La bufera iniziata nel 2011 è finalmente finita. Dal 13 febbraio con la definitiva approvazione del nuovo Codice della Nautica non bisogna più vergognarsi di issare la bandiera italiana. Finalmente si può essere orgogliosi di battere quella splendida bandiera tricolore con al centro lo stemma delle Repubbliche Marinare.
Di cosa sto parlando, a cosa mi riferisco? In un famigerato giorno del 2011 il Governo Monti dichiarò guerra a tutti coloro che vanno per mare, per passione e piacere. Varò una tassa sui possessori di barche, scatenò una caccia alle streghe con controlli a tappeto su tutti i possessori di barche, costruì un astruso meccanismo di accertamento di reddito in cui chi aveva una barca era automaticamente un “ricco”. Diffuse la falsa percezione che chi possedeva una barca fosse un evasore. In poche parole, distrusse il mondo della nautica da diporto: vendite a picco, 40.000 barche fuggite dall’Italia per “nascondersi dal fisco”, aziende fallite, perdita di due terzi dei posti di lavoro. Con il risultato finale per lo stato che le entrate derivanti dalla nautica da diporto si ridussero al lumicino e la famosa tassa generò briciole. Ci vollero un paio di anni e la caduta del governo Monti per capire che quella strada era un suicidio, la tassa venne abolita tardivamente, mentre il settore si leccava le ferite e gli armatori si vergognavano di battere bandiera italiana.
Dal 2015 il mercato lentamente si è ripreso, oggi l’Italia non è più l’ultima della classifica, anzi. Nuove idee, nuovi sistemi di produzione che puntano sulla qualità, dove gli italiani sono sempre stati maestri. Il sistema di accoglienza portuale è nettamente migliorato, i servizi adesso hanno i prezzi allineati al resto d’Europa. Si può soprattutto considerare finita, da parte dello Stato e dell’opinione pubblica, la caccia al presunto evasore solo per il fatto di avere una barca. Mancava ancora un tassello per far si che un armatore fosse orgoglioso di battere bandiera italiana: la riforma della legislazione e della burocrazia.
Il 13 febbraio con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del nuovo Codice della Nautica il più è fatto. Soprattutto, per la prima volta un politico, membro del governo ha detto qualcosa di sensato, sono parole del ministro dei trasporti e delle infrastrutture Graziano Del Rio:
“Il Nuovo Codice intende dare più competitività a un settore in crescita e molto amato dagli italiani. Semplificazioni e disciplina specifica, quindi, per promuovere e diffondere la cultura e l’economia del Mare. Più attenzione ai diportisti e ai professionisti, più sicurezza per i cittadini, protezione dell’ambiente marino, sviluppo di un turismo costiero sostenibile e della economia collegata”.
Credetemi, in quarant’anni di frequentazioni con i politici parole così non erano mai state espresse. Ve ne abbiamo già diffusamente parlato in questo giornale, ma è giusto ricordare in sintesi cosa cambia con le nuove norme in favore del diporto nautico. Innanzitutto viene istituito un registro informatico unificato delle imbarcazioni battenti bandiera italiana. Il riflesso pratico è che adesso l’accertamento sulla proprietà di un’imbarcazione è certo ed immediato. Prima i dati erano custoditi gelosamente nei registri di 104 capitanerie di porto. Le pratiche, grazie ad uno sportello unificato saranno semplici, come accade da sempre nel settore automobilistico. C’è una normativa unificata per i limiti di navigazione dalla costa e sui divieti di ancoraggio. Le pratiche sui controlli delle dotazioni di sicurezza e sulla revisione dello stato dell’imbarcazione sono più semplici e meno costosi. Insomma, adesso possiamo tornare ad essere orgogliosi di battere bandiera italiana. Era ora.
Luca Oriani
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