C’è una barca, vecchia di 27 anni, che ha messo tutti in riga alla 50esima edizione del Trofeo del Nostromo di Luino, la regata di altura organizzata dall’Associazione Velica Alto Verbano. La protagonista assoluta del lago Maggiore è lei, si chiama Bandalarga ed è l’Ultimate 30 dell’armatore Piero Re Fraschini, portacolori di Topvela di Laveno (a bordo anche Tiziano Nava). Oltre ad aver vinto in generale, ha trionfato anche nelle categoria ORC B-C e anche in ORC Overall.
La vittoria è per noi un pretesto. Il pretesto di raccontare come rendere una “vecchietta” un missile: su Bandalarga ci hanno messo le mani fior fior di protagonisti.
“Mi ricordo di quel Melges 30 modificato, Paola (proprio quello che è arrivato secondo al Trofeo del Nostromo, dopo Bandalarga, ndr). Vinceva ogni regata sul lago Maggiore, stargli dietro era impossibile. Almeno per me e Tiziano (Nava, ndr), sul mio Brenta 38: un bellissimo daysailer non adatto a ‘correre’. Così ci siamo messi a cercare una barca sufficientemente veloce per poter giocarcela”. A parlare è Piero Re Fraschini (60 anni), titolare della Eligio Re Fraschini SPA, che produce pezzi in composito per superclienti (Ferrari, Groupama per la Coppa America tra gli altri).
UNA BARCA “LABORATORIO”
Dopo aver coinvolto uno dei più famosi progettisti italiani, Claudio Maletto, forte delle sue esperienze con Luna Rossa, e aver scartato l’ipotesi di acquistare un Asso 99, Re Fraschini e Nava trovano a Monfalcone la barca giusta: è Longobarda, vecchio Ultimate 30 di Bruce Farr costruito dal cantiere gardesano Dal Ferro: “Questa barca, progettata nel 1990, era stata adattata per correre la Barcolana”, spiega Re Fraschini, “aveva le draglie e un grande spoiler a poppa, per avere le proporzioni necessarie per partecipare all’evento triestino. Bene, tutto questo a noi non serviva e siamo partiti con un’opera di ‘pulizia totale’ della coperta”.
Solo la carena in carbonio, “di forme ideali per regatare con venti medio-leggeri” è rimasta quella originale (la pinna verrà presto sostituita da una nuova lama a pescaggio ridotto) e la barca, che ora si chiama BandaLarga (quasi l’anagramma di Longobarda), è diventata una sorta di “laboratorio” al Cantiere Lavazza di Brebbia dove ci hanno messo le mani, oltre a Nava e Maletto, gente come Giorgio Provinciali, Dado Castelli, Luciano Lievi e Marco Di Natale. Unico obiettivo: renderla un missile “e soprattutto divertirci”, precisa Piero.
Per incrementare la velocità, si è innanzitutto intervenuti sull’albero: “Abbiamo sostituito il vecchio profilo in alluminio, molto flessibile, con un albero realizzato in fibra di carbonio ad alto modulo”, spiega Claudio Maletto: “Lo abbiamo voluto leggero e rigido sulla scorta dell’esperienza maturata con i Classe Libera: in caso di vento forte, meglio terzarolare la randa (manovra che abbiamo facilitato inserendo una rotaia con carrelli per l’inferitura della randa al posto del classico gratile) piuttosto che utilizzare la flessione dell’albero per modificare la forma della vela”.
L’AUMENTO DEI CARICHI
Il nuovo albero (157 mm la dimensione longitudinale, incluso l’ingombro della rotaia per l’inferitura della randa, che si riducono a 104 in quella rastremata), è associato ad un piano velico a basso allungamento, che ha consentito un incremento della superficie velica senza aumentare la lunghezza totale dell’albero rispetto al precedente. Le vele sono realizzate in laminato misto di kevlar e carbonio, progettate da Dado Castelli e realizzate da Marco Pomi di Elvstrom. “Dato che queste barche ottengono la massima velocità esasperando il momento raddrizzante”, prosegue Maletto, “abbiamo dotato la barca, già larghissima per le sue ali rigide, di sei trapezi, di conseguenza i carichi sull’albero sono aumentati”.
Per facilitare le manovre all’equipaggio, si è optato per un winch a centro pozzetto dal quale lavorare su drizze e scotte. Sempre a causa dell’aumento dei carichi, tutti i punti nevralgici della barca (piede d’albero, landa dello strallo di prua) sono stati controllati a dovere e dove necessario, rinforzati. Un altro particolare che salta all’occhio è il cosiddetto TPS (acronimo di tack point of spinnaker, nel linguaggio IMS), ovvero la distanza tra l’albero e il punto di mura dell’asimettrico: misura ben 7,64 metri. “Questo grazie a un bompresso retrattile di 4 metri e 44”, spiega Maletto: una soluzione che permette di esasperare il piano velico alle portanti. Infine, sullo strallo di prua è stato applicato un cilindro idraulico per il tensionamento del sartiame visto che l’albero è armato con due ordini di crocette angolate di 30°.
CHE BOMBA!
Ma alla fine, chiediamo a Re Fraschini, tutto questo lavoro di ingegnerizzazione da Coppa America (a proposito, l’albero è stato progettato dalla società di ingegneria AMS di Francesco Pelizza e realizzato con il know how della Eligio Re Fraschini SPA) ha dato i suoi frutti? “Eccome! Di bolina raggiungiamo gli 8 nodi e mezzo e al lasco, con vento medio, abbiamo toccato i 16 nodi”.
I NUMERI DI BANDA LARGA
Lunghezza scafo m 9,14
Largh. al b. max m 5,10
Pesc. chiglia originale m 3,00 (m 2,2 quella nuova)
Dislocamento kg 948
Zavorra kg 200
Sup. velica mq 79,10
Randa mq 55,70
Genoa mq 23,40
Code 0 mq 46
Asimmetrico mq 137,70
P m 13,70
E m 5,40
ISP m 14,48
J m 3,20
TPS m 7,64
Materiale scafo Carbonio
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