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Osmosi e buchi, ecco cosa c’è da sapere

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Osmosi e buchi? Il check-up, sia dell’opera viva che di quella morta, solitamente viene eseguito dal cantiere di rimessaggio, ma allenare l’occhio all’individuazione di possibili fenomeni osmotici in atto e sapere quali punti controllare vi aiuterà a presentarvi presso il cantiere “informati sui fatti” e quindi evitare fregature. Ci sono inoltre molti lavoretti che potrete eseguire da soli, con grande sollievo per il portafoglio, come le riparazioni sullo strato superficiale di gelcoat. Abbiamo chiesto a due importanti cantieri (Mostes e Marina 77) di illustrarci le principali problematiche e soluzioni legate alle operazioni e controlli su una barca in fase di rimessaggio. Entrambi sono d’accordo sul fatto che il primo grande nemico della vetroresina sia l’umidità: sia il Lloyd’s Register che il Rina, quando si tratta di scafi in vetroresina, richiedono che il tasso di umidità relativa (UR) tenda allo zero. Soprattutto per quanto concerne imbarcazioni con una certa età, l’osmosi è un problema assai comune.

trattamento antiosmosi

FENOMENI OSMOTICI
Quando la barca è in secco potrete controllare visivamente se il gelcoat forma delle bolle o presenta comunque delle irregolarità: attenzione perché questo potrebbe indicare la presenza di processi osmotici. Condizione necessaria perché si avvii il processo di osmosi – che consiste nel passaggio di un solvente, nel nostro caso l’acqua, attraverso una membrana che separa due liquidi dalla diversa concentrazione salina – è che all’interno della stratificazione tra vetroresina e gelcoat siano rimaste intrappolate delle bolle d’aria. Un cantiere di rimessaggio è in grado di eseguire un accurato controllo con un igrometro professionale per misurare l’umidità nei vari punti dello scafo. In base alla composizione della soluzione rilevata all’interno delle deformazioni dello scafo, si può capire da quanto tempo sia in corso il fenomeno osmotico e a quale profondità sia arrivato. Quando si parla di osmosi, è importante conoscere se lo scafo abbia subito delle riparazioni o dei trattamenti osmotici (soprattutto se si tratta di una barca di seconda mano). Le combinazioni di materiali diversi (stucchi o resine epossidiche) utilizzati durante precedenti refitting sono individuabili esclusivamente tramite infrarossi: le zone sottoposte a riparazione presenteranno differenti caratteristiche termiche individuabili con la termografia: si tratta di un’operazione che viene eseguita da aziende specializzate.

trattamento antiosmosiTRATTAMENTO DELL’OSMOSI
Una volta appurato che lo scafo presenta fenomeni osmotici dovete ricorrere al più presto a un trattamento specializzato in cantiere: attenzione perché l’osmosi è un fenomeno “degenerativo” che non si ferma neanche con la barca in secco. L’osmosi è temuta da ogni diportista oltre che per il danno che genera, anche per la difficoltà nella individuazione del fenomeno. Le bolle di umidità infatti non sempre sono visibili a occhio nudo, ma possono diminuire il loro spessore appiattendosi, coprendo quindi una superficie maggiore. Le fasi del trattamento antiosmotico variano a seconda dello stato del fenomeno. Lo riassumiamo in tre casi: il meno grave prevede la presenza di bolle osmotiche sotto lo strato superficiale di gelcoat; nel secondo l’acqua ha intaccato anche gli strati di mat superficiale; nell’ultimo, il peggiore, i fenomeni osmotici sono arrivati a interessare i tessuti più profondi ed è necessaria una nuova laminazione. Un lavoro ben fatto e completo prevede la sabbiatura dello scafo messo a nudo dopo aver rimosso lo strato di vernice antivegetativa e il gelcoat; dopodiché, nel periodo di asciugatura (della durata di circa 3-4 mesi, a seconda delle condizioni climatiche) si eseguono dei cicli di lavaggio con l’idropulitrice. Si procede poi con la stesura di uno strato di resina epossidica, la stuccatura, levigatura e ulteriori mani di epossidica. Solo allora si potrà applicare il primer e l’antivegetativa. Se la barca è laminata con un sistema tradizionale (con le costole e i longitudinali in poliuretano e lo scafo in vetroresina) l’asciugatura avverrà prima, mentre per quanto riguarda le costruzioni a sandwich l’umidità è più persistente e c’è bisogno di una verifica igrometrica a intervalli regolari. Buchi nello scafo Se notate dei buchi nello scafo, attraverso i quali è visibile lo strato interno di vetroresina, è meglio farli riparare in cantiere, ovunque essi si trovino, a volte l’ingresso di acqua potrebbe facilitare osmosi e delaminazione. Se invece si tratta di semplici scalfiture potrete cavarvela da soli con una buona dote di bricoleur… Dovrete soltanto stare attenti alla tipologia di gelcoat che deciderete di utilizzare: escludendo quelli da stampaggio che sono privi di paraffina e difficili da gestire per la loro appiccicosità. Optate quindi per i gelcoat paraffinati, in grado di asciugarsi in maniera più omogenea e più adatti al successivo carteggiamento “di fino”. Funzionano mescolati con un catalizzatore (solitamente in percentuale al 2-3%) ed è importante seguire le istruzioni per la posa indicate sulla confezione. Attenzione al range di temperatura consigliato, dentro al quale risultano efficaci: a seconda del clima che caratterizza il posto in cui effettuerete il lavoro dovrete usare gelcoat dalle caratteristiche differenti.

 

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