati impiegando tessuti in Goretex di ultima generazione, sono la giacca cerata e la salopette Altura. Montura per entrare nel settore si è avvalsa della collaborazione di tester di razza quali Gaetano Mura, Enrico Zennaro, Sergio Caramel e Michele Zambelli che hanno provato la linea nelle condizioni più proibitive. www.montura.it

La cerata Win-D Racing di Slam inaugura un nuovo concetto di capo spalla stretch e performante, utilizzando un tessuto a tre strati elasticizzato nelle quattro direzioni che gli conferisce una maggior ergonomia e libertà di movimento. La cerata è dotata inoltre dalla tecnologia Toray, una membrana idrofilica applicata al tessuto e alle termonastrature, che la rendono traspirante, impermeabile e resistente all’abrasione superiore a 100.000 cicli. Da abbinare alla salopette Long John realizzata con lo stesso tessuto 3layers 4way stretch, leggerissimo e allo stesso tempo resistente. www.slam.com

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Fatti la barca con meno di 20 mila euro: quattro usate per dimenticare il SUV

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Una barca può costare meno di una macchina? A volte si, se le nostre pretese non sono troppo alte e stiamo cercando solo un po’ di sano divertimento senza fronzoli. Piccoli cabinati per uscite giornaliere o campeggio nautico, derive o piccoli open sportivi, il mercato dell’usato offre delle occasioni interessanti e l’affare giusto può essere a portata di mano. Su TopBoatMarket ne abbiamo trovato alcune che possono rispondere a queste esigenze, piccole e poco costose, andiamole a scoprire.

First 210

Si tratta di un piccolo cabinato a deriva mobile, con doppia timoneria, facile da condurre e capace di discrete prestazioni. Può essere usato per divertenti veleggiate giornaliere o, per un pubblico sportivo, anche per il campeggio nautico costiero. Il suo piani velico prevede una randa di buone dimensioni e un piccolo fiocco frazionato, a questi si può aggiungere uno spinnaker o un gennaker per chi ama divertirsi a vela. SCOPRI QUI IL MODELLO IN VENDITA

 

L’Equipe

Una piccola deriva che ha fatto crescere tante generazioni di velisti. Perfetta per il lago, per la scuola vela o per le uscite dalla spiaggia, offre velocità e divertimento ed è adatta anche a chi sta muovendo i primi passi nel mondo della vela. Pensata per due persone d’equipaggio, può essere attrezzata anche con trapezio e spinnaker per chi vuole provare un po’ di adrenalina in più. SCOPRI QUI IL MODELLO IN VENDITA

PORTOBELLO 28

Volete divertirvi e correre? Progetto di Judel/Vrolijk nato per il match race e successivamente modificato per le regate mini-altura, questo Portobello 28(8,50 m x 2,50) è stato costruito da Manara Compositi sottovuoto con resina epossidica, fibre di vetro unidirezionale e anime di PVC e Nomex. Timone e deriva in sono in carbonio, l’albero in alluminio della Velscaf del grande navigatore Ciccio Manzoli. Le vele sono del 2014, l’attrezzatura di coperta è top di gamma. Il prezzo è di 15.000 euro. LO TROVATE QUI

Comar – Comet 21 O.D.

Un piccolo monotipo elettrizzante, perfetto per chi vuole partecipare a regate di club, sui laghi o nei circuiti minialtura. Carrellabile, caratterizzato da un armo semplice e divertente già nel vento leggero. Randa dalla superficie accentuata, piccolo fiocco e grande gennaker, si arma velocemente e si conduce anche in sole 3 persone d’equipaggio. Per semplificare la gestione in equipaggio ridotto è previsto l’avvolgifiocco, al timone può dare soddisfazioni anche ai meno esperti grazie alle sue risposte veloci. GUARDA QUI IL MODELLO IN VENDITA

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I borghi di mare più belli (e non scontati) d’Italia – Prima Puntata

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Quali sono i borghi di mare italiani più belli? Ci siamo fatti questa domanda in redazione e poco ci mancava che venissimo alle mani per stilare una sorta di classifica. Quella che leggerete in tre puntate puntate è il frutto (sofferto) del nostro lavoro di selezione. Unico criterio? La non scontatezza (non troverete Portofino, Anacapri, etc…).

Per il 2018, ecco la nostra lista dei più suggestivi paesi affacciati sulle nostre coste, partendo dalla Liguria per arrivare fino al Friuli-Venezia Giulia. Luoghi da ricordarsi quando pianificherete la vostra crociera estiva, visto che sono tutti raggiungibili via mare: o grazie a un marina locale, oppure con il tender lasciando la barca alla fonda. Non siete d’accordo con le nostre scelte? Con un bel commento indicateci quali sono, secondo voi, i borghi di mare imperdibili del 2018!

I BORGHI DI MARE PIU’ AFFASCINANTI DI ITALIA


1. CERVO (Imperia, Liguria di Ponente)

Cervo ha conservato intatte le sue originalissime caratteristiche di borgo medievale sul mare, protetto da torri e mura cinquecentesche e circondato da verdi colline. Il centro storico è praticabile solo a piedi ed è stato conservato con i suoi edifici, vecchi di secoli, e i suoi vicoletti ciottolati dove si trovano botteghe di artigiani ed artisti. Tanti illustri furono stregati dalla sua bellezza: Italo Calvino e Eugenio Montale, ad esempio… Da non perdere la facciata concava, simbolo del paese, della Chiesa di San Giovanni Battista (XVII-XVIII secolo), che si affaccia sulla piazza dei Corallini, il cuore pulsante del borgo.


2. VERNAZZA (La Spezia, Liguria di Levante)

Probabilmente la più affascinate delle “Cinque Terre”, Vernazza è percorsa da ripide e strettissime viuzze che scendono verso la strada principale che finisce in una piazzetta situata di fronte al porticciolo. E’ punteggiata da costruzioni difensive, case-torri, il Torrione e il castello dei Doria, simbolo dell’importanza economica avuta nell’antichità e protetta dai Genovesi contro i Saraceni e le invasioni barbariche. Vernazza fu fondata intorno all’anno Mille. Il suo nome deriva dalla “Gens Vulnetia”, antica famiglia romana alla quale appartenevano gli schiavi che, una volta liberati, fondarono il paese. Un tempo più prospera degli altri paese delle Cinque Terre, Vernazza ospita elementi architettonici di pregio, come logge, porticati, portali. Il borgo, nobile ed elegante, si sviluppa lungo il torrente Vernazzola, ora coperto, arroccandosi sulle pendici di uno sperone roccioso.


3. GIGLIO CASTELLO (Isola del Giglio, Grosseto, Toscana)

Arrivate all’isola del Giglio, ormeggiate a Giglio Porto (già di per sé pittoresco paesino) e… salite fino a Giglio Castello. Alto 450 m sul livello del mare è cinto da imponenti mura intervallate da tre torri a pianta circolare e sette a base rettangolare. Eretto dai Pisani nel XII sec., più volte ampliato e restaurato dai Granduchi di Toscana, è a tutt’oggi pressocchè intatto nel suo interno. Le vie strette, spesso sormontate da archi, i balzuoli (scale esterne per accedere ai piani superiori), la Piazza XVIII Novembre sulla quale domina la Rocca Aldobrandesca, imponente costruzione difensiva, fanno di Giglio Castello una meta suggestiva, dal fascino unico. Da non dimenticare una visita alle cantine dove viene prodotto e conservato il tipico, ambrato e robusto vino dell’Isola del Giglio, il vino Ansonaco.


4. SPERLONGA (Latina, Lazio)

Non è solo una meta “top” per le sue spiagge (le più conosciute sono Canzatora, Salette e Fontana): Sperlonga è città fatta di viuzze strette dove si respira un fascino antico. Il Museo archeologico locale, costruito proprio nei pressi della Grotta di Tiberio, ospita i gruppi statuari che decoravano la città. Sempre in zona si trova la Villa di Tiberio. Un elemento caratteristico di questa località sono le quattro torri. Costruite nel medioevo per difendersi dai Saraceni, la Torre Centrale e la Torre del Nibbio sono oggi incorporate tra le case del paese, dando quell’aspetto arroccato e tortuoso. Meritano una visita anche le piccole e pittoresche chiese di Sperlonga, situate per lo più nel cuore antico della città.


5. VENTOTENE (Latina, Lazio)

Situato sull’omonima isola di origine vulcanica, il borgo di Ventotene si è sviluppato intorno sulla roccia che domina l’antico porto romano scavato nel tufo, al quale è unito da una breve e suggestiva rampa realizzata in epoca borbonica. Vi sembrerà di stare in una cartolina. Da non perdere, una visita alle cisterne che furono costruite dai Romani perché Ventotene non ha sorgenti di acqua dolce. Si raggiungono a piedi da Piazza Castello e sono due vasche di raccolta dell’acqua piovana: la Cisterna di Villa Stefania e la Cisterna dei Detenuti. Sono ricoperte di graffiti di vita quotidiana.

… IL VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEI BORGHI DI MARE PIU’ AFFASCINANTI CONTINUA…

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Chi è Dorade, la barca del 1930 che ha partecipato all’ultima Sydney Hobart

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Dorade è lo yacht che fece entrare Olin Stephens nell’olimpo dei progettisti di fama mondiale, quando, a soli 21 anni ne disegnò le linee. Dorade vinse la Transatlantica nel 1931 e il Fastnet nel 1931 e nel 1933, due Bermuda Race e la San Francisco Honolulu del 1936. All’epoca il Times lo definì “il più prodigioso piccolo yacht da regata oceanica mai costruito”. Divenne poi un’imbarcazione scuola. Intorno agli anni Duemila, diventata di proprietà dell’industriale Giuseppe Gazzoni Frascara, fu restaurata presso il Cantiere Navale dell’Argentario. Poi è stata rivenduta a un nuovo armatore olandese e trasferita in Costa Azzurra. Nel 2003, a Cannes, ha regatato a bordo anche l’ultranovantenne Olin Stephens. Nel 2013 gli armatori Matt Brooks e Pam Rorke Levy hanno vinto la TransPacific Race (overall), poi la Newport-Bermuda, la Caribbean 600 e la Corsica Classic.

Non male come curriculum per questo yawl in legno, costruito a New York presso il cantiere Minneford Yacht sotto la supervisione del fratello minore di Olin, Rod Stephens, allora appena ventenne. Caratterizzata da una profonda chiglia (2,43 metri) con ballast esterni, presenta un baglio molto stretto (solo 3,12 metri) e un piano velico generoso.

Dopo tante regate disputate e un palmares tra i più prestigiosi al mondo a Dorade mancava ancora la Sydney Hobart, per questo i suoi armatori Matt Brooks e Pam Rorke Levy hanno deciso di portare la barca in Australia per partecipare a questa mitica regata lunga 620 miglia nella quale lo scafo del 1930 ha saputo farsi valere tagliando il traguardo al 77esimo posto in reale, seconda nella quarta divisione IRC e ORCi.

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Velista dell’Anno, il 30 gennaio si parte! Chi merita di essere candidato? Lo chiediamo a voi!

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velista dell'annoLa ventiseiesima edizione del Velista dell’Anno si sta avvicinando, si partirà il prossimo 30 gennaio con le votazioni online! E’ il premio più prestigioso della vela italiana, assegnato fin dal 1991 (qui le storie di tutti i vincitori passati).

COSA COME DOVE QUANDO
Il Velista dell’Anno se lo aggiudica colui che, sulla base delle vostre preferenze (che potrete esprimere nel sondaggio qui sotto), risulterà essere il velista che più vi ha emozionato. Saranno i vostri voti a decretare chi farà parte della rosa dei candidati alla vittoria finale, tra i quali sarà svelato, in occasione del VELAFestival (dal 3 al 6 maggio a Santa Margherita Ligure: info su www.velafestival.com), durante la Serata dei Campioni (venerdì 4 maggio alle ore 19), il Velista dell’Anno TAG Heuer 2017 e tutti i vincitori degli altri premi (Performance, #don’tcrackunderpressure, Innovation e Young).

A FINE GENNAIO PARTONO LE VOTAZIONI MA…
Vi ricordate come funziona? Si partirà con 100 candidati selezionati dalla redazione, che potrete votare a partire dal 30 gennaio 2018. Poi con le successive votazioni da 100 resteranno in 50, da 50 a 25 fino alla scelta della rosa finale di candidati.

…POTETE SEGNALARCI CHI, SECONDO VOI, MERITA LA CANDIDATURA!

Ma quest’anno c’è una novità. Fino al 10 di gennaio potete aiutare la redazione nella selezione dei “nomi caldi”: inviando una mail all’indirizzo speciali@panamaeditore.it potrete segnalare le vostre candidature.

Regatanti, derivisti, armatori, marinai (i velisti oceanici o chi ha dato sfoggio di abilità nel “navigare lungo”), progettisti, costruttori e persino barche che vi hanno emozionato nella stagione 2017. Sentitevi liberi di segnalarci chi, secondo voi, merita di essere inserito nel “listone” dei Magnifici 100 Velisti dell’Anno!

L’importante è corredare la mail di una motivazione, di un breve curriculum del soggetto/barca e, se possibile, una bella foto. L’oggetto della mail dovrà essere “PROPOSTA CANDIDATURA VELISTA DELL’ANNO”. Valuteremo con attenzione ogni proposta di candidatura!

COSA ERA SUCCESSO NELLA SCORSA EDIZIONE DEL VELISTA DELL’ANNO

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TENDENZE Il ritorno della mitica delfiniera (e come montarla)

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Prosegue il nostro viaggio, freschi di saloni internazionali, contatti con i produttori, giri in banchina, alla scoperta delle ultime tendenze in fatto di accessori per la barca.

IL RITORNO DELLA DELFINIERA

Fateci caso, le barche di ultima generazione hanno messo un “naso” a prua che le allunga anche di un metro. La nuova tendenza, che affonda le sue radici nella storia, si chiama “delfiniera”. Non fa picchiare l’ancora contro lo scafo con le attuali prue verticali, visto che le prue ormai non hanno più lo slancio prodiero che preservava lo scafo dal contatto accidentale con l’ancora che bascula. Ma soprattutto la delfiniera permette di spostare all’estrema prua il punto di mura delle ormai indispensabili vele da portanti e vento leggero, come gennaker e Code 0, così da armarla senza ostacolare lo strallo di prua dove è issato il fiocco. E’ possibile montarla su una barca che ne è priva? Si, ecco alcuni suggerimenti su a chi rivolgersi…

LA VOLETE SU MISURA E ULTRALEGGERA?
La vostra barca non dispone di delfiniera e volete farvela fare su misura, leggera, ultratecnologica e resistente? Non vi resta che chiamare Bert Massimo Mauri, detto Bert, e fornirgli l’impronta della prua, previa disinstallazione del musone (bastano anche 2/3 mm in vetroresina, se non sapete come fare ci pensa Bert, tranquilli) e lui vi consegnerà il prodotto finito, pronto all’installazione (dalla progettazione alla realizzazione senza passare da fornitori esterni, questo è uno dei punti forti del cantiere di Mauri). Sarete voi stessi a provvedere al montaggio, perché è davvero semplice, basterà imbullonare il prodotto allo scafo. Per una delfiniera custom, indicativamente, arriverete a spendere, per una barca sui 13/14 metri, intorno ai 4-6.000 euro. www.bertmauri.com

DELFINIERE UNIVERSALI
UniBow è una serie di delfiniere universali installabili in retrofit su qualsiasi tipo di barca, grazie ad una cerniera posta all’estremità che permette un apertura a compasso delle travi e quindi alla possibilità di adattarsi a qualsiasi prua seguendo le linee naturali dello scafo. L’installazione è semplice e alla portata di qualsiasi armatore dotato di un minimo di manualità.

La delfiniera viene imbullonata allo scafo tramite bulloni e spessori in Delrin inclinati e orientabili che ne evitano il contatto diretto. Una volta fissate le travi allo scafo, viene installato tramite rivetti un traversino strutturale a metà lunghezza, provvisto di attacco per una ritenuta rigida regolabile in acciaio inox e di un golfare per l’aggancio di un code 0. Alla delfiniera è possibile installare un kit musone ancora. UniBow è disponibile in 3 taglie a seconda delle dimensioni della barca, e con travi in alluminio anodizzato argento o nero, carbonio verniciato trasparente e inox 316 lucido. www.goldservicerigging.com

LA PIU’ COMODA CHE C’E’
La delfiniera, se dotata di grigliato e scaletta, diventa un comodissimo aiuto alla discesa a terra quando si ormeggia di prua. Questo modello di Osculati è in acciaio inox AISI 316 lucidato a specchio con grigliato in vero teak e scaletta telescopica a due gradini. www.osculati.com

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TENDENZE Fa freddissimo? Esco in barca lo stesso e mi riscaldo premendo un pulsante

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Continua il nostro viaggio alla scoperta delle tendenze del mercato degli accessori. In questa terza puntata ci occupiamo dell’abbigliamento termoriscaldato

TI RISCALDI PREMENDO UN PULSANTE

Fa freddo, vero? In barca, poi, non ne parliamo! Se vi siete coperti a dovere, avete rispettato il sistema dei “tre strati” (ve ne abbiamo parlato qui) e state ancora sbattendo i denti esiste una soluzione. L’abbigliamento termoriscaldato. Avete capito bene, nella maggior parte dei casi vi basterà premere un bottone. O addirittura un clic sul vostro smartphone e il gelo sarà solo un ricordo.

freddoUN BUON PAIO DI GUANTI
Partiamo dalle estremità. Spesso i guanti termoriscaldati sono ingombranti a tal punto da sembrare quelli di un pugile, ma quelli proposti da CozyWinters appaiono sottili e confortevoli, al punto da poter essere portati sotto un altro paio di guanti più robusti. Sono dotati di due batterie al litio ricaricabili (100-240V) che vi consentono di regolarne il calore in tre temperature, per una durata massima di 5 ore. LI TROVATE QUI 

LE CALZE TERMORISCALDATE
Per quanto riguarda le calze termoriscaldati ci siamo affidati a un’azienda italiana, Capit. Le calze WARMME si servono di una tecnologia di riscaldamento a raggi infrarossi e contengono elementi riscaldanti in fibra di carbonio in grado di diffondere il calore in modo omogeneo. La batteria, una volta ricaricata, viene inserita in una piccola tasca posizionata nella parte superiore dell’indumento all’altezza dell’elastico e collegata alla calza tramite l’apposito cavetto. Può mantenere l’area del piede calda fino a 6 ore. LE TROVATE QUI

LE MITICHE SOLETTE GESTIBILI CON LO SMARTPHONE
Già da qualche anno sono sul mercato: le solette ThermaCell sono in grado di scaldarsi e di ricreare un “clima” piacevole dentro alla scarpa. Il funzionamento è semplice, si riscaldano grazie a delle resistenze interne alimentate da una batteria al litio ricaricabile (tramite apposito caricatore incluso con le solette). Anche in questo caso, potrete impostare diversi livelli di calore: la novità consiste nel fatto che potrete controllare la temperatura di ciascuna soletta direttamente dallo smartphone! LE TROVATE QUI

LA SUPERSALOPETTE
Se vogliamo risolvere il problema del freddo alla radice, ovvero intervenendo su uno strato interno alla cerata, possiamo bussare alla porta di Gerbing, una delle aziende più all’avanguardia nel settore dell’abbigliamento termoriscaldato: questa salopette vi scalda grazie a una batteria al litio ricaricabile a 12V ed è comodissima da indossare perché è sottilissima (composta all’80% in poliammide e al 20% in lycra). LA TROVATE QUA

IL PILE PIU’ CALDO DEL MONDO
Ottimo come secondo strato sotto la cerata, per i più freddolosi c’è quest’altro prodotto di Gerbing, una specie di pile in soft nylon ultratecnologico. Tra l’altro, con vari spinotti potete connetterlo agli altri accessori Gerbing (Giacca esterna, guanti, pantaloni) per una distribuzione totale del calore. E scusate se è poco! LO TROVATE QUI

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Le sette virtù cardinali… che non devono mancare a un vero marinaio

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Fin dal 1983, l’American Sailing Association si occupa di insegnare alla gente a navigare in sicurezza e tranquillità. In tutti questi anni, i loro membri hanno identificato sette qualità che non devono mancare per diventare un buon marinaio. Secondo voi ne manca qualcuna?

1. FIUTO
In cima alla lista si trova l’intuizione. Tutti noi, almeno una volta, siamo stati a bordo con persone che sembravano sapere cosa fare a “naso”. Da dove sarebbe arrivato il vento, dove si sarebbe dovuto bordeggiare. La barca andava più veloce con loro al comando, riuscivano a ragionare in anticipo. Certo, l’esperienza aiuta, ma l’intuizione, il “fiuto”, è una virtù magica che i grandissimi marinai posseggono a livello innato .

2. PERFETTA CONOSCENZA DEI FONDAMENTALI
Le basi, le basi, le basi. Provate a fare un giro per le banchine, e scoprirete che non tutti sono in grado di dare volta su una bitta correttamente. Oppure chiedete se qualcuno sa eseguire correttamente un nodo margherita. Un vero marinaio, i fondamentali li conosce alla perfezione: nodi, nomenclatura, lettura dei dati meteo, tutto quello che c’è da sapere per navigare.

3. CAPACITA’ DI IMPROVVISAZIONE
MacGyver sarebbe stato un buon marinaio. Le cose in barca non vanno mai come previsto: l’attrezzatura di coperta salta, le cose cadono in mare, le cime si rompono, le condizioni meteo possono cambiare all’improvviso. Quindi la capacità di improvvisazione è una caratteristica fondamentale in un’attività imprevedibile come la vela: lo studio di soluzioni alternative e riparazioni con il materiale a disposizione in barca è una prerogativa dei grandi marinai. Spesso le invenzioni più ingegnose state sviluppate da buoni marinai impegnati in lunghe navigazioni a bordo di piccole barche da crociera.

4. SANGUE FREDDO
I veri marinai non sono mai quelli che urlano e bestemmiano quando qualcosa va storto in barca. Sono quelli che pensano a una soluzione mentre qualcun altro sta urlando e bestemmiando. ma oltre ad essere calmi in situazioni tese, i grandi marinai sono persone tranquille in generale. Respirate, gente… la vela è in primo luogo relax.

5. UNA BARCA E’ UNA BARCA

Chi sa navigare per davvero può salire a bordo di qualsiasi barca e farla veleggiare al meglio. Si farà un rapido inventario mentale su come funzionano i vari sistemi di bordo e in pochi minuti sarà un perfetto membro dell’equipaggio o uno skipper, come se andasse su quella barca da anni.

malingri TAG Heuer Velafestival6. ESPERIENZA
In barca come nella vita, l’esperienza è (quasi) tutto. Tante miglia sul groppone di solito fanno sì che uno diventi un vero marinaio. Anche se non siete dei Russell Coutts, degli Straulino o dei Ben Ainslie, sappiate che con il “fiuto” senza esperienza non si va avanti, mentre non è vero il contrario.

7. PIRATESCA SOBRIETA’
Questa è molto “piratesca”, noi la riportiamo: un buon marinaio non deve rinunciare mai al suo rum, è una tradizione antica che andrà avanti nei secoli. Ma senza esagerare. Perché bere troppo e perdere la cognizione a bordo può avere conseguenze catastrofiche.

L’articolo originale in inglese lo trovate qui.
Qui il sito dell’American Sailing Association

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ANTEPRIMA Vittorio Malingri racconta: “In questi mesi di silenzio ho organizzato la nuova avventura: Unlimited Yachts”

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Il settembre 2015 me ne stavo all’ancora bello tranquillo davanti a Paleiros, nelle isole Ioniche. Verso il tramonto si avvicina un catamarano da crociera di 52′ che in qualche modo si distingue dalla concorrenza. La stragrande maggioranza dei cat da crociera esistenti, se si pensa all’uso in navigazione, è un concentrato enorme di errori di progettazione e realizzazione, in quanto viene assolutamente privilegiato l’uso house-boat. Il cat in questione invece mostrava un ottimizzazione anche per l’uso velico. Nel giro di pochi minuti il mio grande amico Marco Veglia, e Federico Zecchin, armatore della barca in questione, salgono a bordo da me. Viene fuori che il catamarano è stato in gran parte disegnato e seguito nella sua costruzione da Marco.

Rimaniamo in contatto, ci incontriamo ancora con Federico l’estate seguente, a Pylos nel Peloponneso. Federico mi accenna la sua idea, costruire un catamarano prendendo spunto dai pesci. Amante della pesca in apnea mi racconta di aver osservato più volte da vicino come i pesci usano le loro pinne per nuotare per stabilizzare la navigazione. Mi racconta le sue esperienze di navigazione, la nuova visione del suo catamarano ideale e cioè simile ad una porta aerei, a tutto ponte su un unico livello.

Qualche frase buttata lì, quasi per caso, in quei due incontri in mare, oggi si concretizza nella Unlimited Yachts. Il piano è semplice: fare delle belle barche innovative, di valore, capaci di navigare ovunque con ogni tempo. Dalla barca nata dall’idea di Federico Zecchin siamo andati oltre e, con l’apporto di Gian Paolo Pelizza proprietario del marchio UNLIMITED, ne stiamo organizzando la commercializzazione. Come sempre vi avverto solo quando i sogni diventano cose concrete: non solo lo abbiamo già disegnato, ma abbiamo avviato la produzione degli stampi prima dell’estate scorsa e stiamo costruendo la prima unità venduta: il catamarano da crociera veloce “Unlimited C53’”.

La seconda unità sarà disponibile in acqua non prima di primavera 2019. Consiglio a chi ne ha interesse di iniziare a capirne di più. Ci vuole un sacco di tempo a fare una barca fatta bene. Sono e saranno barche di semi serie, con altissimo grado di customizzazione, praticamente sartoriale. Modelli che possono nascere anche in sinergia con armatori. Particolarità di queste barche sono la loro progettazione e realizzazione: sono state impiegate molte risorse nella ricerca e nello studio per offrire marinità, affidabilità e robustezza di molto superiori ad una barca da diporto. Barche che possono essere utilizzate anche 365 giorni l’anno per tanti anni, e per un altissimo numero di miglia a costi accettabili. Barche che possano passare attraverso generazioni e quindi continuare a valere.

Per realizzare barche come Unlimited C53′ è essenziale che che vi sia il lavoro di esperti di navigazione, di vita reale a bordo di multiscafi, della loro progettazione e costruzione. Il livello di sofisticazione di scafo ponte e appendici, il piano velico, l’attrezzatura di ponte e alcune soluzioni, il layout degli interni, i materiali, la finitura, le decorazioni, gli accessori saranno invece come nel desiderio del cliente.

Io e Marco siamo cresciuti cantieristicamente nella zona di Fano. Maurizio Testuzza del cantiere AdriaSail è da sempre un protagonista di questa realtà, un interlocutore e un amico. Dopo due campagne di Coppa America come project manager e progettista Maurizio attraverso CNB e Adriasail ha fatto negli anni delle barche incredibili, tra le tantissime custom e non: tutti i primi Wally e Nauta, i B Yachts, “Fila” l’open 60 di Soldini, che 20 anni dopo corre ancora i Vendée Globe, poi la serie continua e sono troppe per nominarle tutte. Quando abbiamo chiesto a Testuzza di costruire le nostre barche da Lui ha accettato con slancio e passione. Subito dopo mi ha affidato la direzione della costruzione per conto del cantiere. Dal primo tessuto laminato alla regolazione del albero, sono sempre lì che rompo le scatole per fare le cose bene, e tante le faccio di persona. Marco svolge il compito di project managing per il cliente, lo coordina nelle scelte che sono tante, e tiene d’occhio la costruzione. Questo non esiste da nessuna altra parte, anzi vi è l’eterna lotta tra chi concepisce e chi costruisce. Qui siamo entrambi del design team, che però ora può realizzare e controllare di persona il manufatto in qualsiasi fase e in ogni momento, perché siamo anche parte del cantiere. Ci prendiamo le nostre responsabilità, di progettisti e costruttori, fino in fondo.

Unlimited C53′ apre una nuova strada e vanta sei particolarità mai viste tutte assieme su un catamarano da crociera:

  • Scafi stretti e profondi sotto il galleggiamento.

Questo permette una navigazione dolce in ogni condizione di mare, mentre larghezze convenzionali sopra il galleggiamento non ne pregiudicano l’abitabilità. Siamo riusciti anche a contenere la ridurre la superficie bagnata a pari dislocamento.

  • Parte inferiore della piattaforma molto alta sull’acqua.

Uno degli errori maggiori sui catamarani da crociera in commercio. Particolarità che ne limita tantissimo la marinità con conseguente scomodità di navigazione e moltissime rotture. C53′ con i suoi 130 centimetri dall’acqua è di gran lunga il più alto.

  • Pesi a centro barca.

Motori, generatore, batterie, desalinizzatore, caricabatterie, inverter, serbatoi di acqua gasolio e acque grige e nere, pompe e impiantistica pesante, sono tutti posizionati longitudinalmente a centro scafi, come sui multiscafi oceanici. Questo permette un buon passaggio sull’onda, linee d’acqua a poppa più fini e veloci, più stabilità laterale perché sono pesi anche molto in basso.

  • Bompresso al posto della traversa anteriore.

Già adottato in tutte le formule dei cat da corsa, questa soluzione offre un immediata rigidità alle regolazioni del piano velico e libera le prue da peso e dal rischio di rotture, disalberamenti, o peggio, se immersa pesantemente in velocità. La catena dell’ancora esce dalla sua estremità prodiera, e quindi non servono più patte d’oca per limitare i “bordi” all’ancora.

  • Ponte integrale e poppe chiuse.

Il ponte, all’esterno del pozzetto è su un unica superficie, per semplificare e facilitare al massimo i movimenti e le manovre. E’ continuo anche a poppa, tra gli scafi. Un open space totale ottimizzato per la migliore esperienza velica, come ad esempio la zona prendisole a poppa, più fruibile perché protetta dagli elementi in navigazione o all’ancora. Bella rottura con gli assurdi pozzetti a prua della tuga che stanno imperversando nella produzione di serie. Oppure le nostre timonerie swing, che possono essere inclinate all’interno per ripararsi sotto la tuga, all’esterno per timonare in piedi con totale visibilità, o al centro per farlo seduti. Il gommone è al solito posto, pronto all’uso, ma protetto dal sole, intemperie e sguardi indiscreti tutto il tempo.

  • Crusing foils e timoni a T.

C53′ ha foils assimmetrici curvi al posto delle derive. L’intento è di fornire molta più portanza antiscarroccio, un cruccio dei catamarani, e al contempo scaricare dallo scafo sottovento gran parte della pressione, per farlo galleggiare molto meno immerso riducendo la superficie bagnata e con le prue più scariche. Altro vantaggio dei foils in crociera è l’enorme smorzamento del beccheggio, quindi maggiore comfort in navigazione. I timoni a T invece alzano progressivamente le prue mano a mano che aumenta la velocità. Anche foils e timoni posso essere customizzati.

E’ possibile scegliere tra tre livelli di sofisticazione della costruzione di scafi e ponte. Questo anche nel rigging, nella motorizzazione, nell’impiantistica, negli accessori. In ogni caso garantiamo la barca “professional”, ma ci sarà parecchia differenza di costi ,permettendo a tutti di avere il cat che si possono permettere. Alcuni di costruzione più semplice con materiali convenzionali per l’economia, altri al top del disponibile nel mondo nautico, serio, del 2018 per le performance e il valore aggiunto..
L’esemplare che stiamo costruendo ora è in sandwich di composito ibrido, la soluzione intermedia. Tessuti multi e unidirezionali di e-glass e carbonio sono infusi sottovuoto con resina epossidica e post cottura. La prua e la crash box sono rinforzate in kevlar. Il rigging può essere di alluminio, carbonio, fisso o alare. In questa unità sarà di carbonio ma fisso, prediligeremo quindi un albero sempre alare, ma di piccola sezione e ben insartiato. Tutti i sistemi e gli accessori meccanici, elettrici ed elettronici sono scelti ed installati per dare la massima affidabilità, durata e reperibilità world wide dei pezzi di ricambio. Anche qui naturalmente c’è la massima possibilità di scelta, sempre con il nostro supporto nella individuazione dei giusti accessori, con unico limite di non pregiudicare le strutture, l’abilità velica o la marinità del catamarano.

Unlimited C53′ combina interni stilosi ed esclusivi, un design esterno minimal ma con molto carattere ed estremamente sobrio per sua categoria, con tutti i vantaggi di un imbarcazione professionale. E’ stata concepita , disegnata e costruita con la stessa energia impiegata nella progettazione dei grandi fuoristrada del mare, a due o tre scafi, che vedete impegnati nei record attorno al mondo o nelle regate oceaniche. Come in quei casi è nata per essere la “più” in ogni cosa, e vincere nel suo lavoro.

Voi giudicherete, ma noi ci siamo posti l’obbiettivo di fare il catamarano da crociera “vero”, non con mezza barca vuota o con spazi ridicoli, più affidabile, marino, robusto e veloce della produzione mondiale di pari dimensioni. Velocità vicine ai 20 nodi devono essere raggiunte facilmente senza stressare barca e ci aspettiamo picchi sopra il 25 nodi, ma il risultato più importante sarà la dolcezza dei movimenti e il relativo comfort in navigazione. La fruibilità nella crociera, che è il suo vero lavoro. L’affidabilità nei trasferimenti o nelle lunghe traversate. I sistemi che lo terranno saldamente ancorato al fondo in rada, e renderanno piacevole e semplice la vita a bordo.

Scarica qui la brochure dell’Unlimited C53′

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Vasco va sulla Luna: il matrimonio “s’ha da fare”

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Dopo le indiscrezioni che vi avevamo raccontato QUI ormai manca solo l’ufficialità: il matrimonio “s’ha da fare”, Vasco Vascotto sarà il tattico di Luna Rossa a cominciare dall’imminente stagione in Tp 52 che inizierà il prossimo maggio, per poi proseguire con ogni probabilità verso la Coppa America. A confermarlo indirettamente è la stessa Azzurra, che ha annunciato l’ingaggio come nuovo tattico dell’argentino leggenda olimpica Santiago Lange, con  Guillermo Parada che precisa: “Ritroveremo Vasco come avversario su un’altra barca“.  

Si profila quindi all’orizzonte un pozzetto italianissimo e stellare per Luna Rossa: Francesco Bruni al timone e Vasco Vascotto alla tattica, la coppia Palermo-Trieste che potrebbe tornare a fare sognare l’Italia della vela. Due dei velisti più talentuosi attualmente in circolazione, in un equipaggio che con molta probabilità avrà un alto coefficiente tricolore. Tra i giovani talenti è sempre più caldo il nome di Francesco Marrai, come timoniere sparring partner di Bruni o nel ruolo di randista.

A scendere da Azzurra sarà anche l’italo argentino Maciel Cicchetti, storico trimmer della barca dello YCCS, attualmente impegnato nella Volvo Ocean Race con Team Brunel. Anche per lui in arrivo un cambio di casacca in “odore di Coppa”.

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I borghi di mare più belli (e non scontati) d’Italia – Seconda puntata

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Quali sono i borghi di mare italiani più belli? Ci siamo fatti questa domanda in redazione e poco ci mancava che venissimo alle mani per stilare una sorta di classifica.
Quella che leggerete in più puntate è il frutto (sofferto) del nostro lavoro di selezione. Unico criterio? La non scontatezza (non troverete Portofino, Capri, etc…). Per il 2018, ecco la nostra lista dei più suggestivi paesi affacciati sulle nostre coste, partendo dalla Liguria per arrivare fino al Friuli-Venezia Giulia, passando dalle isole. Luoghi da ricordarsi quando pianificherete la vostra crociera estiva, visto che sono tutti raggiungibili via mare: o grazie a un marina locale, oppure con il tender lasciando la barca alla fonda. Non siete d’accordo con le nostre scelte? Con un bel commento indicateci quali sono, secondo voi, i borghi di mare imperdibili del 2018! QUI IL LINK ALLA SCORSA PUNTATA

I BORGHI DI MARE PIU’ AFFASCINANTI DI ITALIA


6. POSADA (NUORO)

La posizione arroccata su una collina calcarea, sovrastata dall’antico Castello della Fava, l’ampio panorama sul mare e la pianura circostante ed il centro medievale del paese ricco di storia e di cultura, rendono Posada uno dei luoghi più suggestivi della costa orientale della Sardegna. Posada e il suo Castello furono al centro di complesse vicende storiche. Sebbene non si abbiano dati certi sul periodo di costruzione della fortificazione, si può ipotizzare che nel XIII secolo fosse già stato eretto il castello e munito di fortificazioni il centro abitato.


7. FURORE (Salerno)

Un vera e propria perla nella perla (la Costiera Amalfitana), Furore è un borgo originalissimo. Non ci sono piazze principali, ma solo sentieri e scale che un tempo portavano al villaggio dei pescatori, mai visibile dalla costa, in modo che Furore è rimasta praticamente nascosta agli occhi di chi naviga. Un fiordo, come quelli norvegesi: il vallone di Furore è una netta e profonda spaccatura nella roccia, che si è formata dal lavoro del torrente Schiato. Qui le rocce a strapiombo e la vegetazione che vive lungo le pareti, le case ricavate nel suolo e i murales colorati che affrescano la case stesse e gli edifici pubblici, la fanno da padroni. Impossibile non innamorarsi.


8. TROPEA (Vibo Valentia)

Cittadina ricca di storia (un’antica leggenda narra che il fondatore di Tropea sia stato Ercole il quale passò e si fermò sulla Costa degli Dei mentre faceva ritorno dalla Spagna), fu abitata da greci, romani, bizantini, normanni. Per la sua posizione a picco sul mare, il centro storico di Tropea gode di vedute panoramiche particolarmente suggestive. Molti sono i punti di belvedere presenti mozzafiato: Largo villetta; Largo Migliarese, con la famosa veduta su Santa Maria dell’Isola; Largo Galluppi che si affaccia sul porto turistico e Largo Duomo che offre una splendida visuale dell’entroterra intorno a Tropea.


9. SANTA FLAVIA (Palermo)

Arroccata su un promontorio a 45 metri di altezza, Santa Flavia si affaccia su uno dei golfi più belli della Sicilia, in prossimità dello splendido scenario di Capo Zafferano e a un tiro di schioppo dalla secca delle Formiche, dove è possibile immergersi tra pesci e rovine archeologiche. Antico borgo di pescatori, è stata fondato nel 1600, e conserva dell’epoca tutto il fascino barocco. Per non parlare delle acque di puro cristallo. Da vedere assolutamente.


10. POLIGNANO A MARE (Bari)

Patria del grande Domenico Modugno, la cui statua troneggia vista mare. Il centro storico della cittadina pugliese si sviluppa su un imponente costone roccioso ed è delimitato da antiche mura. Polignano era un centro conosciuto già in epoca romana, posto al passaggio della Via Traiana, di cui resta un antico ponte. Bellissimi e caratteristici sono i tratti costieri e le spiagge di Polignano a Mare. Cala Paura, Cala Porto, Ponte dei Lapilli, Porto Contessa e Porto Cavallo sono le calette più note e conosciute.

… IL VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEI BORGHI DI MARE PIU’ AFFASCINANTI CONTINUA…

QUI IL LINK ALLA PRIMA PUNTATA

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TENDENZE Tender, passerelle, pannelli solari? Stanno in un gavone!

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Continua il nostro viaggio alla scoperta delle tendenze del mercato degli accessori. In questa quarta puntata ci occupiamo degli accessori che, sgonfiati e/o piegati, stanno in un gavone.

Gonfiabile o pieghevole, a bordo, significa comodo e soprattutto “salvaspazio”: non c’è prodotto che, una volta sgonfiato o piegato, non stia in un gavone. Non solo derive e kayak per divertirsi in rada: adesso vanno di moda le piattaforme (utili non solo per prendere il sole, ma anche come comoda base per pulire l’opera morta) e le passerelle gonfiabili (queste ultime sono anche multifunzione: con una pagaia, eccole trasformate in SUP), i tender pieghevoli e persino i pannelli solari da portare con voi!

ECCO ALCUNE FURBATE CHE STANNO IN UN GAVONE

Nautibuoy – Piattaforma Sport Teak 375
Questa piattaforma in PVC rivestita di schiuma simil-teak è la top di gamma. Lunga 2,57 metri, larga 1,45 e alta 0,24, è dotata di un sistema di stabilizzazione integrato che adotta quattro sacche a immersione che, una volta riempite automaticamente d’acqua, trattengono gli angoli del gonfiabile, diminuendo il beccheggio. www.bluedream.it

Sunware – Pannelli portatili serie RX
I pannelli solari portatili della Sunware sono pieghevoli, resistenti al sale, funzionano con due pannelli indipendenti, sono plug & play ma soprattutto dispongono di uscita 12 V. Senza diventare matti con i cavi, ci hanno assicurato, potete caricare le batterie della vostra barca direttamente… dall’accendisigari! http://en.sunware.solar

Hovercraft – Passerella gonfiabile multiuso
Le passerelle gonfiabili non sono una novità: ma questa, dotata di corrimano che si trasforma in pagaia, fa sì che possiate utilizzarla anche come SUP e piattaforma prendisole. Poi la sgonfiate e la infilate in un gavone. www.hovercraft.si

Foldable rib – Tender pieghevole F-Rib
E se il tender a chiglia rigida fosse in realtà pieghevole, consentendovi di stivarlo in un gavone? Un sogno che è diventato realtà. Cosa ne pensate di Foldable Rib? Il modello che vi mostriamo va bene come tender per barche di 35-36 piedi. www.foldablerib.com

LA PRIMA PUNTATA DELLE TENDENZE ACCESSORI 2018

LA SECONDA PUNTATA DELLE TENDENZE ACCESSORI 2018

LA TERZA PUNTATA DELLE TENDENZE ACCESSORI 2018

 TUTTE LE NEWS DI TECNICA E ACCESSORI

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Cinque domande ai tuoi accessori di bordo (per saperli usare al meglio)

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Pilota automatico, attrezzi di bordo, AIS, Radar, regolatore di tensione. Conoscete tutti i trucchi per farli funzionare al meglio?

1. QUALI SONO I TRUCCHI PER USARE MEGLIO IL PILOTA AUTOMATICO?
Il pilota automatico è il miglior compagno di navigazione di notte, ma anche di giorno. Può essere usato in tantissimi modi, verso un waypoint, a vela, a motore, con l’angolo al vento o semplicemente indicando la rotta. Per utilizzarlo in maniera corretta bisogna che sia ben installato, quindi con la bussola fluxgate, quella propria dell’autopilota, installata correttamente, possibilmente a centro barca e lontana da sorgenti magnetiche. Il braccio idraulico che agisce direttamente sull’asse del timone deve essere ben dimensionato, in modo da non sforzare troppo e da non andare in sovrapressione.

Per utilizzare tutte le potenzialità e funzioni dello strumento, è bene che la rete delle apparecchiature di bordo funzioni correttamente. In questo modo potrete selezionare un waypoint sul Gps e farlo seguire direttamente dal pilota. Allo stesso modo, se desiderate navigare a vela e volete rilassarvi senza stare al timone potrete selezionare la funzione di pilota al vento. Scegliete l’angolo per cui avete regolato le vele e selezionate la funzione autopilota a vela sullo strumento. Questa funzione è particolarmente utile se state navigando con il vento in poppa o comunque in andature larghe al vento, in quanto evita infatti il rischio di strambate repentine e involontarie, molto più frequenti se si sta navigando a vela con il pilota impostato su una rotta o su un waypoint. Per navigare a vela con l’autopilota, è bene che esso sia dotato di un sensore Gyro, una sorta di bussola giroscopica, e di un processore molto rapido. Il primo calcola con molta precisione la rotta e l’angolo tenuto anche se la barca è sbandata o sollecitata dalle onde. Il secondo, invece, analizza il movimento e il tempo di reazione della barca e del timone. In questo modo le regolazioni sull’angolo di barra sono minime e più dolci.

2. QUALI ATTREZZI DEVO PORTARE A BORDO
Gli utensili base sono quelli da avere sempre a disposizione e a portata di mano: fondamentali un set completo di cacciaviti, chiavi inglesi, chiavi a tubo, chiavi a brugola, pinze grosse e di ottima qualità, nonché quelle a becco fine per lavori di miniatura. Non fatevi mancare un calibro, un seghetto per il ferro, lime e carta abrasiva fina e grosse. Prestate attenzione che le chiavi siano della misura corretta che serve a bordo. Un martello in ferro e in gomma e un tester sono sempre utili.

Per far scorrere ogni manovra portatevi dietro un sbloccante-lubrificante tipo Crc, indispensabile sia sulle parti elettriche che in quelle meccaniche, e del grasso per parti elettriche, come la vaselina, e uno per le parti meccaniche preferibilmente siliconico o al teflon. Il necessario per il silicone trasparente, antimuffa e pistola. Il SikaFlex è versatile e ideale per realizzare sigillature elastiche resistenti alle vibrazioni: dopo essersi indurito può essere carteggiato e verniciato. Un set di colle per il legno, un collante universale e uno bicomponente epossidico tipo West System. Nastro isolante con il rotolo interno in plastica e non in cartone, del nastro telato (gray tape) e un rotolo di Teflon, fondamentale per sostituire guarnizioni ed eliminare piccole perdite da giunture idrauliche.


3. PERCHE’ IL RADAR INTERCETTA SOLAMENTE I METALLI?

Le antenne radar emettono a un frequenza precisa un’onda elettromagnetica che viene “lanciata” nello spazio. Per definizione un’onda elettromagnetica, una volta nello spazio, crea un campo magnetico e un campo elettrico. Quando l’onda incontra un metallo e quindi un materiale conduttore di elettricità, il campo elettrico generato dall’onda va in corto circuito, terminando così la sua corsa nello spazio e venendo “riflessa” verso la sorgente. Se l’onda incontra un materiale non conduttore, come ad esempio la vetroresina, gli passa attraverso, senza nessuna interferenza. Ma allora come fare per “vedere” ed “essere visti”? Quello che conta per far sì che l’efficienza del radar sia corretta, è la superficie dell’oggetto riflettente che in sostanza produce un’eco all’onda, come se fosse uno specchio.

Per questo motivo è fondamentale dotarsi di un riflettore radar, avendo la possibilità di essere avvistati con più facilità da un fascio di onde, anche a distanza elevata. Tale accessorio è molto più utile per le barche a motore, dato che una barca a vela di dieci metri con il suo albero ha già un valore riflettente pari a 10 mq. Dato che i principali pericoli per i diportisti in mare aperto derivano dagli incroci con le navi è bene sapere che di norma al largo loro utilizzano un fascio di onde con una frequenza di 3GHz, con una lunghezza di 10 cm per una portata di circa 24 miglia. La sua precisione nel definire correttamente i dettagli si ha nell’arco delle 10 miglia, quindi se considerate di navigare entrambi a 20 nodi, avete meno di 30 minuti per avvistare o essere avvistati. Tanto più grande è il vostro riflettore tanto è più probabile che un cargo possa identificarvi per tempo e soprattutto chiaramente.


4. QUAL E’ LA DIFFERENZA TRA LE ONDE DELL’AIS E QUELLE DEL RADAR?

La differenza sostanziale tra i due sistemi è la tipologia di frequenza che si utilizza per scansionare le porzioni di mare. L’AIS adopera le frequenze della radio Vhf su una banda intorno ai 100 MHz e sfrutta la stessa antenna. Questo tipo di onde vengono definite direttive, cioè il trasmittente e il ricevente si devono “vedere”.

Questo però non è assoluto, sostanzialmente con l’AIS si riceve il segnale di una barca anche se è dietro un’isola. Il radar, invece, sfrutta le microonde, su una frequenza a partire da 3 GHz che, utilizzando forse un termine poco tecnico, possiamo definire superdirettive. Significa che non oltrepassano gli ostacoli come nell’esempio di un’isola. Le onde radar sono però più potenti, hanno sostanzialmente una maggiore portata del segnale.


5. A COSA SERVE UN REGOLATORE DI TENSIONE?

Tutti gli alternatori nautici necessitano di una regolazione della tensione elettrica di uscita, che avviene tramite un regolatore. Il suo compito è quello di modificare la corrente del rotore che provvede a sua volta a eccitare l’alternatore. Variando questa corrente, si modifica il valore di tensione generata dall’alternatore e di conseguenza la corrente da questo erogata e inviata alle batterie. I regolatori interni hanno spesso una tensione di uscita costante, senza poterne modificare il valore e servono per le batterie motore: in pratica appena la tensione sale oltre il valore predefinito (circa 14 V) il regolatore blocca l’erogazione dall’alternatore. Per le batterie servizi entra spesso in gioco un secondo regolatore.

Genera una tensione che si aggira intorno a 14,2 Volt e quando la batteria è totalmente ricaricata (di norma una ricarica efficiente deve durare almeno tre/quattro ore), la tensione diminuisce per arrivare a un valore chiamato di mantenimento. Il valore per le batterie liquido si aggira attorno a 13,2 V, mentre per quelle al gel è di circa 13,7 V. Il livello della tensione di mantenimento è regolato dall’alternatore e dal caricabatterie. Per le batterie al gel la costanza della tensione di mantenimento è essenziale, perché se più bassa causa il cosiddetto effetto memoria, compromettendone così la durata. Controllate quindi il livello della tensione di mantenimento e se diverso da quello consigliato sulle batterie, fatelo modificare.

Questi e tanti altri consigli utili, potete trovarli sul numero speciale di Vela dedicato alla Pratica e al Bricolage: un volume, questo speciale, pensato da tenere sempre a portata di mano, a casa e in barca, per togliervi dubbi o ripassare le vostre conoscenze in qualunque momento. POTETE ACQUISTARLO QUI

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Boris Borella: così navigo a vela senza inquinare trasportando ortaggi

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borellaPer dirla alla Di Pietro, “che c’azzeccano” vela e agricoltura? C’entrano eccome. Chiedetelo a Boris Borella, documentarista e “attivista” della navigazione a zero emissioni. Siamo venuti a conoscenza della sua storia grazie a un bell’articolo di Gian Basilio Nieddu sul magazine Vai Elettrico (www.vaielettrico.it) e ve la vogliamo raccontare.

Boris Borella (fonte Facebook)

Cosa fa Boris? Trasporta gli ortaggi coltivati nei campi delle isole di Venezia a bordo di barche a vela tradizionali. Quando non c’è vento, ci si aiuta con i remi o con un motore elettrico. Un buon esempio di “fair trade” da seguire soprattutto nelle acque della Laguna, che soffrono inquinamento da traffico navale (anche l’atmosfera ne risente). Inoltre, Borella ha già portato a termine la sua personale impresa di navigazione. Ha risalito il corso dell’Adige con la sua barca, in un mese di tempo (il nome del progetto era Galeas per Montes Ri-conducendo).

GALEOTTO FU UN “TOPO”

Boris si occupa da tempo di cantieristica tradizionale, il suo primo progetto di recupero è stato quello di un vecchio “topo” (barca tipica veneziana) destinato alla demolizione.

Nel cercare un luogo per il restauro”, racconta a Vai Elettrico, “sono venuto a contatto con l’associazione Il Caicio che proprio in quel periodo iniziava un programma di cantiere finalizzato al restauro e alla costruzione di barche tradizionali a Forte Marghera. Il progetto si è sviluppato in circa cinque anni di attività basandosi unicamente sul volontariato. In questo lasso di tempo abbiamo portato avanti vari progetti legati alle barche tradizionali e ho avuto modo di sperimentare l’applicazione di motori elettrici fuoribordo a scafi tradizionali, in supporto ai remi e alla vela, quindi non come unica forza motrice”.

LA RISALITA DELL’ADIGE

Quando il cantiere ha chiuso, Borella ha proseguito in proprio, sviluppando progetti di viaggio utilizzando scafi tradizionali veneziani a vela o a remi, affiancando sempre una propulsione di tipo elettrico. Nel 2015 la succitata impresa, partendo da Venezia verso il Lago di Garda a bordo di una Sampierotta. Ovvero quella che per lunghi secoli la tipica barca da pesca della Laguna Sud. Prende infatti il suo nome dal paese di pescatori di San Piero in Volta sull’isola di Pellestrina. E una barca molto duttile può andare sia a motore che a remi che a vela. Grazie al fondo piatto (pesca solo 25 cm) può navigare anche in acque molto basse.

In questo caso, per risalire la corrente dell’Adige, Boris l’ha dotata di un fuoribordo elettrico da 500 watt, che aveva il principale compito di annullare la corrente contraria. Vela e remi hanno fatto il resto. L’approvvigionamento di energia elettrica è stato possibile grazie a 500 watt di pannelli solari, montati sopra il furgone di appoggio logistico, e l’alternanza di due batterie alla carica.

ALLA FINE FURONO GLI ORTAGGI

Poi, lo scorso anno, Edison ha finanziato il suo lavoro di documentazione sul trasporto degli ortaggi a miglia zero nella laguna di Venezia: Borella porta avanti collaborazioni con aziende agricole che puntano sulla sostenibilità e con associazioni (come “Una Vela Per” di Tiziano Rossetti). Ecco un buon esempio di come riportare in vita antiche tradizioni, con l’apporto dell’elettrico.

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Vitamina Sailing, prime regate della stagione a Miami

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Prime regate della stagione per il Vitamina Sailing, il team capitanato dall’armatore Andrea Lacorte che quest’anno, sempre con il supporto di PharmaNutra attraverso i suoi brand SiderAl e Cetilar, sarà impegnato nei circuiti del monotipo Melges 40 e del catamarano M32.
Ed è proprio nell’ambito dei veloci e spettacolari multiscafi, che la squadra ha fatto il suo esordio stagionale, nel week end appena concluso, impegnata a Miami, in Florida, nel primo appuntamento delle M32 Miami Winter Series.

Vitamina Veloce, portato come sempre da Andrea Lacorte e con a bordo i giovani australiani Torvar Mirsky e Cameron Seagreen, Campioni del Mondo Match Race in carica, oltre al team manager Matteo De Luca e a Giovanni Bucarelli, ha concluso questo primo evento statunitense al sesto posto, con una serie di risultati in crescendo e tanta soddisfazione per aver migliorato le prestazioni regata dopo regata, tra l’altro in condizioni piuttosto impegnative, con un vento che ha soffiato stabilmente tra i 18 e i 20 nodi d’intensità. Il successo è invece andato al team statunitense XS Energy di Ryan DeVos.

“Si, è stata una settimana decisamente ventosa”, conferma De Luca da Miami. “Ed essendoci presentati con una barca presa a charter, abbiamo dedicato parecchio tempo a sistemarla per adattarla al nostro modo di navigare, partendo dal presupposto che oltretutto qui in America sugli M32 si naviga in cinque, mentre noi siamo abituati a farlo in quattro. L’anno scorso”, prosegue De Luca, “non abbiamo mai incontrato vento così forte in Mediterraneo e visto che la barca è molto impegnativa, abbiamo pensato prima di tutto alla sicurezza, mentre attorno a noi assistevamo a scuffie, ingavonate, rischi di collisioni, alberi rotti e uomini a mare…”.

Per Vitamina Veloce, invece, brandizzato SiderAl, un week end senza alcun problema, pur avendo navigato conunque in modalità “spinta”, come è ovvio trattandosi pur sempre di una regata e non di un allenamento. “Abbiamo lavorato in piena sicurezza e abbiamo finito le regate senza incidenti, ma agonisticamente non abbiamo mai mollato e siamo contenti del risultato, nonostante un inizio difficile, perché siamo migliorati di regata in regata. Dopo aver vinto le Mediterranean Series l’anno scorso, siamo venuti qui a Miami per metterci in gioco e siamo felici di aver trovato un livello che a detta di tutti è nettamente più alto rispetto a quello europeo. Sono tutti molto veloci e manovrano perfettamente, una sfida davvero stimolante”.

Archiviato questo primo appuntamento statunitense, il Vitamina Sailing tornerà nuovamente in Florida fra un mese, per il secondo appuntamento delle Winter Series. Poi, dopo aver disputato nuovamente le Mediterranean Series, sarà la volta del Campionato del Mondo M32 a Chicago, a fine settembre.

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