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Un regolamento unico per la aree marine protette? Vittoria schiacciante del “Sì”

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maddalenaUno dei temi caldi della lotta alla burocrazia italiana, insieme a quello che riguarda il cambio di bandiera, è quello che vede protagonista in negativo le nostre aree marine protette. Anzi, per essere più precisi, quei regolamenti spesso astrusi, e diversi da regione a regione, che rendono sempre più difficile per i diportisti godere delle zone più belle d’Italia.

Un danno anche economico, perché come  già accade in altre nazioni (vedi la Francia), una corretta gestione degli ingressi nelle aree marine protette, degli ormeggi e dei campi boa, oltre che preservare il territorio consente anche di muovere l’economia e di autosostenere le aree stesse.

Vi abbiamo chiesto cosa pensate della necessità di creare un regolamento unico italiano per tutte le nostre diverse aree marine protette, scavalcando di fatto la “sovranità” delle singole regioni. Forse la vittoria del “SI” nel nostro sondaggio era preventivabile, ma non i numeri: l’84% dei votanti ha espresso parere favorevole.

Note: There is a poll embedded within this post, please visit the site to participate in this post’s poll.

Anche i commenti che ci avete inviato rispecchiano l’andamento delle votazioni. Giorgio ci scrive, per esempio: “Al solito, i più tirano l’acqua al proprio mulino, facendo finta di non capire che la tutela di beni così delicati va al di là del godimento personale degli stessi (cui peraltro NON si ha diritto, trattandosi appunto di aree protette ovvero aree demaniali non accessibili liberamente).
Ognuna di queste aree può avere caratteristiche particolari tali da richiedere approcci di gestione diversi. Ed ognuna di queste aree può trovarsi in una sua particolare situazione dal punto di vista amministrativo, tale da rendere possibili alcune cose e non altre.
Non va dimenticato che se esistono restrizioni non è certo perché la totalità dei diportisti è responsabile, rispettosa e beneducata.
Il fatto che alcune siano gestite in modo lacunoso o anche sbagliato non giustifica alcuna pretesa“.

E ancora, Umberto addirittura inizia a ragionare sulle modalità di accesso: “Le peculiarità ci sono e possono restare ma dei punti comuni ci vogliono esempio:
-visto che sono state istituite per far cassa, che i soldi raccolti siano reinvestiti sino all’ultimo euro solo su progetti di educazione e informazione e non sugli stipendi di chi ci lavora o da le multe.
-che chi la istituisce sia obbligato a marcarne i limiti con segnalamenti univoci e conformi alle normative marittime europee.
Che la navigazione a vela sia consentita.
ecc“.

Voi , cosa ne pensate?

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